Mondiali in Qatar e bandiere palestinesi

La “Rassegna stampa” del Corriere gongola per le deluse speranze di pace degli israeliani e, come al solito, tace sui compromessi di pace rifiutati dai palestinesi

Di Marco Paganoni

Reporter israeliani in Qatar si sono sentiti rispondere “Israele non esiste, si chiama Palestina!”, riporta compiaciuta la Rassegna-stampa del Corriere della Sera

Gli abbonati al Corriere della sera – edizione digitale ricevono una “Rassegna stampa” quotidiana redatta da un gruppo di talentuosi giornalisti che con molto sussiego scrivono dei pezzi a tesi, citando qua e là da giornali italiani e stranieri.

Lunedì 12, pescando da varie fonti tra cui l’immancabile Ha’aretz, hanno dedicato un pezzo allo sfoggio di bandiere palestinesi da parte dei tanti tifosi arabi in visibilio per le performance della nazionale di calcio marocchina in Qatar. L’articolo fornisce – probabilmente al di là delle intenzioni – una sconfortante documentazione dell’odio che ancora oggi permea vaste folle arabe verso l’esistenza stessa di uno stato ebraico in Medio Oriente: una delle profonde e storiche ragioni del conflitto e della sua persistenza.

Quello che è abbastanza agghiacciante è il tono di compiacimento e malcelata soddisfazione che pervade tutto l’articolo, sin dall’incipit: “Ci avevano sperato eccome, gli israeliani: i Mondiali di calcio in Qatar come nuova tappa della progressiva ‘normalizzazione’ dei rapporti con il mondo arabo”. Si illudevano, i grulli, di poter passare “dalle intese politiche all’abbraccio tra popoli” e “avevano festeggiato come un trionfo la notizia del primo volo di sempre dall’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv a Doha”. “Ma la realtà sul campo – prosegue l’articolo della “Rassegna stampa” del Corriere – ha smentito qualsiasi speranza di ammorbidimento”. Loro malgrado gli israeliani hanno dovuto constatare che, con o senza Accordi di Abramo, “l’ostilità degli arabi nei loro confronti non è minimamente scalfita”. E così, gli sprovveduti reporter israeliani “che hanno provato ad avvicinare i tifosi come fanno gli inviati di qualsiasi altro paese del mondo” si sono visti voltare le spalle: “appena le persone avvicinate si rendono conto che l’intervistatore è israeliano, parte la contestazione: Israele non esiste, si chiama Palestina!”.

La nazionale del Marocco conta moltissimi sostenitori in Israele (dove vivono quasi un milione di ebrei di origine marocchina). Mercoledì la prima pagina del Jerusalem Post titola “Siamo tutti marocchini”, riprendendo le famose parole di re Mohammed V quando si oppose alla deportazione degli ebrei voluta dal regime di Vichy dicendo: “Nel mio paese non ci sono né ebrei né musulmani: siamo tutti marocchini”.

E ben gli sta, è il sottotesto di tutto l’articolo. Che aggiunge: “Lo smacco maggiore per Israele è venuto dai grandi protagonisti del torneo, i giocatori del Marocco … Vederli esporre la loro bandiera è stato per i palestinesi un trionfo politico, di immagine ed emotivo”. E “naturalmente, il gesto dei giocatori era la summa di manifestazioni analoghe in tutto il mondo arabo”.

Hai capito che fessi, questi ebrei d’Israele: ogni volta che qualche paese arabo sembra disposto a rappacificarsi con loro e a trattarli come cittadini “di qualsiasi altro paese del mondo”, e non come i reietti dell’umanità, loro ci sperano davvero e si entusiasmano: l’hanno fatto con l’Egitto, con la Giordania, con gli Emirati. L’hanno fatto anche con i palestinesi, i quali invece gli hanno sbattuto la porta in faccia.

L’incontenibile compiacimento per “lo smacco” di Israele (che a noi pare sgorghi da pulsioni inconfessabili), l’entusiasmo per le tifoserie arabe che “smettono di lanciarsi insulti a vicenda per cantare insieme Falastin, shuhada (Palestina terra di martiri)” vengono spiegati con la tesi di sempre: gli israeliani se lo meritano perché sono tanto malvagi da voler dominare/colonizzare/tormentare in santa pace i poveri palestinesi. E’ “la linea diplomatica seguita per decenni dallo stato ebraico”, sostiene l’articolo: “isolare i palestinesi e rendere irrilevante la loro causa attraverso accordi di pace separati con un numero sempre maggiore di stati arabi”.

Ovviamente la verità è che “per decenni” lo stato ebraico ha ripetutamente offerto generosi e rischiosi compromessi di pace ai palestinesi e i palestinesi li hanno ripetutamente rifiutati (continuando a praticare, finanziare, glorificare e inculcare odio, violenza e terrorismo). Ma questo non va mai detto: non sia mai che il lettore italiano possa capire un po’ meglio il punto di vista della stragrande maggioranza degli israeliani. Si ricorda invece puntualmente “la pace vera [sic] offerta dai sauditi nel 2002 … sempre respinta dagli israeliani”. Il riferimento è al bluff avanzato dai sauditi (per uscire dall’angolo in cui li aveva cacciati l’11 settembre): una proposta prendere-o-lasciare con cui Israele avrebbe dovuto accettare, fra l’altro, il cosiddetto diritto al ritorno dei profughi nella versione massimalista palestinese, che equivarrebbe alla cancellazione dello stato ebraico. Chissà perché l’hanno sempre respinta.

E così, col benestare dei nostri osservatori e commentatori, la causa palestinese torna ancora una volta utilissima per inebriare e stordire le popolazioni arabe. Che sventolino pure la bandiera palestinese, che diano libero sfogo all’ostilità per lo stato ebraico, e intanto cadano nell’oblio i lavoratori stranieri morti a migliaia, i diritti Lgbt negati, la repressione in Iran e ogni altra nefandezza che un regime come quello del Qatar ha tutto l’interesse a far dimenticare.

(Da: informazionecorretta.com, 14.12.22)