Lotta all’antisemitismo: il ruolo di Israele e della comunità mondiale
Quando il più rozzo antisemitismo è tornato a crescere e si è mescolato all’antisionismo viscerale, rendendo i due fenomeni quasi indistinguibili, lo stato d’Israele è dovuto passare dall'indifferenza al coinvolgimento attivo
Di David M. Weinberg
Non sempre lo stato d’Israele ha considerato la lotta contro l’antisemitismo nel resto del mondo come una sua battaglia. Per i primi 25 anni dell’esistenza di Israele, il tacito atteggiamento a Gerusalemme era “se gli ebrei all’estero hanno un problema con gli antisemiti possono sempre migrare in Israele” e “l’antisemitismo è un problema degli ebrei della Diaspora e dei paesi dove vivono, non è un problema di Israele”.
Ma quando il più rozzo antisemitismo è tornato ad aumentare in tutto il mondo e si è trasformato in un virulento sentimento anti-israeliano – rendendo i due fenomeni quasi indistinguibili – lo stato di Israele è passato dall’indifferenza al coinvolgimento attivo nella lotta contro questa forma di odio.
La campagna di delegittimazione politica contro Israele lanciata a livello mondiale dai paesi arabi, dopo la loro terza sconfitta militare nella guerra di Yom Kippur, prevedeva una marea di propaganda che mescolava antisemitismo e antisionismo e che sfociò nella ignobile risoluzione Onu del 1975 “sionismo uguale razzismo”.
Dopo l’attentato esplosivo del 1980 alla sinagoga di Rue Copernic, a Parigi, e una serie di altri attentati terroristici contro ebrei (come quello alla sinagoga di Roma 9 ottobre 1982 ndr), l’allora primo ministro israeliano Menachem Begin decise che gli ufficiali dell’intelligence israeliana iniziassero a dare consulenza alle comunità ebraiche all’estero sulle misure di sicurezza da adottare. La risposta all’antisemitismo trovò così un posto concreto e fattivo nell’agenda nazionale di Israele.
Nel 1988, l’allora segretario di governo Elyakim Rubinstein istituì un “Forum interministeriale per il monitoraggio dell’antisemitismo” e lo allargò fino a includere rappresentanti ebrei della Diaspora ed esperti accademici. Il Forum compilava rapporti sull’antisemitismo in tutto il mondo e alla fine si è guadagnato un posto preciso nell’agenda del governo israeliano, al quale riferisce per esteso almeno una volta all’anno. Tuttavia, all’epoca diversi importanti leader ebrei americani avevano ancora l’idea che l’antisemitismo globale non fosse terreno di battaglia per lo stato d’Israele e che la lotta per l’educazione e la legislazione contro l’antisemitismo dovesse essere lasciata a loro. Si opponevano ai tentativi israeliani di condurre o coordinare le attività contro l’antisemitismo.
Lo spartiacque che cambiò questo stato di cose – mettendo in chiaro come l’antisemitismo fosse diventato una minaccia strategica per Israele e per gli ebrei di tutto il mondo e richiedesse un coordinamento globale – fu la “Conferenza mondiale contro il razzismo” del 2001 (organizzata sotto gli auspici dell’Onu), nota come Durban Uno. Quella conferenza si trasformò in una delle più grandi kermesse mai viste di odio organizzato anti-ebraico e anti-israeliano, con entrambe le ossessioni mescolate fra loro in un’unica funesta miscela.
Poco dopo, nel 2003, l’allora vice primo ministro e ministro per gli affari di Gerusalemme e della Diaspora, Natan Sharansky, diede vita al “Forum globale contro l’antisemitismo”, che riuniva leader e intellettuali ebrei della Diaspora e tutte le pertinenti agenzie israeliane. La leadership intellettuale di Sharansky ha portato metodo e impegno nelle attività della comunità ebraica globale contro l’antisemitismo. Il suo Forum globale ha attirato l’attenzione sulla produzione in massa di propaganda violentemente antisemita e genocida nei mondi arabo e islamico, con Egitto e Iran come centri della propagazione delle tossine. Il Forum fu anche fra i primi a mettere in evidenza i pericoli del cyber-odio.
Cosa ancora più importante, Sharansky fu cruciale e innovativo nello sforzo fondamentale di smascherare l’antisemitismo che si traveste da “mera opposizione” a Israele e al sionismo. Dimostrò come l’antisionismo (a differenza delle genuine critiche a questa o quella politica dei governi israeliani) impieghi spesso e volentieri contro Israele le stesse tattiche di demonizzazione, discriminazione e doppia morale che gli antisemiti storicamente (e ancora oggi) usano contro gli ebrei. E con lo stesso obiettivo: privare gli ebrei e/o Israele di diritti e poteri. Sharansky introdusse il suo ormai famoso standard di riferimento – il “test delle 3 D” – per distinguere le legittime critiche a Israele dal pregiudizio ostile antisemita, vagliando le critiche a Israele alla luce di tre parametri: la Demonizzazione, la Doppia morale, la Delegittimazione. Il ricorso a queste tattiche, spiegava Sharansky, segna il decadimento delle legittime opinioni su Israele verso la zona oscura delle intenzioni ed espressioni antisemite.
Nel 2016, l’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA) ha adottato una definizione operativa di antisemitismo basata sul lavoro di Sharansky. La definizione IHRA riconosce esplicitamente che l’antisionismo – la delegittimazione e demonizzazione dello stato nazionale del popolo ebraico – costituisce un’espressione inequivocabile di antisemitismo.
Quasi tutti i leader israeliani oggi ritengono che lo stato ebraico debba svolgere un ruolo nel denunciare e cercare di combattere sia il “vecchio” antisemitismo classico, sia la “nuova” miscela tossica fatta di antisemitismo e antisionismo. La convocazione, questa settimana, del Quinto Forum Mondiale sull’Olocausto da parte del presidente israeliano Reuven Rivlin fa parte di questo sforzo. Israele si aspetta che i leader mondiali siano convenuti a Gerusalemme non solo per commemorare le vittime della Shoà. Israele si aspetta che i leader mondiali si impegnino a combattere concretamente le espressioni e le azioni antisemite nei rispettivi paesi, in accordo con la definizione IHRA dell’antisemitismo e in modo tale da tutelare il posto di Israele nel mondo, in un’epoca in cui è sotto attacco la legittimità stessa dell’esistenza di uno stato ebraico.
(Da: Israel HaYom, 23.1.20)