Mantenere vivo lo slancio verso la pace

Joe Biden ha ricevuto in regalo da Donald Trump un Medio Oriente in cui ampi segmenti vogliono muovere verso la piena normalizzazione

Editoriale del Jerusalem Post

Le bandiere degli Stati Uniti, di Israele, degli Emirati e del Bahrein proiettate sulle mura di Gerusalemme

Mercoledì si è verificato un evento che meno di quattro mesi fa quasi nessuno avrebbe immaginato possibile: il ministro degli esteri del Bahrein Abdullatif bin Rashid Al Zayani ha visitato Gerusalemme. Vale la pena sottolineare quanto sia importante questa circostanza. A volte, dopo tre mesi di continue notizie sui rapporti fra Israele, Emirati Arabi Uniti, Bahrein e più di recente Sudan, può sembrare che sia diventata routine. Non è così. Assistiamo allo svolgersi della storia davanti ai nostri occhi.

Un tempo Israele era praticamente come un’isola, isolato nel Medio Oriente. Lentamente, negli ultimi 43 anni, di tutto il mondo arabo abbiamo fatto pace con solo due nostri vicini, mentre la Lega Araba diceva no al riconoscimento, no ai negoziati, no alla pace con Israele, e lasciava ai palestinesi un potere di veto sulla possibilità di Israele di stabilire legami con gli stati arabi. Poi, all’improvviso, nell’arco di tre mesi, ben tre altri paesi arabi hanno deciso di aderire alla cerchia della pace e della normalizzazione. Israele sta diventando lentamente, ma ineluttabilmente, parte integrante della regione.

Nella sua dichiarazione alla stampa dopo l’incontro con il ministro degli esteri israeliano Gabi Ashkenazi, Al Zayani ha collegato la propria visita e quella dell’allora leader egiziano Anwar Sadat a Gerusalemme 43 anni fa, quasi nello stesso giorno. “Sadat gettava i semi della pace che oggi coltiviamo ulteriormente – ha affermato Al Zayani – È giusto che io compia questa visita in prossimità di quell’anniversario”. Al Zayani ha dato voce all’”entusiasmo” che gli abitanti del Bahrein nutrono per le relazioni con Israele e al grande potenziale che esse hanno per i due paesi e la regione in generale. Sono sentimenti che raramente vengono espressi in Medio Oriente, il che rende appropriato il paragone tra Al Zayani e la leadership degli Emirati Arabi Uniti e del Sudan, con Sadat e con re Hussein di Giordania. Sono leader che hanno saputo compiere passi risoluti e coraggiosi per la sicurezza e il progresso del loro popolo e del mondo.

Gerusalemme, 18 novembre. Da sinistra: il segretario di stato Usa Mike Pompeo, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il ministro degli esteri del Bahrein Abdullatif bin Rashid Al Zayani

Ashkenazi ha risposto facendo a sua volta un riferimento storico alla costante, inappagata sete di pace di Israele e citando la Dichiarazione di Indipendenza d’Israele che dice: “Tendiamo la nostra mano a tutti gli stati vicini e ai loro popoli in un’offerta di pace e buon vicinato, e facciamo appello affinché stabiliscano legami di cooperazione e aiuto reciproco con il popolo ebraico sovrano, stabilito nella sua terra. Lo stato d’Israele è pronto a fare la propria parte in uno sforzo comune per il progresso dell’intero Medio Oriente”. Oggi quella visione è più vicina che mai alla realizzazione. E oggi è anche il momento di avvalersi di questa tendenza per continuare a cercare di fare la pace.

Il neo eletto presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha ricevuto in regalo dal presidente uscente Donald Trump un Medio Oriente in cui ampi segmenti vogliono muovere verso la pace. Il Medio Oriente è ancora pieno di problemi. L’Iran continua a diffondere terrorismo nella regione e nel mondo, e la guerra nello Yemen è ancora in corso, solo per fare alcuni esempi. Ma c’è uno slancio positivo verso la normalizzazione con Israele e la pace tra le nazioni, e un fronte unito tra coloro che desiderano la pace contro coloro che, come i tiranni di Teheran, la detestano. Si tratta di una situazione che l’amministrazione statunitense entrante deve cercare di coltivare e incoraggiare, in modo che cadano altri muri tra i paesi del Medio Oriente e si vedano altri leader parlare di pace a Gerusalemme.

Vi sono segnali che l’Autorità Palestinese stia iniziando a capire la nuova realtà. Martedì l’Autorità Palestinese ha dichiarato d’aver deciso di rinnovare le sue relazioni con Israele, compreso il coordinamento sulla sicurezza. Ci sono ragioni pratiche per questa decisione, giacché anche l’Autorità Palestinese sta combattendo la pandemia ed è ansiosa di riaprire un percorso che le consenta di ricevere 3 miliardi di shekel in entrate fiscali riscosse da Israele. Ma, analogamente alla notizia di mercoledì secondo cui l’Autorità Palestinese starebbe valutando la possibilità di modificare in parte la sua politica di versare vitalizi alle famiglie dei condannati per terrorismo (e quella secondo cui l’Autorità Palestinese ha rimandato in Bahrein e negli Emirati Arabi Uniti gli ambasciatori che aveva ritirato ndr), è possibile che i palestinesi stiano cercando di riposizionarsi di fronte all’entrante amministrazione Biden, mostrandosi interessati al dialogo e a progressi con Israele.

Come diceva la carta di fondazione d’Israele 72 anni fa, la mano degli israeliani è protesa verso tutti coloro che amano la pace. Inshallah, be’ezrat Hashem, a Dio piacendo, auguriamoci che gli Stati Uniti continuino a svolgere il loro ruolo storico nel promuovere questo sviluppo.

(Da: Jerusalem Post, 19.11.20)