L’ultima vittima dell’ottuso maccartismo BDS: un rapper palestinese

Il movimento per il boicottaggio è contro Israele, contro la pace e contro gli stessi palestinesi

Di Sheren Falah Saab

Sheren Falah Saab, autrice di questo articolo

Il movimento BDS per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni non risparmia nessuno. La cultura del boicottaggio che ha instaurato negli ultimi anni non si limita solo a Israele, ma colpisce anche artisti e musicisti del mondo arabo e palestinese che tentano di uscire dal gregge. La sentenza è decisa in anticipo contro qualsiasi artista che osi collaborare con Israele o esibirsi in Cisgiordania. Il risultato è lo stesso: un boicottaggio generale con gravi danni personali e alla carriera.

L’ultima vittima di questa politica implacabile è il rapper palestinese-giordano Msallam Hdaib, alias Emsallam. Hdaib è già stato attaccato e ostracizzato in passato dagli attivisti BDS e sembra che abbia imparato la lezione: nonostante le aspettative dei suoi fan palestinesi su entrambi i lati della Linea Verde (ex linea armistiziale pre-‘67 ndr), nel prossimo futuro Emsallam non si esibirà né in Israele né in alcuna località della Cisgiordania. “La persecuzione BDS lo ha ferito personalmente e qualsiasi ulteriore esibizione all’interno dei confini di Israele gli costerebbe la carriera, distruggendo tutto ciò che ha conseguito finora – spiega W., una fonte nell’industria musicale giordana, in risposta alla nostra richiesta di intervistare Emsallam in vista del suo imminente tour, il primo nei paesi arabi – Anche se volesse, non accadrà dal momento che metterebbe davvero fine alla sua carriera”.

Il rapper giordano-palestinese Msallam Hdaib, alias Emsallam

Tutto è iniziato nel 2018 quando Emsallam, andando controcorrente, si esibì a Haifa, in Cisgiordania e sulle alture del Golan. Le sue esibizioni in Israele scatenarono la furia degli attivisti BDS che sulla pagina Facebook ufficiale del movimento affermarono che quella mossa si meritava un boicottaggio totale da parte dei palestinesi e del mondo arabo, poiché osava “normalizzare” le relazioni con Israele.

“Gli show di Msallam Hdaib devono essere boicottati, senza che nessuno si presenti – scrissero, rivelando il genere di pressione che esercitano sui musicisti palestinesi nel mondo arabo per impedire loro di avallare qualunque accenno di normalizzazione con Israele – Dopo i tentativi di dissuaderlo dall’esibirsi nei territori occupati nel 1948 [=Israele], Msallam non ha annullato le sue performance e non ha espresso il suo impegno a rispettare le direttive di boicottaggio”. Dopo quell’incidente, Emsallam ha continuato a subire persecuzioni da parte degli attivisti BDS. Ora il suo tour prevede tappe al Cairo, a Beirut e ad Amman, ma non a Haifa (città israeliana con il 10% di popolazione araba ndr), che non figura più nel programma.

Emsallam non è il primo musicista arabo ad essere preso di mira dai BDS. Il cantante-compositore Aziz Maraka, che nel 2019 si esibì a Kafr Yasif (cittadina araba nel nord di Israele ndr) e venne poi intervistato da Ha’aretz (quotidiano israeliano notoriamente simpatetico verso la causa palestinese ndr), è da allora oggetto di un pesante boicottaggio nel mondo arabo. Non si esibisce quasi più e la sua attività musicale è gravemente compromessa. Nei video che ha pubblicato a seguito di questi fatti, Maraka ha sostenuto che il giornalista di Ha’aretz lo aveva citato erroneamente mettendolo nel mirino dei boicottatori. In realtà, il principale motivo per cui è stato ostracizzato è il fatto stesso che abbia osato parlare con un giornale israeliano, indipendentemente da quello che ha detto.

Emsallam a Haifa nel 2018

A differenza di Maraka, in passato Emsallam (che è nato 30 anni fa ad Amman, ma da alcuni anni vive a Mosca dove ha completato gli studi in Arti Applicate) ha affrontato i BDS pubblicando anche critiche sul modo in cui gli attivisti BDS si relazionano con i musicisti palestinesi che si recano in Israele o in Cisgiordania senza fare alcuna distinzione su dove e come si esibiscono. “Il mio obiettivo – ha scritto Emsallam – è rompere l’unanimismo politico a sostegno di un boicottaggio culturale che isola i palestinesi in Cisgiordania e nelle aree conquistate nel 1948 [=Israele]”.

(…) Emsallam è riuscito a violare il muro BDS una volta, ma non tornerà più a Haifa né a Ramallah, anche se gli piacerebbe. La sua vicenda solleva la questione se il boicottaggio dei BDS contro artisti e musicisti nel mondo arabo non faccia più male che bene, innanzitutto agli stessi palestinesi su entrambi i versanti della Linea Verde. Molti, che pure approvano la lotta con mezzi non violenti per porre fine all’occupazione, si chiedono cosa succede quando il boicottaggio di fatto opprime le comunità e minoranze più deboli. L’interrogativo si è riproposto con forza nelle scorse settimane sullo sfondo del clamore suscitato nei mass-media arabi e internazionali quando il movimento BDS ha promosso una petizione firmata da 250 intellettuali arabi a favore del boicottaggio di una mostra intitolata “Ebrei d’Oriente”, allestita in Francia dall’Institut du Monde Arabe. La feroce opposizione dei BDS alla mostra ha suscitato un dibattito tra alcuni intellettuali arabi, tra cui il romanziere libanese Elias Khoury. In un articolo pubblicato alcune settimane fa sul quotidiano al-Quds al-Arabi, Khoury ha affermato che “la missione di far rivivere la cultura arabo-ebraica è la missione degli intellettuali arabi”, aggiungendo che la mentalità del boicottaggio ignora altre tragedie avvenute nel 1948, comprese quelle degli ebrei nei paesi arabi che furono espulsi dai loro paesi. “Bisogna sottolineare che la tragedia degli ebrei arabi fu il rovescio della medaglia della Nakba palestinese – ha scritto Khoury – Quando i palestinesi furono espulsi dalla loro terra nel 1948, anche gli ebrei arabi furono espulsi dai paesi arabi senza altra scelta possibile”. I due casi, quello di Emsallam e quello della mostra “Ebrei d’Oriente”, e l’articolo di Khoury evidenziano l’ottusità del boicottaggio promosso dal movimento BDS, mettendone in discussione la natura manichea e unilaterale.

(Da: Ha’aretz, israele.net, 19.1.22)