L’Unesco ci riprova: al voto due risoluzioni che negano i legami ebraici col Monte del Tempio di Gerusalemme

Continua alle Nazioni Unite l’offensiva araba e palestinese volta a delegittimare Israele

1893: ebrei in preghiera nella sinagoga Ben Zakai, a Gerusalemme

1893: ebrei in preghiera nella sinagoga Ben Zakai, a Gerusalemme

L’Unesco si appresta a votare questo mese due risoluzioni presentate dai palestinesi che ignorano qualunque legame degli ebrei con il loro principale luogo santo sul Monte del Tempio di Gerusalemme e con l’area del Muro Occidentale (il cosiddetto “Muro del pianto”).

La prima votazione è in programma per giovedì o venerdì di questa settimana, a Parigi, da parte dei 58 membri del Comitato Esecutivo dell’agenzia Onu per l’educazione, la scienza e la cultura. In vista del voto, la missione israeliana presso la sede parigina dell’Unesco ha distribuito ai membri del consiglio e ad altri diplomatici internazionali un opuscolo che illustra in modo dettagliato i profondi legami storici che legano l’ebraismo alla Terra d’Israele e ai siti in questione, considerati santi anche da cristianesimo e islam. “Sono dati di fatto e testimonianze che non lasciano ombra di dubbio – ha spiegato l’ambasciatore israeliano all’Unesco Carmel Shama-Hacohen – Senza mettere minimamente in discussione i legami di altre religioni con i luoghi santi di Gerusalemme, attestano tuttavia la più lunga e profonda presenza ebraica a Gerusalemme fin dai tempi antichi. Ogni tentativo di distorcere i fatti e negare il rapporto fra popolo ebraico e Gerusalemme costituisce un tentativo di riscrivere la storia in modo arbitrario, fazioso e pericoloso”. Tra le prove riportate nell’opuscolo, un’iscrizione del IX secolo a.e.v. che fa riferimento alla Casa di Davide, un sigillo di re Ezechia dell’VIII secolo a.e.v. e un’incisione su pietra della Menorà ebraica risalente all’anno 66 e.v. rinvenuta a Gerusalemme.

Alla votazione del Comitato Esecutivo farà seguito il voto su un’altra risoluzione analoga che verrà sottoposta al Comitato per il Patrimonio Mondiale dell’Umanità, riunito a Parigi il 24-26 ottobre. Entrambe le risoluzioni, informalmente avanzate dai palestinesi, prendono di mira Israele per tutta una serie di attività a Gerusalemme e in Cisgiordania. La loro parte iniziale è dedicata all’area del Monte del Tempio, alla quale il testo fa riferimento usando esclusivamente il termine musulmano Al-Haram Al-Sharrif (il Nobile Santuario). Nella bozza per il Comitato Esecutivo del settembre 2016 che il Jerusalem Post ha potuto visionare, il Muro Occidentale viene menzionato solo due volte e tra virgolette. In tutti gli altri casi il testo lo cita con il termine musulmano di al-Buraq.

Dopo essere stato riconosciuta “stato membro” dell’Unesco nel 2011, la Palestina può presentare risoluzioni agli enti collegati come il Comitato per il Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Nel 2015 il governo palestinese ha avviato una campagna all’Unesco volta a riclassificare il Monte del Tempio, ma ad ottobre non è riuscito a raccogliere il sostegno sufficiente per far passare una risoluzione che avrebbe formalmente dichiarato l’area un santuario esclusivamente musulmano. Nell’aprile 2016 i 58 membri del Comitato Esecutivo Unesco, riuniti a Parigi, hanno adottato una risoluzione che parla solo dei legami musulmani con il Monte del Tempio.

La scritta "Casa di David" sula Stele di Tel Dan (IX sec. a.e.v.)

La scritta “Casa di David” sula Stele di Tel Dan (IX sec. a.e.v.)

A luglio, a Istanbul, un’altra risoluzione con la stessa terminologia venne sottoposta da palestinesi e giordani ai 21 membri del Comitato per il Patrimonio Mondiale dell’Umanità, ma la questione venne rinviata alla riunione del 24-26 ottobre perché il fallito colpo di stato in Turchia costrinse l’Unesco a tagliare la sessione di luglio. Questa risoluzione fa anche riferimento alla Tomba dei Patriarchi di Hebron con il termine musulmano al-Haram al-Ibrahimi e alla Tomba di Rachele alle porte di Betlemme come la moschea Bilal ibn Rabah.

In passato il Direttore generale dell’Unesco Irina Bokova si è espressa contro tali risoluzioni affermando: “Negare o nascondere qualunque tradizione ebraica, cristiana o musulmana mina l’integrità del sito e contrasta con le ragioni che ne hanno giustificato l’iscrizione (nel patrimonio mondiale) nel 1981“. In definitiva, comunque, la decisione se approvare o meno queste risoluzioni spetta agli stati membri nei vari comitati dell’Unesco.

Un gruppo bi-partisan di 39 membri del Congresso degli Stati Uniti guidati dai senatori Ted Cruz e Ileana Ros-Lehtinen ha scritto questa settimana una lettera ai membri del Comitato Esecutivo Unesco in cui si denuncia la “paranoica ostilità nei confronti di Israele” e si chiede di votare contro una risoluzione che è “sfacciatamente di parte”, con critiche e accuse false a Israele”, e che “cerca di cancellare la specifica e profonda connessione storica di ebrei e cristiani con Gerusalemme”. “La risoluzione – spiega Cruz – è in evidente contraddizione, fra l’altro, con quanto è noto alla scienza dai recenti scavi archeologici, in particolare nella Città di Davide, che hanno rivelato prove concrete e incontrovertibili dei legami ebraici e cristiani con la città santa di Gerusalemme”. Secondo Ros-Lehtinen, la risoluzione implica che “Gerusalemme sia insignificante per ebrei e cristiani, con l’intento di gettare le basi per ulteriori tentativi di delegittimare Israele alle Nazioni Unite e minare lo status di Gerusalemme come capitale dello stato ebraico. L’Unesco è stata creata per costruire comprensione interculturale – continua Ros-Lehtinen – Ma come accade nell’intero sistema delle Nazioni Unite, intolleranza e comportamenti intenzionalmente aggressivi da parte di molti membri dell’organizzazione ne compromettono la missione originaria e non fanno che evidenziare ulteriormente la necessità di una drastica riforma di tutto il meccanismo”.

(Da: Jerusalem Post, Times of Israel, 11.10.16)