Maestri dellimmagine

La tecnologia informatica israeliana è leader mondiale in numerose applicazioni di elaborazione dellimmagine

image_541Secondo il Science Magazine, che ha giudicato la tecnologia informatica israeliana la migliore del mondo, la capacità israeliane offrono un elevato valore aggiunto ai software informatici. Con un comunissimo hardware, i ricercatori della Benin School of Engineering and Computer Science dell’Università di Gerusalemme, hanno dato vita a innovazioni senza precedenti.
Ad esempio, invece di utilizzare la minuziosa colorazione manuale di vecchi film in bianco e nero, i maghi dell’Università di Gerusalemme hanno sviluppato un algoritmo matematico che consente, con pochi schizzi, di ottenere in soli dieci minuti un’immagine dai colori molto realistici. Un altro team si è occupato di imitare la naturale capacità dell’occhio umano, del nervo ottico e del cervello per riprodurre le gradazioni di luce e ombra mediante un algoritmo matematico che consente di miscelare le immagini riprese con più scatti.
Un team di ingegneri ed esperti informatici ha realizzato il primo software al mondo che consente la creazione di fotografie panoramiche 3-D fino a 360 gradi con un’unica fotocamera digitale. Le immagini possono quindi essere stampate in 2-D con una comunissima stampante e incollate su un qualsiasi foglio di plastica lenticolare per creare un’immagine olografica con il senso della profondità. Il successo dei loro sforzi può essere ammirato negli aeroporti internazionali, nelle stazioni ferroviarie, nelle cabine telefoniche nonché su autobus, distributori automatici, copertine di riviste, brochure, inserti, copertine di CD e sulle confezioni di tutto il mondo.
La facoltà di matematica dell’Università di Gerusalemme è stata fondata insieme all’Università stessa nel 1925, ma ci sono voluti più di 44 anni prima di inaugurare la facoltà di informatica. Originariamente il management dell’Università aveva deciso di lasciare la disciplina di ingegneria al Technion, l’Istituto di Tecnologia di Haifa; ma nel 1999, dopo essersi reso conto di come matematica, informatica ed ingegneria fossero discipline indivisibili, ha cambiato idea. L’obiettivo è quello di dar vita ad un’industria che promuova il cambiamento, e di preparare la prossima generazione di pionieri hi-tech con un programma accademico dinamico e multidisciplinare che integri teoria e applicazioni pratiche.
Ormai giunta al suo quinto anno di attività, l’Università può contare sulla presenza di 39 membri di facoltà e 840 studenti che seguono i corsi di laurea, master e dottorato. Tra i riconoscimenti ricevuti spiccano il Turing Award ed il Nevanlinna Award. Il piano di studi include corsi di pianificazione strategica, gli studenti possono così anche studiare strategie di lancio di start-up e partecipare a progetti congiunti, sotto la guida della facoltà e di industriali, nei quali imparano a trovare soluzioni pratiche a problemi reali. Fortunatamente per la capitale d’Israele, la maggior parte dei laureati lavora a Gerusalemme presso società hi-tech come Intel e NDS.
A un incontro con giornalisti scientifici, i ricercatori di punta della scuola hanno presentato le loro innovazioni. Presieduta dal prof. Yair Weiss, la facoltà ha illustrato alcune delle sue ricerche più promettenti, fra cui: apprendimento automatico (machine learning), visione artificiale (computer vision), chirurgia computerizzata (computer-aided surgery), elaborazione delle immagini mediche, intelligenza artificiale, biologia computazionale e neuroscienza computazionale.
Il dott. Dani Lischinski, responsabile del laboratorio di grafica, tenta i suoi ospiti con foto in bianco e nero di due attrici, Ingrid Bergman e Lucille Ball. Il crescente interesse per i vecchi film ha portato Hollywood a ricercare una tecnica di colorazione idonea, ma il processo è risultato assai costoso. Qualche anno fa si è cercato di trasformare, mediante un processo manuale molto dispendioso e complesso, anche il film cult Casablanca in un film a colori, ma il risultato ha lasciato molto a desiderare. “Non esistono efficaci strumenti automatici in grado di farlo. Si va per tentativi”, spiega Lischinski. Ma per rispondere alle esigenze di questo mercato di nicchia, il suo team ha sviluppato una tecnica di lavorazione brevettata semi-automatica per colorare stampe o film in bianco e nero. Basta colorare approssimativamente solo alcune zone dell’immagine e il programma riempie gli spazi con gradienti di colore che rendono l’immagine autentica e realistica. Ingrid è molto sexy nel suo golfino di lana color malva, mentre i capelli rosso fuoco di Lucy colpiscono immediatamente lo sguardo. Una vera magia. “Hollywood ha mostrato molto interesse per i nostri studi – dichiara Lischinski – Si vede che abbiamo fatto un buon lavoro”.
In un’altra presentazione, Lischinski mostra le fotografie scattate nella foresteria di Beit Belgia, presso il vicino campus dell’Università di Gerusalemme a Givat Ram. La foto è stata scattata dall’atrio che dà sul cortile soleggiato al di là delle porte a vetri; ma poiché l’atrio è relativamente scuro e l’esterno molto luminoso, nessuna fotocamera è in grado di cogliere la scena come è realmente percepita dall’occhio umano: in ogni scatto vanno persi texture e particolari. Il pavimento di marmo ad esempio sembra a macchia di leopardo, mentre il giardino risulta completamente scolorito. Il team ha codificato l’intensità di luce di determinati colori al fine di comprimere il range dinamico. Le immagini sono quindi “compresse” per evitare sovraesposizioni o sottoesposizioni, e il risultato è osservabile su un comune monitor. Il team ha quindi messo a confronto delle foto di una vetrata colorata scattate dall’interno della cattedrale di Washington: se i colori della vetrata appaiono distintamente, l’architettura della finestra risulta sfuocata. Le immagini dei team che hanno lavorato a questo progetto negli Usa si sono rivelate di qualità assai scadente, mentre quella riprodotta dall’algoritmo tecnologico dell’Università di Gerusalemme è quasi perfetta, e si avvicina molto a ciò che è percepito dall’occhio umano.
La presentazione più interessante è però quella del prof. Shmuel Peleg, laureato alla Università di Gerusalemme e a quella del Maryland, le cui ultime ricerche riguardano l’analisi dell’immagine in movimento e la combinazione di immagini in stile mosaico. Insieme a Gideon Ben-Zvi e ad altri colleghi ha preso la tecnica brevettata di associazione di panorama e stereo in 3D, in passato considerata impossibile, per fondare nel 2000 la società HumanEyes Technologies. Il software HumanEyes3-D dell’azienda è stato il primo a consentire la creazione di immagini panoramiche naturali in 3D fino a 360 gradi con l’utilizzo di una sola fotocamera digitale a distanza di braccio, e il riutilizzo dello stesso scatto per diverse applicazioni di stampa e visualizzazione su monitor 3D. A quattro anni di distanza la società è ancora l’unica a operare in questo campo. Fra i marchi che stanno già realizzando riprese 3D o in movimento con questo software si annoverano: Miss Universe Organization, Looney Tunes, Coca Cola, Tati, Castro, Coffee Bean, Segafredo e Dove Shampoo. Con sede a Gerusalemme e negli Stati Uniti, la HumanEyes ha ora uno staff di 30 persone di grande talento ed esperienza.
Fino ad oggi, per scattare una fotografia in 3D erano necessarie più fotocamere in diverse posizioni per catturare le immagini di una scena da diverse angolazioni. Tutti questi punti di vista venivano poi combinati per creare un’immagine stereoscopica, proprio come succede nella realtà: quando guardiamo qualcosa, ogni occhio percepisce un’immagine leggermente differente e il cervello combina le due immagini per creare un’immagine tridimensionale anche senza occhiali 3D, spiega Peleg. La HumanEyes ha però eliminato l’uso di più macchine fotografiche. Il software sviluppato dall’Università di Gerusalemme, continua Peleg, crea una fotografia stereoscopica scattando una foto con una singola fotocamera digitale in movimento continuo su un’unica scena. L’algoritmo del computer seleziona delle strisce da una serie di immagini, ognuna scattata da un’angolazione diversa, quindi crea un’immagine composita che riesce a dare il senso della profondità e rivelare gli oggetti nascosti dietro ad altri. In alternativa si possono utilizzare immagini fisse, procedimento molto diverso dal comune ingrandimento o dallo zoom. “Siamo convinti che questo processo farà alla fotografia bidimensionale ciò che i colori hanno fatto a quella in bianco e nero, e che la gente finirà con l’aspettarsi sempre foto tridimensionali”, ha aggiunto Peleg. Ora la società sta cercando di convincere i due colossi della stampa informatizzata, HP ed Epson, a produrre stampanti che riproducano immagini 3D direttamente su una plastica speciale, eliminando così il bisogno di incollare l’immagine stampata su carta al materiale lenticolare. “Se tutto va bene – continua Peleg – queste stampanti saranno disponibili nel giro di qualche mese”.
Tenete d’occhio la Benin School della Università di Gerusalemme… ha ancora molti assi nella manica.

(Judy Siegel-Itzkovich su Jerusalem Post, 12.12.04)