Misure umanitarie accompagnano lazione anti-terrorismo

Le organizzazioni internazioni hanno libero passaggio alle aree controllate dalle forze israeliane nella zona degli scontri.

image_202Le organizzazioni internazioni hanno libero passaggio alle aree controllate dalle Forze di Difesa israeliane nella zona degli scontri a Rafah (striscia di Gaza meridionale). Lo ha affermato martedì la portavoce militare israeliana Ruth Yaron. “L’operazione è rivolta soltanto contro i terroristi e nient’affatto contro i soggetti umanitari – ha aggiunto la portavoce – Prima che l’azione avesse inizio sono state diffuse informazioni alla municipalità e all’interno dei quartieri sui servizi di assistenza predisposti. Le ambulanze sono sempre state operative e abbiamo garantito tutta l’assistenza medica necessaria”.
“Il disastro umanitario che l’Autorità Palestinese cerca di descrivere circa gli abitanti di Rafah è pura propaganda” ha dichiarato Yoav Mordechai, comandante israeliano dell’ufficio di coordinamento coi palestinesi a Gaza. Mordechai ha specificato che dall’inizio dell’operazione Israele ha fatto entrare a Rafath camion carichi di tende, medicinali e alimenti perché fossero distribuiti alla popolazione. Alle ambulanze palestinesi è stato permesso di portare feriti in altri ospedali della striscia di Gaza al di fuori della città di Rafah. “Prima dell’avvio dell’operazione – aggiunge Mordechai – abbiamo costruito una strada speciale per garantire che l’assistenza umanitaria raggiungesse la popolazione, cosa che si è resa necessaria dal momento che tutte le altre strade erano state minate dai terroristi palestinesi attivi nella zona. Siamo strettamente in contatto con rappresentanti palestinesi e con le organizzazioni d’aiuto internazionali e stiamo facendo di tutto per garantire che la popolazione locale riceva tutta l’assistenza necessaria durante l’azione anti-terrorismo”. E’ stato anche permesso a camion carichi di bombole d’ossigeno di entrare in Israele dove le bombole sono state ricaricate.
Sulla base dell’esperienza fatta durante la battagli a Jenin dell’aprile 2002, Israele ha deciso questa volta di permettere a un gruppo di giornalisti sia locali che stranieri di accompagnare i soldati durante le operazioni. “Uno degli errori fatti allora a Jenin – spiega Gideon Meir, vice direttore generale del ministero degli esteri – fu quello di tenere i giornalisti fuori dal teatro delle operazioni per garantirne la sicurezza. Ma il risultato fu che i giornalisti si convinsero che Israele aveva qualcosa da nascondere e si misero a pubblicare ogni possibile voce incontrollata”.
Meir si augura che anche i giornalisti abbiano fatto tesoro dell’esperienza di Jenin e delle menzogne che pubblicarono. “A Jenin la stampa massacrò la verità e la propria professionalità – dice – Ora la stampa ha la possibilità di riscattarsi dalla caduta di credibilità che la accompagna da Jenin”. Ma Meir aggiunge che, per adesso, non si sente molto incoraggiato da come vengono riportati i fatti da Rafah. “Riferiscono di centinaia di case distrutte, cosa che non avviene. Riferiscono dei risultati delle azioni delle Forze di Difesa israeliane, ma non di ciò che ha portato a quelle azioni. Abbiamo chiarito bene che siamo costretti a intervenire per la totale inadempienza dell’Autorità Palestinese, che si era impegnata con gli accordi a contrastare il terrorismo. E abbiamo anche spiegato che stiamo usando forze di terra per evitare il più possibile danni ai civili”.

(Da: Jerusalem Post, 18.05.04)