Nell’era della cyber-jihad

Hacker israeliani reagiscono a una serie di attacchi informatici arabi.

image_3338Una serie di attacchi da parte di vari hacker (pirati informatici) arabi contro siti web israeliani ha suscitato la reazione di hacker israeliani, scatenando negli ultimi giorni una sorta di cyber-guerra via internet.
Tutto è iniziato un paio di settimane fa quando un sedicente hacker saudita che si firma “0xOmar” ha attuato la sua minaccia di pubblicare sul web informazioni dettagliate su migliaia di carte di credito israeliane. Poi, lunedì scorso, un gruppo di hacker pro-palestinesi chiamato “Nightmare” (incubo), col quale “0xOmar” dice d’aver “fatto squadra”, ha attaccato e danneggiato i siti web israeliani della Borsa di Tel Aviv, della compagnia aerea El Al e della First International Bank. “Voglio colpire/danneggiare Israele in ogni modo possibile – ha scritto “0xOmar” in una e-mail inviata a YnetNews – Nessuno al mondo mi può arrestare, è impossibile trovarmi e io continuerò ad attaccare Israele. Aspettate e vedrete”.
Per tutta risposta, martedì sera un gruppo di hacker israeliani ha attaccato i siti web della Borsa Tadawul di Riyadh (Arabia Saudita) e della Borsa ADX di Abu Dhabi (Emirati Arabi Uniti). Sempre martedì, gli hacker israeliani hanno diffuso su internet una lista di migliaia di e-mail e password di Facebook sauditi. “Di solito non prendiamo di mira siti web innocenti – hanno comunicato gli hacker israeliani – ma questa è una cyber-guerra ed ogni guerra fa vittime. Se gli attacchi degli hacker sauditi continueranno, passeremo alla seconda fase, paralizzando i siti web per periodi più lunghi, settimane o anche mesi. Si considerino avvertiti”.
“La cyber-guerra è efficace”, ha proclamato mercoledì Tareq Mohammed Al-Suwaidan, eminente imam del Kuwait, sul suo account di Twitter che è seguito da più di 240.000 “follower”. Secondo Al-Suwaidan, i recenti attacchi informatici arabi a istituzioni finanziarie israeliane “sono efficaci esempi di jihad informatica che daranno grandi risultati, ad Allah piacendo; per cui – aggiunge – occorre unire gli sforzi di tutti gli hacker in un’unica rete di cyber-jihad [guerra santa] contro il nemico sionista”. Dal canto suo, Abdulrahman al-Kharraz, membro di un comitato anti-israeliano in Kuwait, ha espresso il proprio entusiasmo per gli attacchi elettronici contro Israele scrivendo che “gli ricordano Yahya Ayyash”, il terrorista palestinese di Hamas detto “l’ingegnere” che fu tra gli inventori delle cinture esplosive per attentati suicidi (e che morì nel 1996 per l’esplosione del suo cellulare).
“Quando sono state fatte trapelare le informazioni sulle carte di credito di cittadini israeliani mi sono infuriato, così ho deciso di passare all’azione e ho formato un gruppo di hacker pro-Israele per reagire alle minacce dirette contro Israele nelle ultime settimane”, ha scritto mercoledì su YnetNews un hacker israeliano che si firma Yoni. “Per trovare le persone disposte a partecipare all’attività del gruppo, che è illegale, c’è voluto più tempo del previsto – continua Yoni – La maggior parte delle mie richieste venivano respinte per una ragione: le leggi informatiche israeliane puniscono gli abusi on-line con una pena fino a cinque anni. Tuttavia, alla fine sono riuscito a mettere insieme un gruppo di persone che credono negli stessi principi e disposte a sacrificarsi, se necessario, pur di dare una risposta adeguata all’hacker saudita. Come squadra, siamo riusciti a dotarci di un ‘arsenale di risposte’. D’ora in poi, tutto quel che resta da fare è aspettare il momento giusto per utilizzare le informazioni in nostro possesso. Per me come leader del gruppo – conclude Yoni – è molto importante sottolineare che noi non operiamo contro nessuna nazionalità specifica, ma che sarà colpito chiunque agisca contro i principi del nostro gruppo, senza riguardo a sesso, religione o ideologia. Inoltre voglio sottolineare che ci dispiace per eventuali danni a innocenti, che cerchiamo di evitare il più possibile”.
Il ministro israeliano per i servizi di intelligence, Dan Meridor, ha criticato mercoledì gli attacchi a siti arabi da parte di hacker israeliani. “Non vi è nessuna prova concreta che gli hacker aggressori fossero davvero sauditi” ha detto Meridor a Israel Radio, ed ha aggiunto: “Iniziative individuali da parte di hacker israeliani per attaccare hacker sauditi o di qualunque altro posto sono inefficaci, e non devono essere fatte a nome di Israele”.
Nel frattempo, fonti dei servizi di sicurezza (Shin Bet) hanno spiegato a YnetNews che nessun sistema vitale on-line è stato compromesso dai recenti attacchi informatici a siti web israeliani. Secondo la National Information Security Authority, che opera per conto dei servizi di sicurezza, gli hacker non sono riusciti a penetrare nessun sistema infrastrutturale strategico come la Compagnia dell’Acqua, quella dell’Elettricità o sistemi di comunicazione. A differenza dei siti privati o anche di quelli usati dalle società di carte di credito, i sistemi infrastrutturali individuati dal governo come vitali godono di livelli di protezione e di crittografia ben più elevati, e sono costantemente monitorati dai servizi di sicurezza contro eventuali attacchi terroristi o tentativi di spionaggio, informatici o di altra natura.
“C’è differenza – spiega una fonte della sicurezza israeliana – fra qualcuno che penetra in un sito web israeliano e ne sostituisce per qualche ora la homepage con una pagina di slogan in arabo, o ruba dati di carte di credito, e qualcuno che penetrasse nei sistemi strategici che controllano l’acqua e l’energia, o nei miliardi di fondi statali. Certo, al giorno d’oggi non occorrono per forza i missili per spargere il terrore fra milioni di persone: basta riuscire a penetrare nei database classificati di un paese per causare danni potenzialmente catastrofici”.
“Un’escalation di attacchi informatici può diventare una vera minaccia per la stabilità di Israele, la guerra virtuale contro Israele è una minaccia concreta alla sicurezza – ha commentato lunedì il ministro per la diaspora, Yuli Edelstein – Non bisogna cadere nella paranoia, ma come abbiamo visto, qui si tratta di atti di violenza che mirano a destabilizzare Israele”.
“Le strutture strategiche non sono state colpite – ha confermato il ministro per il miglioramento dei servizi governativi, Michael Eitan – Ma il vero danno che questi attacchi possono provocare è una diminuzione del flusso di informazioni on-line, così come il traffico stradale si blocca quando c’è un incidente. Ma noi non dobbiamo permettere che questi hacker interrompano lo sviluppo informatico. Israele è un paese tecnologicamente avanzato e come tale può essere più vulnerabile a tali attacchi. Questo significa che le autorità di stato e di governo hanno il compito di preservare con estrema attenzione la sicurezza delle informazioni relative alle infrastrutture vitali”.

(Da: YnetNews, Ha’aretz, israele.net, 17-18.1.12)