Né legge né ordine

Il diritto internazionale dirime con chiarezza la complessa questione degli scontri fra Israele e Gaza.

Da un editoriale del Jerusalem Post

image_1261Venerdì scorso un’esplosione sulla spiaggia di Gaza causava la morte di sette civili palestinesi. Sebbene non fosse immediatamente chiaro che cosa avesse causato l’esplosione, e nonostante l’annuncio che Israele che avrebbe avviato un’indagine, nulla ha impedito che si levasse subito da tutto il mondo un coro di condanne che unanimemente incolpavano Israele per quelle morti. Il dipartimento di stato americano, ad esempio, esprimeva il proprio rincrescimento per “l’uccisione e il ferimento di palestinesi innocenti a causa del fuoco d’artiglieria delle Forze di Difesa israeliane”. Il Foreign Office britannico dava voce alla propria profonda preoccupazione per “i morti causati da bombardamenti israeliani su civili”. Per non essere da meno, il ministero degli esteri francese diffondeva una dichiarazione in cui deplorava “il bombardamento israeliano su una spiaggia di Gaza…”. Anche India e Giappone si premuravano di incolpare esplicitamente Israele.
Forse la reazione più notevole è stata quella del segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, che ha chiesto un’indagine sull’incidente e sabato sera ha chiamato il primo ministro israeliano Ehud Olmert per chiedergli che Israele reagisse in modo proporzionato al fuoco da Gaza. A quanto risulta, Olmert gli ha replicato: “Perché non mi ha telefonato quando sono stati lanciati trenta razzi in poche ore su Israele, per dirmi che volevate un’indagine su questo?”. Sorprendentemente Annam ha risposto dicendo che non era al corrente di un così alto numero di lanci di Qassam. La situazione si è ulteriormente complicata martedì quando, alcune ore prima che Annan e il resto del mondo venissero a conoscenza dei risultati dell’inchiesta israeliana da cui risulta che le Forze di Difesa israeliane sono estranee all’esplosione di venerdì, Israele colpiva una cellula terroristica della Jihad Islamica che si apprestava a lanciare razzi Katyusha a lunga gittata tipo Grad: restavano uccisi tre terroristi, ma anche otto astanti palestinesi. Poco dopo Annan dichiarava di “dubitare” dei risultati dell’inchiesta israeliana sull’esplosione di venerdì, annunciando che avrebbe mandando un suo rappresentante ad indagare l’incidente sulla spiaggia. Annan chiedeva inoltre a Israele di “rispettare la vita umana e il diritto internazionale”.
Nonostante l’incalzare degli eventi, e proprio per la perdita davvero tragica di vite umane, suggeriamo con forza che la comunità mondiale, e per primo lo stesso Annan, facciano tesoro di questo suo ammonimento. Infatti è proprio il diritto internazionale che dirime con chiarezza quello che sembra l’inestricabile groviglio dei recenti sviluppi, sulla base di un fatto molto semplice: l’aggressione palestinese, sottoforma di continui lanci a freddo di razzi e missili, è il comportamento che porta la responsabilità per i fatti di cui stiamo parlando.
Il primo articolo della Carta delle Nazioni Unite prevede che l’Onu adotti “efficaci misure collettive per… reprimere gli atti di aggressione”. La Convenzione di Ginevra per la protezione dei civili in tempo di guerra proibisce attacchi indiscriminati, definiti come gli attacchi “che sono non sono diretti contro un obiettivo militare specifico”. E se questo bastasse per convincere la comunità internazionale del suo dovere di premere sui palestinesi affinché cessino le aggressioni, altri lumi possono venire dallo Statuto di fondazione della Corte Penale Internazionale, che conferisce alla Corte la giurisdizione su casi di “crimini di guerra” definiti, in parte, come gli “attacchi diretti intenzionalmente contro la popolazione civile”: Tutte queste norme trovano applicazione nel caso dei palestinesi che lanciano razzi e missili contro bersagli civili israeliani.
Ciò che è stato davvero “spiacevole” e “deplorevole” nei giorni scorsi è stata la totale mancanza di volontà a livello internazionale di applicare queste leggi ai palestinesi per la pioggia di razzi sui civili israeliani, e non la presunta mancanza di rispetto di queste leggi da parte di Israele.
La totale mancanza di fermezza nel chiamare i palestinesi a rispondere dell’osservanza di queste leggi internazionali si traduce in un abbandono del principio su cui tali leggi sono fondate che è quello di dissuadere l’aggressione. Finché le cose restano così – e il mondo chiude entrambi gli occhi sulle centinaia di razzi lanciati dalla striscia di Gaza da quando Israele dieci mesi fa si è ritirato – i palestinesi non saranno per nulla dissuasi dal fare continuo ricorso alla violenza.
Accogliamo con soddisfazione l’appello di Annan per un’indagine indipendente sulla tragica esplosione di venerdì alla spiaggia di Gaza. Ma Israele dovrebbe condizionare la propria collaborazione a questa inchiesta a una decisione da parte dell’Onu di condurre un’altra indagine parallela sugli attacchi di razzi palestinesi contro Israele, esigendo l’applicazione di tutte le misure del diritto internazionale per ogni provata violazione di tale diritto.
La comunità mondiale ha la possibilità di contribuire alla fine degli attacchi palestinesi attraverso la forza del diritto. In assenza di questa azione o di altre soluzioni, Israele dovrà continuare ad invocare il suo “diritto naturale di autodifesa” sancito dalla Carta dell’Onu.

(Da: Jerusalem Post, 14.06.06)

Nella foto in alto: il sindaco di Sderot Eli Moyal con un pezzo di missile Qassam caduto sulla città. Alle sue spalle, foto di cittadini di Sderot uccisi dagli attacchi di Qassam palestinesi.