Netanyahu a un passo dalla nuova coalizione

Accordo sull'abolizione delle esenzioni al servizio di leva, ultra-ortodossi all'opposizione.

image_3680Dopo una lunga maratona di negoziati, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (Likud), il presidente di Yesh Atid (C’è futuro) Yair Lapid, il leader di Habayit Hayehudi (Casa ebraica) Naftali Bennett e il presidente di Yisrael Beitenu (Israele nostra casa) Avigdor Lieberman hanno convenuto lunedì che il prossimo governo israeliano sarà composto da 20 ministri e otto viceministri, oltre al primo ministro.
Fonti di Yesh Atid hanno confermato che sono stati fatti passi avanti nella difficile trattativa sul numero di ministri di quello che sarà il 33esimo governo del paese. Lungo tutti i negoziati, il partito di Lapid aveva insistito perché il numero dei ministri venisse ridotto, chiedendo inizialmente di non superare il massimo di 18. All’inizio della scorsa legislatura il governo israeliano era formato da 31 ministri (compreso Netanyahu) e nove viceministri. Attualmente il governo uscente è composto da 29 ministri e sette viceministri.
Il Likud ha accettato una significativa riduzione del numero di ministri, rispetto ai 26 cui puntava all’inizio, a condizione che la maggior parte di essi venga assegnata al partito di maggioranza. La decisione, che rischia di non garantire abbastanza posti per vari ministri uscenti del Likud come Silvan Shalom, Yisrael Katz, Gilad Erdan, Yuval Steinitz e Limor Livnat, ha suscitato vivaci proteste anche da parte di diversi parlamentari della generazione più giovane che si erano posizionati bene nelle primarie del partito, come Miri Regev, Danny Danon e Tzipi Hotovely, e che per questo avevano coltivano ambizioni ministeriali.
HaTnuah (Il Movimento) di Tzipi Livni, l’unico gruppo che ha già firmato da una ventina di giorni un accordo di coalizione, dovrà forse rinunciare a uno dei due ministeri promessi (l’ambiente per Amir Peretz) e accontentarsi di quello della giustizia per Livni.
Il Likud vorrebbe confermare Gideon Sa’ar all’istruzione sostenendo che passarlo a Shai Piron di Yesh Atid, che ha fatto dell’istruzione uno dei temi centrali della sua campagna elettorale, creerebbe un problema con il sistema delle scuole religiose ultra-ortodosse. Likud Beitenu si aspetta che Yesh Atid rinunci al ministero dell’istruzione avendo già ottenuto molto di quello che chiedeva nelle trattative per la coalizione: un governo senza partiti haredi (ultra-ortodossi), un portafoglio importante, una riduzione del numero dei ministri.
Secondo una recente intesa, Lapid andrebbe a guidare il ministero delle finanze, mentre Benett diventerebbe ministro del lavoro, commercio e industria.
Nel frattempo la leader del partito laburista Shelly Yacimovich ha dichiarato a una riunione nel suo gruppo che potrebbe riconsiderare un ingresso nella coalizione di governo in caso di significativi progressi sul piano diplomatico, soprattutto in occasione della imminente visita ufficiale del presidente Usa Barack Obama. “Ho garantito al primo ministro che può contare su 15 voti dell’opposizione che sosterranno ogni iniziativa in direzione di un accordo con i palestinesi – aveva già affermato giovedì scorso la leader laburista – Non credo che accadrà, ma se alla vigilia di un accordo il partito di Bennett dovesse uscire dal governo, entreremmo noi. Noi non saremo i responsabili di un ritardo negli sviluppi storici che ci possano avvicinarci a una pace con i nostri vicini: non saremo noi quelli che impediscono un accordo. Fino ad allora, continueremo ad essere un’opposizione combattiva”.
Circa il merito della linea di governo, domenica sera è stato raggiunto un accordo di massima sulla riforma per “l’equa ripartizione degli oneri” fra i cittadini. Sarebbe tuttavia ancora da appianare l’esatta formulazione della legge per l’abolizione delle esenzioni automatiche dal servizio civile e militare che il nuovo governo dovrebbe portare al voto poco dopo la sua formazione.
L’alleanza fra Bennett e Lapid rimane molto forte. Secondo fonti di Bayit Yehudi, Bennett avrebbe convinto Lapid a rinunciare al ministero degli esteri (che verrebbe riservato per un eventuale futuro rientro di Avigdor Liberman, qualora venisse assolto nel processo per corruzione che lo vede attualmente coinvolto), e ad accettare il ministero delle finanze che Bennett avrebbe voluto per sé, pur di arrivare all’accordo di coalizione. Nel frattempo, giacché probabilmente Bennett affiancherà al proprio incarico quello di ministro della diplomazia pubblica, fonti del Likud esprimono il timore che egli possa diventare un ministro degli esteri di fatto.
Il ministero della difesa dovrebbe andare all’ex capo di stato maggiore Moshe Ya’alon (Likud), mentre Shaul Mofaz, di Kadima (Avanti), potrebbe diventare ministro del welfare.
La coalizione comprenderebbe dunque Likud-Israel Beitenu (31 seggi al parlamento), Yesh Atid (19 seggi), Casa ebraica (12), HaTnuah (6) e Kadima (2), per un totale di 70 parlamentari (su 120).
I laburisti, con 15 seggi, guiderebbero l’opposizione che comprenderebbe anche, fra gli altri, i due partiti ultra-ortodossi: Shas, con 11 seggi, e Yahadut HaTorah HaMeukhedet (Ebraismo Unito della Torah), con 7 seggi.
Netanyahu ha tempo fino al 16 marzo, ma nonostante le ultime divergenze da appianare, molti segnali indicano che la coalizione potrebbe essere varata già nelle prossime ore.

(Da: YnetNews, Jerusalem Post, Times of Israel, 11.3.13)

Nelle foto in alto (da sinistra): Yair Lapid, Benjamin Netanyahu, Naftali Bennett