L’orgoglio della libertà

''Essere un popolo libero nella propria terra” non è solo una bella frase dell'inno nazionale israeliano.

Di Yoni Cohen

image_3161“Essere un popolo libero nella nostra terra” (Lihiot am hofshi be’artzenu). In quanto moderno sionista dichiarato, queste parole dell’inno nazionale israeliano mi fanno sentire orgoglioso e felice di essere un cittadino dello stato ebraico. Ho sentito questa frase innumerevoli volte da quando, tre anni fa, ho fatto l’aliyà (cioè mi sono stabilito in Israele), ed anche prima, durante la mia formazione assai sionista. Ma quando l’ho vista scritta a caratteri cubitali su un enorme striscione colorato, durante l’ultima parata Gay Pride a Tel Aviv, mi sono commosso fin quasi alle lacrime. Per me è importante il concetto tutt’intero di essere un uomo gay libero e nello stato ebraico in cui ho scelto di vivere. Vedere le bandiere gay arcobaleno sventolare insieme alle bandiere israeliane costituisce una forte espressione di ciò che mi piace definire “orgoglio nazionale”.
La parata Gay Pride che ha avuto luogo venerdì scorso a Tel Aviv era piena, come sempre, di tanta altra gente felice di essere libera, e orgogliosa di essere quello che è. Questo non significa necessariamente che fossero tutti gay, tutt’altro. La parata Pride celebra la libertà di espressione e vi partecipano ogni anno intere famiglie con bambini, amici etero, coppie etero ed anche fierissimi nonni e genitori.
La parata di quest’anno era la mia terza a Tel Aviv, ma la mia prima come residente a pieno titolo della città “che non dorme mai”. La gente spesso accusa quelli di Tel Aviv di vivere in una sorta di bolla scollegata dal resto del paese e dalla realtà. In un certo senso, dove convenirne: viviamo davvero in una specie di bolla, ma questa bolla è estremamente accomodante, e coloro che hanno la fortuna di entrarvi possono essere esattamente ciò che vogliono essere. Anche se amo il resto del paese e mi piace uscire da Tel Aviv per una boccata d’aria fresca, quando passeggio per le strade di questa città piene di giovani senza pregiudizi, sento di appartenervi. Adoro il fatto d’aver trascorso l’ultima Giornata dell’Indipendenza in un gay pub a ballare le tradizionali danze folk israeliane. Essere un ebreo fiero è lo stesso che essere una orgogliosa persona gay: le due cose non si escludono affatto.
Per la maggior parte della mia vita ho vissuto a Manchester, una città nel nord del Regno Unito rinomata per la sua vita gay e il suo stile rilassato. Eppure laggiù non mi sono mai sentito libero come qui a Tel Aviv. Penso che una coppia gay si senta molto più accettata se passeggia per strada tenendosi per mano a Tel Aviv che a Manchester. Come molte altre città gay-friendly, Manchester è famosa per la sua zona designata, nota come il “village”, che offre un rifugio sicuro ai gay della città. Tel Aviv non ha questo genere di quartiere: tanto, ogni parte di Tel Aviv si presenta gay-friendly. Che la comunità gay non sia ghettizzata rende l’atmosfera della città ancora più liberale. Percorrendo una qualunque strada del centro o del sud di Tel Aviv si hanno buone probabilità di vedere una bandiera gay arcobaleno sventolare orgogliosa da qualche appartamento. Alla vigilia degli eventi del Gay Pride di quest’anno molte delle principali strade di Tel Aviv sono state decorate dalla Municipalità con bandiere gay, alle quali si sono aggiunte tutte le bandiere esposte da negozianti e residenti trasformando la città in una coloratissima espressione di libertà e accoglienza. La città che fa per me.
I turisti gay iniziano a scoprire Tel Aviv, che sta rapidamente diventando una meta ambita in concorrenza con le altre classiche destinazioni gay come Berlino, San Francisco e Amsterdam. Ho incontrato parecchie persone gay che hanno deciso di dare un’occhiata a Tel Aviv per pura curiosità. A differenza di molti turisti che visitano Israele, questi non vengono per motivi religiosi, ma perché hanno sentito parlare dell’atteggiamento tollerante di Tel Aviv, delle sue feste sfrenate, della sua bella gente e desiderano prendervi parte. Questo è ciò che molti gay chiedono a una vacanza, e quando scoprono che possono avere tutto questo in un posto che, stando ai notiziari, sarebbe oppresso dalla religione e devastato dalla guerra, ne sono sempre piacevolmente sorpresi. Per me, questo è un ulteriore motivo di orgoglio.
Più di cinquemila turisti stranieri sono arrivati a Tel Aviv espressamente per il Gay Pride di quest’anno, e sono stato felice di vedere così tanta gente sventolare le proprie bandiere nazionali insieme alle bandiere israeliane e alla tradizionale bandiera gay arcobaleno: mi fa sperare che Israele possa diventare un centro accogliente riconosciuto in tutto il mondo. Sentire così tanti accenti diversi e incontrare persone provenienti da tutto il mondo che avevano scelto specificamente di venire nella città che amo, nel paese per il quale farei qualsiasi cosa, mi ha dato un senso di orgoglio simile a quello del giorno in cui ho fatto l’aliyà o al giorno del mio giuramento nell’esercito. Se vogliamo essere veramente accettati dal mondo dobbiamo continuare a mostrare al mondo la tolleranza e il rispetto di cui siamo capaci verso i nostri cittadini.
Abitanti di Tel Aviv e di kibbutz, ebrei e non ebrei, israeliani e turisti, gay ed etero: tutti hanno preso parte alla parata Pride di venerdì scorso. E io quest’anno mi sono sentito particolarmente orgoglioso di far parte delle migliaia di persone che hanno riempito le strade, rallegrandosi della nostra capacità di essere un popolo libero nella propria terra.

(Da: Jerusalem Post, 12.6.11)

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