Nessuna scusa per Amnesty

La più nota griffe mondiale per i “diritti umani” invoca di fatto la distruzione di Israele. Chi è d’accordo?

Da un editoriale del Jerusalem Post

image_2420Lunedì scorso Amnesty International, la più rinomata griffe internazionale per i “diritti umani”, ha invocato la distruzione di Israele. Stiamo esagerando? Ebbene, se le cose dovesse andare come ha chiesto Amnesty International, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu dovrebbe imporre un embargo globale sulla vendita di armi verso l’unico stato ebraico – Israele – senza tuttavia imporre un embargo analogo verso nessuno dei ventidue stati della Lega Araba né verso l’Iran. In poco tempo Israele si ritroverebbe nell’impossibilità materiale di difendersi da attacchi convenzionali e non convenzionali ad opera di stati ostili o di organizzazioni terroriste palestinesi o jihadiste.
Il pretesto per la richiesta di embargo è la controffensiva condotta dalle Forze di Difesa israeliane nella striscia di Gaza il mese scorso per costringere Hamas a porre fine ai suoi incessanti bombardamenti sulla popolazione del sud di Israele e alle sue aggressioni oltreconfine (come quella che portò al sequestro di Gilad Shalit, ancora in ostaggio nelle mani di Hamas dopo più di due anni e mezzo dal suo rapimento). Nel corso degli anni, coi suoi attentati terroristici Hamas ha ucciso centinaia di israeliani.
Alla testa della crociata anti-israeliana di Amnesty International pare esservi Donatella Rovera, la “principale ricercatrice del gruppo Israele/Palestina occupata”, con sede a Londra.
Sebbene Israele acquisti armi da molte fonti diverse, l’appello di Amnesty International per il boicottaggio è mirato in realtà all’amministrazione Obama: “L’offensiva militare israeliana a Gaza – sostiene Malcolm Smart, direttore di Amnesty International per il Medio Oriente – è stata condotta in gran parte con armi, munizioni ed equipaggiamenti forniti dagli Stati Uniti e pagati dal contribuente americano”.
Che sia per simulare un po’ di imparzialità, o forse perché realmente accecata da relativismo morale, Amnesty International trova il tempo di chiedere anche, en passant, un embargo delle armi verso Hamas (peraltro teoricamente già in vigore), confermandosi così del tutto incapace di distinguere fra Israele e Hamas, fra aggredito e aggressore: fra una democrazia occidentale, quantunque imperfetta, che onora la tolleranza, il governo rappresentativo, lo stato di diritto, il rispetto dei diritti delle minoranze, e un movimento islamista medioevale che mobilita le masse palestinesi all’odio, che insegna ai suoi figli a glorificare gli attentatori suicidi, che inculca una cultura politica che si esalta nel votarsi al disastro.
Amnesty International è un’organizzazione che fa molte cose buone. Molti dei suoi membri di base e dei suoi contribuenti sono sinceramente motivati dal desiderio di rendere il mondo un luogo migliore. Ma dietro questa ampia cerchia di benintenzionati operano dei quadri professionali sostenuti da finanziamenti politicamente motivati che, sospettiamo, abusano del buon nome di Amnesty. Questi quadri si affidano ad agenzie pubblicitarie e di public relations di livello mondiale che fanno uso della reputazione di Amnesty International nei diritti umani per scopi palesemente di parte.
Da tempo Amnesty International subisce forti pressioni interne perché si faccia promotrice di un boicottaggio anti-israeliano. Alcuni hanno insinuato che fossero gli ebrei dentro l’organizzazione ad impedire questa svolta. Francis Boyle, professore di diritto e attivista filo-Olp, ha detto: “C’è il potentissimo ruolo svolto dalla lobby israeliana su Amnesty negli Usa, e Amnesty vi si piega”. Evidentemente i “potentissimi” ebrei di Boyle sono stati zittiti.
Amnesty International non è un’anonima entità beatifica: è fatta di persone con le loro normali debolezze umane. Ora, chiunque sia collegato ad Amnesty deve dire se è realmente contrario al diritto di Israele di difendersi.
Dobbiamo presumere che il Segretariato Internazionale di Amnesty International – Irene Zubaida Khan, Paul Hoffman, Tony Klug, Susan Waltz, Jan Egeland, Menno Kamminga, Jaap Jacobson, Margaret Bedggood, Zbigniew Brzezinski, Neil Sammonds, Melvin Coleman – sia tutto favorevole all’embargo contro le armi con cui Israele si difende?
Amnesty International riceve soldi da fondazioni come il Sigrid Rausing Trust (che finanzia anche l’organizzazione israeliana per i diritti umani B’Tselem). Davvero Sigrid Rausing desidera che Israele si ritrovi disarmato davanti a Iran, Hezbollah e Hamas? Davvero è quello che vogliono i membri del suo Comitato, Josh Mailman, Susan Hitch, Andrew Puddephat and Geoffrey Budlender?
Anche la MacArthur Foundation, meglio conosciuta per i suoi “premi dell’ingegno”, finanzia Amnesty. Non abbiamo idea se il suo Comitato – Robert E. Denham, Lloyd Axworthy, John Seely Brown, Jonathan F. Fanton, Jack Fuller, Jamie Gorelick, Mary Graham, Donald R. Hopkins, Will Miller, Mario J. Molina, Marjorie M. Scardino, Claude M. Steele – gradirebbero ciò che potrebbe accadere a sei milioni di ebrei israeliani se Amnesty riuscisse a ottenere il suo embargo contro Israele.
L’attore Nicolas Cage, anch’egli un importante benefattore di Amnesty, appoggia l’appello per questo embargo?
Una buona fetta dei soldi di Amnesty vengono dal suo stesso Comitato americano: Steve Abrams, Jeff Bachman, Simon Billenness, Jessica Morris Carvalho, Mayra Gomez, Rick Halperin, Theresa Harris, Shahram Hashemi, Bill Jones, Frank Kendall, Carole Nagengast, Christianna Nichols Leahy, Dennis Nurkse, Phyllis Pautrat, Aniket Shah, Barbara Sproul, Bret Thiele e Diego Zavala. Chi di questi sarà il primo a pronunciarsi contro l’immorale appello inteso a lasciare Israele disarmato in balia dei suoi mortali nemici?
Nel momento in cui chiede a Stati Uniti e Nazioni Unite di derubare Israele della sua vitale capacità di difendersi, Amnesty International parla anche a nome di tutti i suoi leader e benefattori. Il silenzio è acquiescenza. In alternativa, che si dissocino da uno dei più grossi errori di giudizio commessi da Amnesty International.

(Da: Jerusalem Post, 24.02.09)