Nel suo 17esimo anno di un mandato di quattro anni, Abu Mazen indirà nuove elezioni?

L’opinione pubblica palestinese è molto scettica circa la notizia dell’ennesima intesa tra Fatah e Hamas: “Non crederemo davvero alle elezioni fino al giorno dopo che si saranno tenute”

Di Khaled Abu Toameh

Khaled Abu Toameh, autore di questo articolo

Sabato scorso ricorreva il 16esimo anniversario delle seconde elezioni presidenziali palestinesi, quelle che videro Abu Mazen (Mahmoud Abbas) vincere con il 62,52% dei voti e diventare il secondo presidente dell’Autorità Palestinese dopo Yasser Arafat. Abu Mazen, che ora ha 85 anni, venne eletto per un mandato di quattro anni che è scaduto nel 2009. Da allora i palestinesi non hanno tenuto altre elezioni presidenziali, principalmente a causa della spaccatura tra la Cisgiordania e la striscia di Gaza, dovuta al feroce contrasto tra la fazione Fatah, che fa capo ad Abu Mazen, e Hamas che controlla la striscia di Gaza.

Di recente Abu Mazen ha subìto crescenti pressioni, soprattutto da parte della comunità internazionale, affinché consenta ai palestinesi di votare in nuove elezioni. Secondo la Legge Fondamentale palestinese, un presidente non può essere eletto per più di due mandati consecutivi.

Le prime elezioni presidenziali palestinesi si tennero il 20 gennaio 1996 (grazie all’Accordo ad interim del 1995, detto “Oslo Due”, firmato con Israele ndr). Allora Arafat sconfisse il suo unico rivale, Samiha Khalil, un politico del villaggio di Anabta (Cisgiordania nord), noto per le sue attività di beneficenza. Arafat ottenne l’87,1% dei voti mentre Khalil, candidato indipendente, ottenne solo il 12,9%. Yasser Arafat è deceduto l’11 novembre 2005. Nelle elezioni del gennaio 2005 Abu Mazen corse contro sei candidati: Mustafa Barghouti (da non confondere con Marwan Barghouti, all’ergastolo in Israele per pluri-omicidi terroristici, né con Omar Barghouti, co-fondatore del movimento BDS ndr), Tayseer Khaled, Bassam a-Salhi, Abdel Karim Shbeir, Hussein Baraka e Abdel Halim al-Ashqar. Mustafa Barghouti arrivò secondo con il 19,48% dei voti.

26 settembre 2019: il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) parla alla 74esima sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite

Mentre Abu Mazen inizia il 17esimo anno del suo mandato quadriennale, Fatah e Hamas stanno di nuovo discutendo della possibilità di indire elezioni generali, a fronte di una crescente apatia dell’opinione pubblica palestinese. I palestinesi non hanno più tenuto nemmeno elezioni parlamentari dopo quelle del 25 gennaio 2006, che videro Hamas prevalere sui rivali di Fatah. Il parlamento, noto come Consiglio Legislativo palestinese (creato in forza dell’Accordo ad interim del 1995 firmato con Israele ndr), è rimasto di fatto paralizzato a causa della violenta conquista della striscia di Gaza da parte di Hamas nel giugno 2007.

Negli ultimi 16 anni, Abu Mazen ha visto avvicendarsi quattro presidenti degli Stati Uniti: George W. Bush, Barack Obama, Donald Trump e Joe Biden. Dal 2005, Abu Mazen ha anche visto Israele tenere sette elezioni politiche generali. Dal 2009, anno in cui sarebbe dovuto decadere dalla carica, Abu Mazen ha ripetutamente espresso il desiderio di indire le elezioni così a lungo rinviate per la presidenza e il parlamento. Anche i suoi avversari di Hamas hanno affermato di voler tenere nuove elezioni. Negli ultimi 14 anni tutta una serie di successivi accordi di “riconciliazione” fra Fatah e Hamas hanno ogni volta sottolineato la necessità di tenere elezioni per presidenza e parlamento dell’Autorità Palestinese. Ma nessuno di quegli accordi è mai stato concretizzato.

Nel settembre 2019, parlando all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Abu Mazen annunciò che avrebbe fissato una data per le elezioni in Cisgiordania, Gerusalemme est e nella striscia di Gaza. “Fin dall’inizio, abbiamo sempre creduto nella democrazia come fondamento per la costruzione del nostro stato e della nostra società – dichiarò Abu Mazen in quell’occasione – Questo processo democratico è stato paralizzato dal colpo di stato di Hamas del 2007, il che costituisce una situazione intollerabile. Pertanto ho deciso che, al mio rientro da questo incontro internazionale, annuncerò una data per lo svolgimento delle elezioni generali in Palestina”. È passato più di un anno da quella promessa, ma Abu Mazen non ha ancora fissato una data per nuove elezioni.

25 gennaio 2006: il voto di Abu Mazen alle ultime elezioni che si sono tenute nell’Autorità Palestinese

Nel settembre 2020, esattamente un anno dopo il discorso di Abu Mazen all’Onu, Fatah e Hamas hanno annunciato d’aver raggiunto un accordo per indire le elezioni generali entro sei mesi. L’annuncio è stato dato dopo colloqui di “riconciliazione” tenuti a Istanbul da esponenti delle due fazioni rivali. All’inizio di questo mese, Abu Mazen ha annunciato d’aver ricevuto una lettera dal capo di Hamas, Ismail Haniyeh, riguardante le tanto attese elezioni generali. Secondo Abu Mazen, Hamas avrebbe accettato di tenere “elezioni democratiche con piena rappresentanza proporzionale”. Sempre secondo Abu Mazen, Hamas avrebbe anche accettato di tenere elezioni separate per la presidenza dell’Autorità Palestinese, per il Consiglio Legislativo palestinese (parlamento) e per il Consiglio Nazionale palestinese, organo legislativo dell’Olp (Organizzazione per la Liberazione della Palestina). Hamas aveva finora insistito perché le tre elezioni si svolgessero contemporaneamente. Sabato sera Abu Mazen si è incontrato con Hanna Nasir, presidente del Comitato Elettorale Centrale palestinese. Il Comitato ha dichiarato domenica che gli occorrono almeno 120 giorni per preparare le elezioni. Il segretario generale di Fatah, Jibril Rajoub, che ha guidato i colloqui di “riconciliazione” con Hamas, ha detto che Abu Mazen emetterà un decreto sulle elezioni, e dopo la pubblicazione del decreto i rappresentanti di diverse fazioni palestinesi, tra cui Fatah e Hamas, si incontreranno al Cairo per preparare le elezioni. Fonti vicine a Hamas esprimono “cauto ottimismo” riguardo alle prospettive di tenere nuove elezioni. Le fonti affermano che, quand’anche Abu Mazen emanasse “decreti presidenziali” che fissano le date delle elezioni, ci vorrebbero settimane, se non mesi, per superare tutta una serie di ostacoli.

Nel frattempo l’opinione pubblica palestinese rimane molto scettica su quest’ultimo accordo Fatah-Hamas per le elezioni generali. Molti palestinesi ritengono che né Abu Mazen né Hamas siano realmente interessati a indire nuove elezioni. “L’Autorità Palestinese non crede che Hamas permetterebbe elezioni libere e democratiche nella striscia di Gaza – dice al Jerusalem Post un esponente veterano dell’Olp – Hamas, d’altra parte, non crede che l’Autorità Palestinese permetterebbe ai rappresentanti di Hamas di candidarsi nelle elezioni in Cisgiordania”. Secondo Nabil Amr, ex ministro dell’Autorità Palestinese e ex direttore del giornale al-Hayat al-Jadida, l’esperienza ha insegnato ai palestinesi ad essere estremamente scettici riguardo alle elezioni: “Non crederemo che le elezioni si siano svolte davvero fino al giorno dopo che si saranno tenute – dice Amr – Aspettiamo un po’ per vedere se le elezioni si svolgeranno effettivamente o se troveranno altre scuse per non tenerle”.

In questa fase, non è chiaro se Abu Mazen abbia intenzione di candidarsi per una rielezione presidenziale. Alcuni esponenti palestinesi dicono che sarebbe un “disastro” per Fatah se Abu Mazen decidesse di presentarsi a capo della loro fazione nelle elezioni presidenziali, e indicano i recenti sondaggi d’opinione da cui risulta che la maggioranza dei palestinesi vuole che Abu Mazen lasci la carica. In un sondaggio pubblicato a dicembre dal Palestinian Center for Policy and Survey Research, il 66% degli intervistati chiedeva le dimissioni di Abbas. “Fatah ha bisogno di nuovi leader, nuovi volti – dice al Jerusalem Post un autorevole attivista di Fatah – Se correremo con gli stessi leader, allora che senso ha sprecare tempo, denaro ed energie per nuove elezioni?”.

(Da: Jerusalem Post, 9-10.1.21)