Martedì sera scade l’incarico di Netanyahu, senza alcun governo all’orizzonte

Bennett (Yamina): “Netanyahu ci andrebbe bene, ma non ha voti sufficienti alla Knesset”. Lapid (Yesh Atid): “Dopo Netanyahu, due sole opzioni: governo di unità nazionale o nuove elezioni”

Da sinistra, Naftali Bennett (leader di Yamina) e Benjamin Netanyahu (leader del Likud)

L’incarico conferito al primo ministro uscente Benjamin Netanyahu di formare il prossimo governo israeliano scade martedì a mezzanotte, ma finora né il suo blocco né quello avversario sembrano in grado di raccogliere i 61 voti alla Knesset necessari per una colazione di maggioranza. “Siamo scettici sulla possibilità di completare una coalizione entro la scadenza”, dice una fonte del partito di destra Yamina, di Naftali Bennett, destinato verosimilmente coi suoi 7 seggi a far parte di qualunque coalizione di governo, indipendentemente dal blocco che la formerà.

Finora Netanyahu non è riuscito a persuadere Bezalel Smotrich, leader della formazione di estrema destra Sionismo Religioso, a entrare in un governo sostenuto dalla lista araba Ra’am di Mansour Abbas. Né è riuscito finora a trovare qualche parlamentare defezionista dal partito Nuova Speranza di Gideon Sa’ar (staccatosi dal Likud) disposto a supportarlo. Smotrich ha di nuovo dichiarato, domenica e lunedì, che farà qualsiasi cosa in suo potere per impedire la formazione di un governo che dovesse reggersi sui 4 voti determinanti della lista islamista di Mansour Abbas. “E’ una vera disgrazia – ha affermato Smotrich – che il primo ministro Netanyahu, che ha ripetutamente detto che non avrebbe formato una coalizione insieme a quei fiancheggiatori del terrorismo, si stia ora adoperando instancabilmente per mettere insieme proprio un governo del genere. Chi pensa di formare un tale governo, che metterebbe a repentaglio lo stato ebraico, ne sarà ritenuto responsabile per sempre”.

Nel frattempo procedono lentamente e con difficoltà le trattative nel blocco rivale, detto “del cambiamento”. Bennett ha detto che vorrebbe raggiungere entro martedì un accordo di principio con il blocco pro-cambiamento, ma finora le parti appaiono lontane dall’obiettivo.

Da sinistra, Naftali Bennett (leader di Yamina) e Yair Lapid (leader di Yesh Atid)

Da Yamina dicono che sono sorte controversie con il partito Yesh Atid, di Yair Lapid, sulla divisione dei dicasteri, perché il partito di Bennett insiste per ottenere quelli che definisce ministeri “ideologici”: giustizia, interni, servizi religiosi, istruzione. Ma Yesh Atid, Laburisti e Meretz avrebbero seccamente respinto la richiesta, sottolineando che l’unico ostacolo a questo punto è Bennett stesso. “Bennett balla a due i matrimoni – dice un alto esponente del blocco pro-cambiamento – Sta cercando di estorcere risultati sia a noi che a Netanyahu, e alla fine deciderà dove gli conviene andare. Se Bennett decidesse di entrare in un governo del cambiamento, non ci sarebbero problemi sulla distribuzione dei portafogli – continua la fonte – Accetteremo un compromesso. È possibile ruotare alcuni ministeri, e sarebbe anche possibile compensare i dicasteri ‘ideologici’ con la presidenza di commissioni”.

“Yesh Atid deve di ricevere l’incarico [dopo Netanyahu], con l’obiettivo di impedire la nascita di un governo tutto di destra – afferma una fonte vicina a Lapid – Il problema è che Bennett non ha ancora deciso. Stiamo aspettando la sua decisione. Non ci sono veri disaccordi. Se Bennett decide di stare con noi, è possibile varare un governo nel giro di 24 ore”. Domenica è emerso che Bennett e Netanyahu si erano incontrati giovedì scorso senza informare i mass-media. La notizia ha inasprito i sospetti del blocco pro-cambiamento nei confronti di Yamina. Domenica pomeriggio si era anche sparsa la voce che Bennett e Netanyahu avessero concordato un governo a rotazione in cui Bennett sarebbe stato il primo a ricoprire la carica di premier. Ma Yamina ha smentito. “Il problema di Netanyahu non è mai stato Bennett – sostiene una fonte di Yamina – Abbiamo sempre messo in chiaro che siamo disposti a entrare a far parte di un governo guidato da lui. Il problema è che al momento Netanyahu semplicemente non ha i voti per formare una coalizione”.

Lunedì Netanyahu ha ribadito l’offerta pubblicamente. “Sono disposto ad accettare la richiesta di Bennett per un accordo di rotazione in cui lui servirà prima come primo ministro per un anno – ha scritto Netanyahu sui social network – I membri del partito Yamina entreranno nel governo e nella Knesset con ruoli importanti. Esorto Bennett a firmare oggi stesso un accordo per la formazione di un governo di destra, impegnandosi a non entrare a far parte di nessun altro governo”. “Ho sentito solo ora l’offerta di Netanyahu, ma non è chiara – ha risposto Bennett a stretto giro – Io non gli ho chiesto di guidare il governo, ho chiesto che ci sia un governo e lui non ce l’ha a causa di Smotrich [che esclude categoricamente un governo sostenuto dal partito islamista Ra’am]: Netanyahu ha creato un partito satellite e ne ha perso il controllo”. Bennett dice di preferire ancora un governo di destra anziché una coalizione con partiti di centro e di sinistra, ma accusa Netanyahu di voler attribuire a Yamina il suo fallimento, e si rifiuta di impegnarsi a non formare una coalizione alternativa con i rivali del leader del Likud. “Se Netanyahu non riuscirà a formare un governo – ha chiarito Bennett – formeremo un governo di unità nazionale. Al momento la cosa più distruttiva per Israele sarebbero altre elezioni”.

Dal canto suo, Yair Lapid ha ribadito lunedì d’essere a sua volta disposto a lasciare che Bennett sia il primo premier in un accordo di rotazione con il blocco pro-cambiamento (il leader di Yesh Atid avrebbe offerto al leader di Yamina di essere primo ministro per i primi 2 anni e tre mesi, dopo di che Bennett verrebbe nominato ministro degli esteri e Lapid diventerebbe premier). “Le basi sono chiare – ha affermato Lapid – Possiamo formare un governo. Tra meno di un giorno, salvo sorprese, ci troveremo di fronte a due sole opzioni: un solido governo di unità nazionale [senza Netanyahu] o una quinta tornata elettorale”.

(Da: Ha’aretz, Times of Israel, Jerusalem Post, 3,5.21)