L’ultimo boomerang dell’amministrazione Obama

La risoluzione del Consiglio di Sicurezza rafforza i nemici di Israele, del negoziato e del compromesso per la pace

Editoriale del Jerusalem Post e altri

La rappresentante Usa al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, Samantha Power, si astiene alla votazione di venerdì scorso sulla risoluzione 2334, permettendone l’approvazione

Nel difendere la decisione degli Stati Uniti di astenersi sul voto del Consiglio di Sicurezza che condanna Israele per gli insediamenti, l’ambasciatrice americana all’Onu Samantha Power ha detto che il voto è in linea con la tradizionale posizione politica degli Usa. Tecnicamente, è vero. Ma perché ora? E perché al Consiglio di Sicurezza? Dopo aver sperimentato per otto anni l’intransigenza palestinese (che ha sistematicamente rifiutato ogni realistica soluzione di compromesso e si rifiuta  di sedere al tavolo dei negoziati), il presidente americano uscente e i suoi consiglieri dovrebbero essere ben consapevoli che la risoluzione 2334 di venerdì scorso non farà che rafforzare il rifiuto dei palestinesi a negoziare. E’ esattamente lo stesso errore che fece Barack Obama all’inizio della sua carriera presidenziale, quando chiese a Israele di attuare il blocco totale di tutte le attività edilizie al di là della ex-linea armistiziale del ’49-’67, comprese Gerusalemme e alture del Golan. Una richiesta che servì solo a indurire la posizione palestinese: la dirigenza palestinese, infatti, come poteva pretendere qualcosa di meno del blocco totale delle attività edilizie israeliane negli insediamenti come precondizione per negoziare, dopo che lo aveva chiesto lo stesso Obama?

Anche la risoluzione di venerdì scorso, lungi dall’incoraggiare i palestinesi a negoziare con Israele, non farà che rafforzare in loro la convinzione che i colloqui diretti con Israele sono inutili e che la cosa migliore da fare, dal loro punto di vista, è internazionalizzare il conflitto portando il mondo a fare pressione su Israele. (Come ha scritto Fred Guttman su Times of Israel, la risoluzione premia i capi palestinesi per non essersi impegnati in negoziati diretti.)

Obama ha deciso di prendere questa posizione proprio alle Nazioni Unite, un ente noto per la sua ossessiva fissazione contro Israele (recentemente ammessa dallo stesso Segretario Generale). Il presidente degli Stati Uniti avrebbe potuto fare un importante discorso politico su Israele dal prato della Casa Bianca, oppure davanti al Congresso. Invece ha scelto l’Onu. Nel solo 2016 l’Assemblea Generale dell’Onu ha adottato 18 risoluzioni contro Israele, e il Consiglio di Sicurezza ha adottato 12 delibere specificamente dedicate a Israele: “più di quelle centrate su Siria, Corea del Nord, Iran e Sud Sudan messe insieme”, come ha osservato la stessa Power nel discorso in cui tentava di spiegare l’inspiegabile l’astensione degli Stati Uniti.

Non basta. La risoluzione 2334 è ancora più assurda in quanto non fa alcuna distinzione tra luoghi di Gerusalemme come la Città Vecchia, il Kotel (Muro del pianto), i quartieri ebraici della città come Ramat Eshkol (ovviamente destinati a restare israeliani in qualunque accordo futuro), e gli insediamenti isolati con poche decine di residenti creati nel cuore di Giudea e Samaria (Cisgiordania). Una distinzione indispensabile per qualunque concreto negoziato, che anche per questo risulterà danneggiato dalla risoluzione.

Messaggio ricevuto. Fatah, il movimento che fa capo ad Abu Mazen, ha postato su Facebook l’immagine di un coltello con la forma e i colori della “Palestina” che pugnala gli “insediamenti”. Il testo ringrazia i paesi che hanno votato a favore della risoluzione del Consiglio di Sicurezza (Russia, Angola, Ucraina, Giappone, Spagna, Egitto, Malaysia, Venezuela, Nuova Zelanda, Senegal, Uruguay, Francia, Cina e Gran Bretagna). Naturalmente la mappa della “Palestina” comprende tutto Israele, considerato dai palestinesi un unico insediamento da cancellare dalla carta geografica

Ancora più deleterie, per il negoziato, saranno le conseguenze della risoluzione 2334. Essa infatti darà nuova linfa al movimento BDS (boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele): in particolare, la clausola 5 della risoluzione che invita le nazioni del mondo “a distinguere tra i territori dello stato di Israele e i territori occupati nel 1967”. Solo un passo separa la delegittimazione di quartieri, città e istituzioni ebraiche al di là della ex-linea armistiziale del ’67, dalla delegittimazione di tutto Israele in quanto tale.

Persino gli attentati terroristici contro ebrei residenti dei “territori” potranno in qualche modo appellarsi ai principi giuridici e morali espressi in questa risoluzione delle Nazioni Unite, dal momento che ogni ebreo – anche un bambino – che vive in quelle aree potrà essere descritto, stando al Consiglio di Sicurezza, come un fuorilegge e un “ostacolo alla pace”.

Non si può che deplorare questa decisione presa da Obama al crepuscolo del suo mandato: essa danneggia gravemente le possibilità di riavviare negoziati diretti fra le parti, rafforza le campagne BDS che sono contro il negoziato e la pace, e insolentisce Israele (altra mossa non esattamente favorevole al dialogo e al compromesso). Nonostante tutto l’aiuto che la sua amministrazione ha garantito al rafforzamento della difesa israeliana, questo è il lascito con cui Obama verrà ricordato in Israele.

(Da: Jerusalem Post, 26.12.16)

Gil Hoffman

Scrive Gil Hoffman, sul Jerusalem Post: «Forse non essendo stato informato che l’opinione pubblica moderata israeliana sostiene i blocchi di insediamenti a ridosso della ex linea armistiziale, e che persino gran parte della sinistra israeliana appoggia le costruzioni nei quartieri ebraici di Gerusalemme, Barack Obama si è scagliato indistintamente contro tutte le attività edilizie israeliane al di là della “linea verde” dall’inizio della sua presidenza fino alla fine, culminando con la risoluzione di venerdì scorso al Consiglio di Sicurezza. Durante questi otto anni ci sono stati in tutto solo nove mesi di negoziati diretti tra Israele e palestinesi, e non è un caso se quei negoziati si sono tenuti proprio nei nove mesi in cui l’amministrazione Obama ha evitato di pronunciarsi contro le costruzioni israeliane nei blocchi di insediamenti e nei quartieri ebraici di Gerusalemme. E non è un caso se quei colloqui non sono andati al di là di nove mesi, perché Obama interferì nel processo diplomatico riportando tutta l’attenzione sugli insediamenti. Il giorno seguente, il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) convocò una conferenza stampa a Ramallah in cui dichiarò che la condizione per andare avanti con i negoziati era il congelamento totale degli insediamenti. Dopo otto anni di presidenza Obama, il campo dei favorevoli al negoziato e alla pace è a pezzi. Grazie alle sue politiche e dichiarazioni ad effetto boomerang, l’amministrazione Obama ha ottenuto il risultato esattamente opposto a quello dichiarato di perseguire una pace negoziata da israeliani e palestinesi.» (Da: Jerusalem Post, 25.12.16)

Dennis Ross

«Se c’è una parte della risoluzione che può essere potenzialmente molto problematica per il futuro – ha spiegato l’ex diplomatico Usa Dennis Ross (citato da Times of Israel) – è il suo riferimento agli insediamenti come “illegali”. Questo può creare grossi problemi alla possibile formula per risolvere prima o poi la questione dei confini. Come è noto, infatti, un modo per assorbire un numero significativo di coloni israeliani sarebbe quello di permettere a Israele di trattenere i blocchi di insediamenti che sorgono su una piccola parte della Cisgiordania; in cambio gli israeliani cederebbero territorio ai palestinesi a titolo di risarcimento. Ma questo non sarà reso molto più difficile dal momento che tutti gli insediamenti vengono dichiarati “illegali”? Rendere il concetto di scambi territoriali molto più difficile da attuare (e dunque rendere molto più difficile una soluzione di pace negoziata) non è probabilmente l’eredità che il presidente Obama desiderava lasciare, e tuttavia potrebbe essere proprio quella che ha appena reso più probabile.»

Boaz Bismuth

Scrive Boaz Bismuth, su Israel HaYom: «Il mondo è a posto, ora può festeggiare il Natale e il Capodanno con la coscienza pulita. Perché, mentre il vecchio ordine mondiale crolla – Aleppo è solo il sintomo dell’epoca in cui Barack Obama ha preso il Nobel per la pace – gli “anziani” del villaggio globale hanno deciso che la colpa del conflitto israelo-palestinese è degli ebrei che vivono al di là della ex linea armistiziale ’49-’67. Come avevamo fatto a non capirlo? Per la verità, il conflitto israelo-palestinese esisteva già decenni prima che nascesse il primo insediamento, ma da quando contano i fatti? Tanto il mondo sa come trarre vantaggio dall’amicizia con Israele, quando gli occorre, in una serie di campi: dalla tecnologia, all’high-tech, alla medicina, all’agricoltura, alla guerra al terrorismo. Ma quando si tratta dei forum internazionali, c’è l’intoppo di quella grande macchina, ipocrita e corrotta, nota come Onu, che adotta risoluzioni che non fanno che rafforzare il pregiudizio antiebraico nel mondo e favorire il movimento per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni contro Israele. Improvvisamente paesi come il Senegal, la Malesia, la Nuova Zelanda e – udite – il Venezuela sanno meglio dell’Egitto cosa è più opportuno e urgente in questo momento per il turbolento Medio Oriente, e sono pronti a proporre una risoluzione contro Israele. Perché deludere i palestinesi? Perché deludere il mondo? Perché deludere Obama? Quest’ultimo decennio non ha forse dimostrato che il conflitto israelo-palestinese è la fonte di tutti i problemi del mondo? Qualcuno ricorda che solo pochi mesi fa l’Unesco, l’agenzia “culturale” dell’Onu, ha deciso con un voto che gli ebrei non hanno alcun legame con Gerusalemme? Come meravigliarsi, dunque, se suo fratello maggiore, il Consiglio di Sicurezza, ha votato venerdì scorso che il quartiere ebraico della Città Vecchia di Gerusalemme non è Israele? Certo, Washington e Parigi ci diranno che hanno chiesto che la versione finale della risoluzione includesse una condanna degli atti violenti contro i civili. Ma è solo fuffa. Quello che spicca è l’accusa, e l’accusa indica le costruzioni negli insediamenti come il motivo per cui il conflitto continua. Il rifiuto dei palestinesi di riconoscere lo stato ebraico, il terrorismo, l’istigazione all’odio contro Israele nelle moschee, nelle scuole e dappertutto, l’incapacità dei palestinesi di governare il loro territorio, il violento conflitto tra i palestinesi di Fatah in Cisgiordania e quelli di Hamas nella striscia di Gaza, le alleanze di Hamas con i più violenti estremisti del Medio Oriente: tutto questo non è altro che un dettaglio secondario. Hamas? Terrorismo? Il rifiuto di riconoscere persino il centro di Tel Aviv come legittimo territorio israeliano? Nulla di tutto questo è un ostacolo alla pace. Lo sono gli ebrei che vivono a Gerusalemme nei quartieri di Gilo, Itamar, Neveh Yaakov, Pisgat Zeev e French Hill. Ecco di chi è la colpa. Ora il mondo può dormire sonni tranquilli. Gli suggeriamo solo di tenere d’occhio i camion sospetti che corrono nel mezzo delle sue città: un voto come quello di venerdì, statene certi, non riporterà affatto la calma e la sicurezza. Al contrario, darà un forte incentivo a tutti coloro che esercitano il terrorismo come fonte di potere e di ricatto.» (Da: Israel HaYom, 25.12.16)