Netanyahu: Il mondo riconosca la necessità della smilitarizzazione palestinese

Non occorrono truppe straniere, basta garantire l’attuazione di un principio

di Herb Keinon

image_2530Le garanzie internazionali che Israele chiede per assicurarsi che il futuro stato palestinese rimanga smilitarizzato non significano l’introduzione di truppe straniere. Lo ha chiarito il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu nella riunione di governo di domenica scorsa.
Sviluppando il suo discorso del 14 giugno 2009 all’Università Bar-Ilan nel quale aveva detto che saranno necessarie garanzie internazionali per assicurare che un futuro stato palestinese sia realmente smilitarizzato, Netanyahu ha specificato che ciò che Gerusalemme vuole è l’approvazione internazionale del principio per cui Israele avrà il diritto di agire come ritiene necessario per garantire il carattere realmente smilitarizzato del futuro stato vicino. “Abbiamo bisogno di misure concrete ed efficaci per garantire la smilitarizzazione – ha spiegato Netanyahu – Quelle attualmente in atto in Libano e nella striscia di Gaza non sono concretamente efficaci”.
Il primo ministro ha affermato che Israele desidera il riconoscimento internazionale del concetto di uno stato palestinese smilitarizzato allo scopo di evitare una situazione che vedesse Israele ritirarsi da territori con l’intesa che rimangano smilitarizzati e i palestinesi violare ben presto l’accordo, per poi condannare tutti Israele quando questi fosse costretto a tornare nei territori palestinesi per distruggere quelle armi.
Netanyahu ha sottolineato che la sicurezza di Israele non può essere salvaguardata senza il principio della smilitarizzazione, e che d’altra parte la smilitarizzazione non sminuisce per nulla l’autodeterminazione dei palestinesi. “Non capisco perché, per esercitare la loro autodeterminazione, i palestinesi abbiano bisogno di razzi Grad e Qassam – si è chiesto Netanyahu – Capisco che hanno bisogno di una polizia e di un forte apparato di sicurezza, cosa che già ora noi incentiviamo; ma che bisogno hanno di carri armati, artiglieria e missili?”
Facendo chiaramente riferimento alla situazione nella striscia di Gaza, Netanyahu ha detto che Israele, sulla base dell’esperienza fatta, ha tutto il diritto di esigere che il futuro stato palestinese sia smilitarizzato.
Nella stessa riunione di governo, il ministro delle finanze Yuval Steinitz ha dichiarato che qualunque progresso con l’Autorità Palestinese nei negoziati sulla Cisgiordania deve prevedere anche la reversibilità della situazione nella striscia di Gaza, con il disarmo e la smilitarizzazione pure di quel territorio. Secondo Steinitz, si stabilirebbe un pericoloso precedente se i negoziati facessero passi avanti con l’Autorità Palestinese sulla Cisgiordania senza alcuna smilitarizzazione della striscia di Gaza. Uno stato palestinese smilitarizzato, ha specificato il ministro, significa anche una striscia di Gaza smilitarizzata.
Circa la richiesta che i palestinesi riconoscano Israele come stato nazionale del popolo ebraico, Netanyahu ha detto che si tratta di una misura necessaria per garantire che qualunque accordo raggiunto ponga definitivamente termine ad ogni ulteriore rivendicazione palestinese nei confronti di Israele.
Netanyahu ha tuttavia aggiunto che né il carattere smilitarizzato dello stato palestinese né il riconoscimento di Israele come stato ebraico costituiscono delle precondizioni per l’avvio di colloqui immediati con i palestinesi. Israele, ha detto, non pone precondizioni e si aspetta che lo stesso valga per i palestinesi.
Intervenendo alla stessa riunione di governo dedicata al discorso di Netanyahu del 14 giugno, il vice primo ministro Moshe Ya’alon ha detto che, negli ultimi sedici anni, i vari governi israeliani hanno creato di fatto “una pericolosa asimmetria” lasciando che si parlasse di “diritti” palestinesi su questa terra, mentre Israele parlava solo della sua “sicurezza”. Secondo Ya’alon, Israele deve parlare anche del diritto degli ebrei sulla terra. Gli arabi, ha detto, hanno il diritto di vivere in qualunque parte di questo paese, dalla Galilea al Negev, mentre nelle discussioni politiche si dà per scontato che alla fine vi saranno intere regioni, come è già il caso della striscia di Gaza, nelle quali agli ebrei sarà proibito vivere: veri e propri territori “judenrein”. Ya’alon ha concluso affermando che occorre rimuovere la convinzione che, in era di pace, gli ebrei saranno costretti a lasciare tutti le regioni di Giudea e Samaria (Cisgiordania) e che, per esempio, degli ebre non possano vivere a Beit El sotto sovranità palestinese.

(Da: Jerusalem Post, 22.06.09)