Meglio un brutto voto che nessun voto

La discussione in Israele sullopportunità di trattare con Hamas appare superflua.

Da un articolo Danny Rubinstein

image_1055Alti esponenti dell’Autorità Palestinese affermano che, se le loro elezioni parlamentari si terranno effettivamente– come previsto – fra una decina di giorni, Hamas le vincerà e ciò rappresenterà uno sviluppo decisamente negativo. Ma se le elezioni dovessero essere cancellate, aggiungono, sarebbe ancora peggio.
Gli ultimi sondaggi in Cisgiordania e striscia di Gaza pronosticano una netta affermazione di Hamas. Il rilevamento più recente, condotto dall’Università Bir Zeit, dà Fatah in vantaggio di un mero 5%, ma è difficile stimare il giusto valore di questo e di altri sondaggi soprattutto per la presenza di un gran numero di candidati formalmente indipendenti. Metà dei 132 seggi del nuovo parlamento palestinese verranno contesi nei collegi e in ogni collegio vi sono candidati indipendenti che possono facilmente battere quelli di partito grazie ai loro legami e comuni interessi con i clan locali. In un modo o nell’altro, esponenti e sostenitori di Hamas potrebbero aggiudicarsi metà dei seggi del nuovo parlamento. La fiducia dei dirigenti dell’organizzazione traspare evidente nella loro campagna elettorale. Un segnale in questo senso è dato da come i loro portavoce persistono su posizioni del tutto intransigenti, senza alcun accenno di compromesso: non solo non lasciano intravedere alcuna volontà di riconoscere i confini del 1967 (nemmeno nella tenue forma di quel riconoscimento provvisorio in qualche occasione adombrato dal loro defunto leader Ahmed Yassin), ma anzi affermano esplicitamente di non voler negoziare affatto con Israele. Alla luce di questo, la discussione all’interno di Israele sull’opportunità o meno di trattare con Hamas appare del tutto superflua.
Dunque i rappresentanti di Hamas nel nuovo parlamento non vorranno entrare nel governo dell’Autorità Palestinese che, stando a quanto si dice, sarà formato da Nabil Sha’ath (al posto di Abu Ala) e comprenderà membri di Fatah insieme ad alcuni indipendenti. Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) spera che, nonostante tutto, il nuovo governo possa ottenere la fiducia del parlamento e che ciò gli permetta di proseguire i colloqui diplomatici, che egli conduce nella sua qualità di presidente del comitato esecutivo dell’Olp. Chi negozia con Israele, infatti, è l’Olp che si presume rappresenti l’intero popolo palestinese, a differenza dell’Autorità Palestinese, che rappresenta solo i residenti in Cisgiordania e striscia di Gaza.
Senza dubbio i rappresentanti di Hamas procureranno molti mal di pancia ad Abu Mazen e al nuovo governo. Hanno già annunciato che la resistenza (per Israele: il terrorismo), continuerà e che non hanno alcuna intenzione di abbandonare le armi. Un leader di Hamas, Ismail Haniyeh, ha persino collegato la potenziale posizione della sua organizzazione con quella degli Hezbollah libanesi, configurando, in altri termini, una sorta di vero e proprio governo parallelo che continuerà a combattere Israele.
È con questo quadro in mente che molte persone nei territori, e non solo, stanno dicendo che sarebbe meglio non tenere le elezioni. Hamas è consapevole di questi sentimenti e ha già indicato che cosa farebbe nel caso le elezioni venissero cancellate. Come prima cosa riprenderebbe gli attentati in grande stile contro Israele. Da mesi ormai i terroristi di Hamas evitano di partecipare agli attentati, ma nel frattempo hanno accumulato considerevoli quantità di materiale bellico, soprattutto a Gaza, e la loro capacità di usarlo per minacciare sia Abu Mazen che Israele è assai grande.
L’ignoto è il grande pericolo, dicono coloro nei territori che temono le conseguenze di una eventuale cancellazione delle elezioni. È chiaro che ciò condurrebbe a una escalation del caos in Cisgiordania e Gaza. Lo status della già debole Autorità Palestinese ne sarebbe ulteriormente eroso. “Potrebbe svilupparsi, qui, una situazione alla Iraq”, ha detto di recente Ibrahim Dakak, ingegnere civile ed eminente figura pubblica palestinese di Gerusalemme est. Abu Mazen, incastrato fra l’incudine di una vittoria di Hamas e il martello della cancellazione delle elezioni, pare abbia affermato recentemente che non può andare avanti in queste condizioni. Alcuni organi di stampa stranieri hanno riferito la scorsa settimana che avrebbe persino minacciato di dimettersi, ma la voce è stata ufficialmente smentita dall’interessato.
Dal punto di vista di Israele sembrerebbe preferibile che le elezioni si tenessero. Qualche che sia il risultato di Hamas, sussiste qualche possibilità che, sulla scorta delle elezioni, Abu Mazen possa riuscire in qualche misura a stabilizzare la situazione nei territori. D’altra parte, è abbastanza evidente che cancellare le elezioni condurrebbe a un deterioramento generale, anche nel campo della sicurezza. Ecco perché delle brutte elezioni sarebbero comunque meglio di elezioni cancellate.

(Da: Ha’aretz, 16.01.06)

Nella foto in alto: poster elettorale di Hamas a Beit Kahil, presso Jenin (Cisgiordania). La scritta dice: “L’islam è la soluzione”