Luce verde al governo di coalizione Netanyahu-Gantz

La Corte Suprema ha respinto le petizioni, la Knesset ha proposto a maggioranza il premier uscente e il presidente Rivlin ha conferito l’incarico al leader del Likud scongiurando una quarta tornata elettorale

Da sinistra a destra: il giudice Hanan Melcer, la presidente Esther Hayut e il giudice Neal Hendel, durante la seduta della Corte Suprema

La Corte Suprema israeliana ha respinto all’unanimità, mercoledì sera, una serie di petizioni volte a impedire l’incarico a Benjamin Netanyahu di formare il nuovo governo, a causa delle incriminazione a suo carico, e a bloccare l’accordo di coalizione firmato lo scorso 20 aprile da Netanyahu e dal leader del partito Blu-Bianco Benny Gantz.

La sentenza ha aperto la strada ai due leader per portare avanti il loro accordo sulla condivisione del potere in base al quale Netanyahu servirà come primo ministro per i primi 18 mesi per poi passare la mano a Gantz (va tuttavia segnalato che, secondo alcune fonti, i due stanno prendendo in considerazione l’idea di estendere la durata del governo a quattro anni, cioè alla durata dell’intera legislatura, alternandosi nuovamente per 6 mesi ciascuno).

La Knesset ha approvato giovedì mattina l’accordo di coalizione e nel pomeriggio sono state presentate al presidente Reuven Rivlin le firme di 72 parlamentari a sostegno del conferimento a Netanyahu dell’incarico di formare un “governo di unità nazionale d’emergenza”. Hanno firmato 36 parlamentari del Likud, 16 di Blu-Bianco, due di Derech Eretz, due laburisti, nove dello Shas e sette di Ebraismo Unito della Torah. Non hanno firmato i parlamentari del partito nazionalista religioso Yamina di Naftali Bennett, che non è ancora chiaro se aderirà al nuovo governo.

La decisione della Corte Suprema più il voto e le firme della Knesset pongono sostanzialmente fine a 16 mesi di stallo politico, durante il quale Israele è rimasto senza un governo nel pieno delle sue funzioni, e scongiurano il rischio di trascinare il paese in una quarta elezione consecutiva in poco più di un anno.

Benny Gantz, attuale presidente della Knesset, durante le votazioni di giovedì

Giovedì sera il presidente Reuven Rivlin ha ufficialmente incaricato Benjamin Netanyahu di formare il nuovo governo. Netanyahu ha 14 giorni per farlo, altrimenti la Knesset verrà automaticamente sciolta. I partiti Likud e Blu-Bianco hanno comunque annunciato che puntano a formare il nuovo governo entro mercoledì 13 maggio.

La sentenza della Corte Suprema. Con la decisione diffusa dopo le 23.00 locali di mercoledì, la Corte Suprema in sessione plenaria di 11 giudici ha stabilito che non vi è alcun impedimento legale a che Netanyahu riceva l’incarico di formare il governo e mantenga il ruolo di primo ministro nonostante l’incriminazione a suo carico in tre presunti casi di corruzione e abuso d’ufficio. Netanyahu si dichiara innocente su tutti i capi d’imputazione. L’inizio del processo è previsto per il 24 maggio. I giudici hanno tuttavia notato che alcune modifiche di legge presentate alla Knesset come parte dell’accordo potrebbero ancora essere contestate, una volta approvate, e che alcune parti dell’accordo suscitano ” significative difficoltà”.

Nel corso di due intensi giorni di audizione (trasmessi in diretta streaming), la Corte ha ascoltato gli argomenti degli otto firmatari che miravano a dimostrare l’illegalità del previsto incarico a Netanyahu e di parti sostanziali del complesso accordo di coalizione. La questione ruotava attorno all’interrogativo se un parlamentare incriminato (ma in attesa di processo e sentenza) possa essere incaricato di formare il governo, e se vari provvedimenti di legge da approvare per incardinare nella legislazione l’accordo di rotazione possano essere considerasti ostacoli ai poteri della Knesset.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu durante le votazioni giovedì alla Knesset

La presidente della Corte Suprema, giudice Esther Hayut, ha scritto nella sentenza che Netanyahu, come ogni cittadino, gode della presunzione di innocenza fino a prova contraria e che la legge non impedisce a un imputato (in attesa di processo) di formare il governo. “Non abbiamo trovato alcun motivo legale per impedire al parlamentare Netanyahu di formare un governo – ha scritto Hayut – Questa conclusione giuridica non diminuisce la gravità delle accuse pendenti a carico del parlamentare Netanyahu, né le difficoltà che derivano dal fatto che un primo ministro in carica sia incriminato per reati di integrità morale”. Mentre la legge israeliana impedisce ai ministri di prestare servizio mentre sono sotto accusa, non esiste un analogo divieto per la carica di primo ministro. La differenza è dovuta al fatto che le dimissioni di un primo ministro comportano la caduta del governo e quasi inevitabilmente lo scioglimento del parlamento. I firmatari della petizione sostenevano invece che la lacuna nella legge fosse dovuta al fatto che i suoi estensori non avevano nemmeno immaginato il caso che un primo ministro incriminato cercasse di ottenere il reincarico. L’argomento è apparso debole agli occhi della Corte tanto che a un certo punto, durante l’udienza di domenica pomeriggio, la presidente Hayut è sbottata coi firmatari della petizione: “Mostrateci qualcosa! Una legge! Un verdetto! Dalla storia di questo paese o da un’altra parte del mondo! Dopotutto ci state chiedendo di stabilire un precedente globale! Volete che emettiamo una sentenza senza basi giuridiche, semplicemente sulla base della vostra opinione personale?”.

I giudici hanno anche messo in chiaro che la Knesset è l’organo che nomina il primo ministro e che la Corte è vincolata a rispettare pienamente la decisione di natura intrinsecamente politica del parlamento, dal momento che essa è conforme allo spirito e alla lettera della legge. Hayut ha fatto esplicito riferimento al potere della Knesset di scegliere il primo ministro come “il cuore dei poteri politici fondamentali del ramo legislativo”.

La lettera sottoscritta da 72 parlamentari che chiede al presidente Rivlin di conferire a Netanyahu l’incarico di formare il nuovo governo (clicca per ingrandire)

Per quanto riguarda l’accordo di coalizione, Hayut lo definisce “molto insolito” e aggiunge che alcuni suoi elementi “sollevano serie difficoltà”. Tuttavia, la Corte ha stabilito che non vi era motivo di intervenire “in questo momento”: una frase che sembra lasciare la porta aperta a future contestazioni delle leggi che stanno alla base dell’accordo, una volta approvate. Hayut aggiunge che la Corte non è intervenuta anche grazie alle risposte ricevute martedì da Likud e Blu-Bianco, che si sono impegnati a modificare alcuni elementi dell’accordo per venire incontro alle critiche sollevate dalla Corte.

Tutti gli altri 10 giudici della Corte hanno sottoscritto la sentenza stesa da Hayut.

L’accordo di coalizione. In base all’accordo triennale di coalizione, Netanyahu sarà primo ministro per 18 mesi, con Gantz come “primo ministro vicario”: una nuova carica appositamente introdotta nel sistema istituzionale israeliano. A metà periodo, i due si scambieranno i ruoli, mentre le altre posizioni del governo saranno divise tra Likud, Blu-Bianco e i loro rispettivi alleati.

L’accordo si ripromette di garantire finalmente a Israele un prezioso periodo di stabilità politica nel momento in cui deve affrontare i pesanti danni economici causati dalla pandemia da coronavirus. Netanyahu e Gantz si sono confrontati in tre elezioni anticipate consecutive nell’arco di dodici mesi (in aprile e settembre 2019 e poi ancora nel marzo 2020) senza sbloccare lo stallo fra le due principali formazioni del paese. Alla fine di marzo, nel pieno dell’emergenza covid-19 e di fronte alla concreta prospettiva che il paese fosse trascinato in una quarta tornata elettorale (costosa e verosimilmente non risolutiva), Gantz si è dichiarato pronto a entrare in una coalizione con lo storico avversario Netanyahu “pur di combattere la pandemia e salvaguardare le istituzioni della democrazia israeliana”.

In base all’accordo di coalizione, il governo verrà definito come un organo di “emergenza” per i suoi primi sei mesi, incaricato esclusivamente di combattere il coronavirus. A seguito dei dubbi sollevati dalla Corte sulla legalità di tale clausola, le parti hanno detto che l’avrebbero modificata impegnandosi a considerare “prioritaria”, ma non esclusiva, l’attività legislativa anti-coronavirus.

(Da: Times of Israel, YnetNews, Jerusalem Post, 7.5.20)