Come può l’UE desiderare legami più stretti con Israele se continua a finanziare ong terroristiche?

Tra il 2011 e il 2021 dall’Europa sono stati elargiti un totale di 200 milioni di euro a soggetti legati al gruppo terrorista Fplp

Di Olga Deutsch

Olga Deutsch, vicepresidente di ONG Monitor, autrice di questo articolo

Il più alto esponente dell’Unione Europea, Ursula von der Leyen, arriva in Israele questa settimana per la sua prima visita ufficiale da quando si è insediato il governo Bennett-Lapid. Per la maggior parte, i mass-media descriveranno la visita come un riflesso dei migliorati rapporti tra Gerusalemme e Bruxelles (anche alla luce dei passi avanti verso un accordo per l’esportazione di gas da Israele all’Europa attraverso l’Egitto ndr). Tuttavia la visita della Presidente della Commissione europea cade proprio a sei mesi da quando il governo israeliano ha formalmente confermato la designazione di sei ong palestinesi come implicate con il terrorismo, una decisione che venne inizialmente accolta con molte critiche dalla Commissione europea. La designazione, che marcava una significativa deviazione dalle precedenti politiche israeliane, giungeva dopo che almeno cinque alti dipendenti delle ong erano stati arrestati per il loro coinvolgimento nell’assassinio della 17enne Rina Shnerb nell’agosto 2019.

Il Ministero della Difesa israeliano definì le sei ong “una rete” che opera “per conto del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp)”, un gruppo già designato come terroristica dall’Unione Europea. Fatto rilevante per le relazioni Israele-Europa, il Ministero della Difesa accusa le ong di dirottare al Fplp fondi donati dall’Europa per scopi umanitari. Una ricerca indipendente condotta da “ONG Monitor” dimostra che nel periodo 2011-2021 la sola Commissione europea ha elargito almeno 28 milioni di euro a progetti che vedono quelle ong palestinesi nel ruolo di partner esecutivi. Calcolando anche i fondi devoluti da singoli governi europei, il totale supera i 200 milioni di euro donati a una rete di almeno 13 ong collegate con il Fplp.

Rina Shnerb, 17 anni, assassinata a sangue freddo il 23 agosto 2019 in un attentato del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp)

Com’è possibile che l’Unione Europea come tale e singoli governi europei possano finanziare organizzazioni legate a un gruppo qualificato come terrorista? Parte del problema sta nella particolare struttura del Fplp, un gruppo terrorista è composto da tre branche sovrapposte: un’ala militante, un partito politico e una rete di ong che tengono i rapporti con i funzionari europei da cui raccolgono fondi. Le ong di questa rete sostengono di promuovere i diritti umani e di distribuire aiuti umanitari, ma in pratica si fanno portatrici di propaganda faziosa politicizzata, spesso farcita di cliché antisemiti e contenuti che istigano all’odio, volti a minare la legittimità di Israele come stato ebraico. Nel corso degli anni, utilizzando solo fonti pubblicamente disponibili, “ONG Monitor” ha identificato più di 70 persone che hanno ricoperto contemporaneamente incarichi presso il gruppo terrorista Fplp e le ong finanziate dall’Europa.

Quando sono emersi questi fatti, molti membri del Parlamento europeo hanno parlato della necessità di una verifica più scrupolosa e di processi più accurati nella selezione delle ong che sono partner nei progetti finanziati dall’UE. Nel 2020, dopo la notizia del coinvolgimento di dipendenti ong nell’omicidio di Rina Shnerb, il commissario UE Olivér Varhelyi ha ordinato un’indagine interna sull’eventuale dirottamento di fondi UE a gruppi terroristici. Altri hanno sostenuto che le esistenti procedure dell’UE sono solide e forniscono sufficienti garanzie, soprattutto considerando che nel 2019 l’UE ha introdotto in tutti i suoi contratti con le ong una nuova clausola che vieta di operare con chiunque figuri negli “elenchi delle misure restrittive UE” (il termine ufficiale con cui l’UE indica la sua lista di soggetti sanzionati, tra cui quelli coinvolti col terrorismo). In pratica, però, la nuova clausola ha fatto pochissima differenza. L’assassinio di Rina Shnerb è avvenuto dopo la sua introduzione. Parte del motivo risiede nel fatto che l’elenco dei terroristi dell’UE include entità come Hamas, Jihad Islamica e Fplp, ma non include persone o organizzazioni che con quelle si identificano e sono collegate.

In realtà, è stata proprio Ursula von der Leyen a chiarire ufficialmente per la prima volta nel giugno 2020 che le norme di controllo dell’UE “rendono incompatibile la partecipazione a qualsiasi finanziamento dell’UE di entità, individui o gruppi di individui affiliati, collegati o che sostengono organizzazioni terroristiche”. La parola “affiliati” offriva la specificazione mancante, che avrebbe dovuto consentire all’UE di imporre le restrizioni a tutti coloro che sono in qualche modo legati a un’organizzazione terroristica. Per dirla tutta, poco dopo che Israele ha segnalato il coinvolgimento di funzionari delle ong nell’omicidio di Rina Shnerb, la Commissione europea ha tacitamente congelato i finanziamenti ad Al-Haq e all’Unione dei Comitati dei lavori agricoli (UAWC), due delle ong segnalate, in attesa di una deliberazione finale. È stata una apprezzabile reazione immediata, ma l’UE deve ancora produrre una dichiarazione definitiva sulla sua politica.

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen

In modo assai più determinato, i Paesi Bassi hanno posto fine al loro contratto da 13 milioni di euro con UAWC dopo che un’indagine indipendente ha rilevato, sulla base esclusivamente di informazioni open source, che almeno 34 dipendenti UAWC avevano legami con il Fplp. E il Ministro degli Esteri tedesco ha annunciato che il suo governo continuerà a finanziare “progetti nei Territori senza che i soldi vadano alle sei organizzazioni palestinesi che Israele ha messo fuori legge come gruppi terroristici”.

Perpetuando, invece, la mancanza di una chiara politica a livello di UE, nel dicembre 2021 il capo della missione UE a Ramallah, Sven von Burgsdoff, ha incontrato i rappresentanti delle sei ong palestinesi, subito dopo la designazione, per comunicare loro che “l’UE continuerà a rispettare il diritto internazionale e a sostenere organizzazioni della società civile”. Il che è in diretta contraddizione con la dichiarazione di von der Leyen, ma la cosa non sorprende data l’ambiguità e la riluttanza dell’UE nell’attuare le sue stesse politiche in materia.

Non basta. L’UE sta attualmente finanziando un progetto da 588.299 euro (per il periodo 2021-2024) implementato dalla Palestinian NGO Network, il cui evento inaugurale ha incluso un seminario “concentrato sulle strategie e i meccanismi necessari per combattere le politiche antiterrorismo”. In altre parole, l’UE sta finanziando un progetto che mira a contrastare le politiche antiterrorismo, compresa la sua.

In effetti, continua a crescere la dicotomia tra le politiche adottate dai parlamentari eletti dell’UE e la riluttanza dei burocrati della Commissione ad attuarle. La visita di Von der Leyen in Israele può essere l’occasione per affrontare il problema ed esorta la Presidente della Commissione europea a rendere finalmente coerente il messaggio che arriva da Bruxelles. Solo un mese fa, il Parlamento europeo ha adottato le esatte parole usate da von der Leyen nella sua più importante risoluzione di bilancio annuale (il Discharge), affermando che la Commissione deve verificare a fondo che i fondi non vadano a organizzazioni affiliate al terrorismo. Resta da vedere se queste politiche saranno attuate davvero.

(Da: Jerusalem Post, 12.6.22)