Nessun rammarico per Soleimani

Purtroppo, a causa dell’estrema polarizzazione attuale, gli avversari politici di Trump trovano impossibile apprezzare qualunque sua scelta

Editoriale del Jerusalem Post

Qasem Soleimani

La decisione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di far uccidere Qasem Soleimani, comandante della Forza Quds iraniana, non dovrebbe essere considerata una mossa controversa, bensì una benaccetta decisione che libera il mondo da un terrorista responsabile della morte di migliaia di persone in giro per il globo.

La Forza Quds del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie islamiche iraniane si sta installando in Yemen, Iraq, Siria, Libano e altrove, realizzando il sogno della Repubblica Islamica di creare una “mezzaluna di potere” in tutta la regione, dal Mar Mediterraneo al Mar Rosso. Ovunque l’Iran acquisti potere, lo usa per il terrorismo. I suoi bersagli spaziano dall’atroce attentato del 1994 alla sede della comunità ebraica di Buenos Aires, che causò la morte di 85 persone, agli attacchi missilistici in corso dallo Yemen verso l’Arabia Saudita, le aggressioni alle petroliere nel Golfo Persico, il lancio sporadico di razzi sul versante israeliano delle alture del Golan, l’assalto all’ambasciata americana a Baghdad, gli attacchi alle basi militari statunitensi in Iraq. Herb Keinon, del Jerusalem Post, ha giustamente descritto la decisione di eliminare Soleimani come la scelta di colpire alla testa una piovra dai lunghissimi tentacoli terroristici.

È stata una scelta coraggiosa, da parte del presidente degli Stati Uniti, ed è stata la scelta giusta. Soleimani aveva superato i limiti, apertamente e vantandosene. Se Trump avesse ignorato questa realtà di fatto (come fece il presidente Barack Obama, che si girò dall’altra parte quando il dittatore siriano Bashar Assad sfidò apertamente la sua minaccia di intervenire se avesse usato ancora i gas contro i civili) non solo la capacità di deterrenza americana ne sarebbe risultata completamente compromessa, ma con ogni probabilità attentati e attacchi di matrice iraniana sarebbero continuati e peggiorati. L’uccisione mirata ha inviato all’Iran, e alle milizie terroristiche e ai regimi sanguinari da esso sostenuti, un chiaro messaggio: ora basta.

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È vero che ci si aspetta che l’Iran cercherà di vendicarsi, e non si sa quando, dove e a quale prezzo. Ma è altrettanto chiaro che se Soleimani avesse continuato a promuovere il suo terrorismo incontrollato, ciò avrebbe certamente comportato la morte di molte vittime innocenti. La decisione di Trump di uccidere Soleimani è in linea con la sua strategia di pressione sull’Iran, e fa seguito al suo ritiro dall’accordo sul nucleare del 2015 che aveva concesso all’Iran un enorme afflusso di denaro, usato dal regime per sostenere se stesso e finanziare il terrorismo, in cambio di un temporaneo rinvio dell’obiettivo di conseguire la capacità nucleare militare.

Non è tuttavia un segreto che il presidente americano ha uno stile proverbialmente imprevedibile. In questo caso, potrebbe essere un vantaggio. Il regime iraniano degli ayatollah sarà costretto a usare cautela nel decidere come agire dopo l’eliminazione di Soleimani: non possono sapere come reagirebbe Trump a ciò che pensano di fare. D’altra parte, può anche darsi che quella contro Soleimani si riveli un’azione unica nel suo genere, e che Trump non abbia la fibra necessaria per mantenere la pressione sull’Iran dopo una sua reazione di forza. Solo col tempo si vedrà.

Nel frattempo, purtroppo, a causa della polarizzazione diventata sempre più estrema negli anni di Trump, ai suoi avversari politici riesce impossibile apprezzare qualunque sua scelta. Il candidato presidenziale democratico Bernie Sanders e altri progressisti sono arrivati al punto di introdurre una legge volta a bloccare i finanziamenti per qualsiasi azione militare connessa con l’Iran senza autorizzazione congressuale. Sentimenti simili sono stati espressi da altri rappresentanti dell’opposizione americana che vedono solo il possibile rischio di guerra a seguito dell’uccisione di Soleimani. Ciò che ignorano è il rischio di guerra, altissimo e crescente, che esisteva sotto Soleimani, alimentato proprio dal generale terrorista. Come ha scritto il commentatore britannico Maajid Nawaz in un lungo tweet, coloro che si schierano contro l’uccisione mirata di Soleimani condannano senza mezzi termini “l’America nella regione” senza dire nulla sull’Iran nella regione. Bisognerebbe invece evitare di trasformare questo evento in una questione di parte (nonostante l’evidente tentazione di farlo, in un anno elettorale per l’America).

In Israele l’eliminazione di Soleimani è stata accolta con favore praticamente da tutto l’ampio spettro politico, compresi alcuni partiti arabi. Anche l’Arabia Saudita lo ha fatto, così come molte persone che si battono contro il funesto e dilagante controllo del regime iraniano sulla regione. Il regime iraniano può anche trasformare Soleimani in un martire, ma di certo non era un santo. E non dovrebbe essere compianto né rimpianto da nessuno che abbia un po’ di senso morale.

(Da: Jerusalem Post, 6.1.20)