Mentre all’Onu Abu Mazen afferma “noi riconosciamo Israele”, il suo vice dice il contrario alla piazza palestinese

Da quando è stato presentato il piano Trump, si è fatta ancora più martellante la campagna dell’Autorità Palestinese per la cancellazione di Israele dalla carta geografica

Di Nan Jacques Zilberdik

“Questa è la Palestina!”

In piena coerenza con la tradizionale politica dell’Autorità Palestinese, nello stesso giorno in cui il presidente Abu Mazen sosteneva al Consiglio di Sicurezza che i palestinesi “hanno riconosciuto Israele”, il suo vice proclamava alla piazza palestinese che tutto Israele è “Palestina”.

Da quando il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha reso noto il suo piano di pace per il Medio Oriente, i dirigenti palestinesi hanno intensificato il loro messaggio ai palestinesi secondo cui non accetteranno mai una “Palestina” che non prenda il posto di tutto lo stato d’Israele.

Abu Mazen, presidente di Fatah e dell’Autorità Palestinese: “Nel 1993 abbiamo firmato gli Accordi di Oslo e siamo impegnati verso gli Accordi di Oslo con tutti i loro dettagli e tutte le loro clausole. Abbiamo anche riconosciuto Israele e Israele ci ha riconosciuto. Noi riconosciamo Israele: con Oslo”.
(Da: tv ufficiale dell’Autorità Palestinese, 11.2.20)

Nello stesso stesso giorno in cui Abu Mazen ricordava al Consiglio di Sicurezza dell’Onu e a tutto il mondo il riconoscimento di Israele da parte dell’Olp nel 1993, il suo vice del movimento Fatah, Mahmoud Al-Aloul, arringava la piazza palestinese. Ad un evento organizzato dall’Autorità Palestinese per protestare contro il piano Trump ed esprimere sostegno ad Abu Mazen e alla sua missione presso le Nazioni Unite, Al-Aloul esibiva una mappa della “Palestina” che cancella Israele dalla carta geografica, e proclamava: “Questa è la Palestina”. All’evento era presente anche il primo ministro dell’Autorità Palestinese, Muhammad Shtayyeh, che ha postato sulla propria pagina Facebook il video in cui si vede Al-Aloul negare l’esistenza di Israele con queste parole:

Mahmoud Al-Aloul, vice presidente di Fatah: “Il suo inizio è dal saliente di Galilea [l’estremità settentrionale del nord di Israele] fino a Umm Al-Rashrash [Eilat, la città più meridionale d’Israele]. Questa è la Palestina!”
(Da: pagina Facebook del primo ministro dell’Autorità Palestinese Muhammad Shtayyeh, 11.2.20)

 

Sottolineando che il famoso “piano a fasi” per la distrazione di Israele è tuttora la politica di Fatah, Tawfiq Tirawi, un alto esponete del movimento che fa capo ad Abu Mazen, ha dichiarato che Fatah non ha mai accettato uno stato palestinese sulle linee del 1967 e che tale stato sarebbe solo “una affermazione intermedia”, ribadendo che l’obiettivo di Fatah è una “Palestina” che sostituisca tutto Israele. Tirawi ha spiegato che l’Olp accettò una “Palestina” sulle linee del 1967, in base gli Accordi di Oslo, solo perché era ciò che la dirigenza palestinese riteneva che il mondo avrebbe accettato in quel momento.

Tawfiq Tirawi, membro del Comitato centrale di Fatah: “Perché, come Olp, abbiamo detto 1967? La dirigenza palestinese voleva facilitare il nostro popolo con la creazione del suo stato sui confini del 1967 perché questo è ciò che sarebbe accettabile per il mondo … [L’Olp] disse ‘uno stato sui confini del 1967’, tuttavia la Dichiarazione d’indipendenza [palestinese] non menziona il 1967. Lasciate da parte l’Autorità [Palestinese]. Io sono Fatah e negli obiettivi e nei principi del movimento Fatah non c’è nulla che dica 1967. Nulla. Per tutto ciò che riguarda me, uno degli alti funzionari di Fatah, per tutta la vita non ho mai detto ‘uno stato del 1967’. Non dimenticherò la mia patria, non dimenticherò la Palestina e non dimenticherò la storia della Palestina. Queste [linee del 1967] possono essere un’affermazione intermedia”.
(Da: pagina Facebook di Tawfiq Tirawi, membro del Comitato Centrale di Fatah, 5.2.20)

Palestinian Media Watch ha già segnalato che in un altro discorso, pochi giorni prima, Tirawi aveva affermato che la “Palestina” si estende “dal fiume Giordano al mar Mediterraneo” e che essa è waqf, inalienabile patrimonio religioso secondo la legge islamica, negando in questo modo ai sensi della legge islamica la legittimità dello stato d’Israele entro qualunque linea di confine.

Allo stesso modo, la tv ufficiale dell’Autorità Palestinese rafforza continuamente il messaggio secondo cui la “Palestina” comprende tutto Israele. In un intermezzo mandato in onda fra una trasmissione e l’altra, mentre Abu Mazen tiene un discorso si vede un dimostrante che regge un cartello con la mappa della “Palestina” che comprende anche tutto Israele coperto dai colori della bandiera dell’Autorità Palestinese. In alto a sinistra compare il logo di Shabiba, il movimento giovanile Fatah.

Dalla tv ufficiale dell’Autorità Palestinese, 15.2.20

Sul cartello, accanto alla mappa, la scritta: “Abbiamo diritto e tutta la terra è nostra”.
(Da: tv ufficiale dell’Autorità Palestinese, 15.2.20)

L’Autorità Palestinese diffonde lo stesso messaggio anche ai giovani nelle scuole palestinesi. Nel caso non bastassero le mappe nei libri di testo (vedi illustrazione in fondo a questo articolo), ecco degli attivisti di Nablus che progettano di distribuire in tutte le scuole la mappa della “Palestina” che cancella Israele.

Nablus, reporter della tv ufficiale dell’Autorità Palestinese: “Continuano le risposte popolari all’accordo del secolo israelo-americano. Una di queste è la distribuzione della mappa storica della Palestina in risposta alla mappa pubblicata dal presidente americano. Questa è la mappa che vuole il nostro popolo palestinese, e non la mappa distorta pubblicata dal presidente americano”.
Testo accanto alla mappa: “Ecco come vogliamo la Palestina”.
Mazen Al-Dunbuk, attivista: “Vogliamo instillare questa mappa nella mente di tutti i bambini, i bambini della Palestina, i fiori della Palestina. Il nostro prossimo passo è distribuirla nelle scuole perché venga appesa in tutte le classi in modo che i bambini sappiano che la Palestina è così”.
(Da: tv ufficiale dell’Autorità Palestinese, 2.2.20)

(Da: palwatch.org, 25.2.20)

Da un libro di testo in studi sociali per alunni della seconda media, pubblicato dall’Autorità Palestinese nell’agosto 2017