Netanyahu promette la rotazione fra 18 mesi, Blu-Bianco lo accusa di bluffare

La crisi da coronavirus ha colto Israele nel mezzo di una delle situazioni politiche più precarie della sua storia

Di Raoul Wootliff

Raoul Wootliff, autore di questo articolo

Seduto nello studio della tv Canale 12 a debita distanza dall’intervistatrice Dana Weiss, sabato sera il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è apparso inequivocabile nel suo appello al leader di Blu-Bianco, Benny Gantz, a partecipare a un governo di unità nazionale per affrontare la crisi da coronavirus. Netanyahu ha pregato il suo rivale di unirsi a lui in un “governo d’emergenza” per contribuire a “salvare Israele” dal virus, e ha ribadito che è pronto a condividere il potere su un piede di parità per tre anni, anche se ha insistito per essere il primo a ricoprire la carica di premier per i primi 18 mesi, per poi passare le consegne e Gantz. Ben conoscendo la profondità diffidenza che divide i due rivali e i rispettivi sostenitori, Dana Weiss ha chiesto a Netanyahu se era disposto a impegnarsi a rispettare l’accordo guardando dritta la telecamera. “Al cento per cento” ha detto Netanyahu fissando gli spettatori attraverso l’obiettivo. Cederà davvero il timone nel settembre 2021, come previsto in questo eventuale accordo? E Netanyahu: “Cederò il potere esattamente nel giorno che avremo concordato: senza trucchi e senza inganni”.

La solenne promessa può aver convinto alcuni spettatori, ma non ha fatto breccia in quello che doveva essere il principale obiettivo. Il primo ministro sta bluffando, hanno detto domenica autorevoli fonti di Blu-Bianco a Times of Israel. E hanno aggiunto, smentendo quanto affermato da Netanyahu nella trasmissione: “Non c’è una vera offerta di unità, non ci sono trattative e restiamo profondamente scettici sul fatto se Netanyahu voglia davvero un governo di unità o stia solo facendo manovre politiche”. Secondo alcuni esponenti di Blu-Bianco, quello che Netanyahu sta cercando di fare e dividere il fronte avversario imponendogli una sorta di ultimatum, mentre in realtà è “ossessionato” dal fatto di mantenere almeno un certo controllo sul Ministero di giustizia. Gli avversari di Netanyahu lo accusato di voler mantenere il potere per cercare di salvarsi dal processo che incombe su di lui per tre presunti casi di corruzione e abuso d’ufficio.

Il leader del Likud Benjamin Netanyahu (a destra) e il leader del partito Blu-Bianco Benny Gantz, alla Knesset l’anno scorso durante la cerimonia per i 24 anni dall’assassinio del primo ministro Yitzhak Rabin

Dal canto suo, Blu-Bianco vorrebbe approvare rapidamente in parlamento una legge che impedisca a un politico sotto processo di servire come primo ministro. Per promuovere tale disegno di legge, Blu-Bianco vuole destituire il presidente della Knesset, Yuli Edelstein (un membro del Likud eletto nella legislatura precedente). Edelstein ha sospeso fino a lunedì i lavori della Knesset a causa dell’emergenza sanitaria, un provvedimento che ha aperto una vera e propria crisi istituzionale, con proteste e appelli alla Corte Sprema. Netanyahu ha detto che se lunedì Blu-Bianco insisterà per la sostituzione di Edelstein, ciò porrà fine a qualsiasi prospettiva di unità nazionale aprendo la strada a una quarta tornata di elezioni ravvicinate. E’ appunto quello che le fonti di Blu-Bianco definiscono con sdegno un “ultimatum”, mentre Netanyahu ritorce l’accusa sostenendo che Blu-Bianco rifiuta la sua offerta perché vuole “approvare leggi che impediscano la formazione di un governo in modo da poter tenere elezioni di lusso in cui non ci sarà nessuno a competere contro Benny Gantz”.

In effetti, la crisi da coronavirus ha colto Israele nel mezzo di una delle situazioni politiche più precarie della sua storia. Nelle elezioni del 2 marzo, le terze nel giro di dodici mesi, il Likud di Netanyahu ha ottenuto 36 seggi alla Knesset contro i 33 del rivale Blu-Bianco, ma il blocco destra+ultraortodossi guidato dal Likud ancora una volta non è riuscito a raggiungere la maggioranza. Sulla carta, nonostante il successo personale di Netanyahu, Gantz ha ottenuto il sostegno di 61 parlamentari su 120, e il 16 marzo il presidente Reuven Rivlin gli ha affidato l’incarico di formare la nuova coalizione di governo. In teoria Gantz potrebbe formare una coalizione con i partiti che hanno promesso di deporre Netanyahu. Ma per farlo risultano determinanti i 15 parlamentari eletti nella Lista (araba) Congiunta, una formazione largamente considerata “anti-sistema” nello scenario politico israeliano e per questo soggetta finora ad una sorta di conventio ad excludendum che lo stesso Gantz aveva ribadito prima delle elezioni. Non mancano, nello schieramento anti-Netanyahu, voci fortemente critiche verso questa eventuale alleanza, come i deputati di Blu-Bianco Zvi Hauser e Yoaz Hendel e la deputata Orli Levy-Abekasis eletta nella lista Laburisti-Gesher-Meretz.

In sostanza, un governo di minoranza con l’appoggio esterno della Lista (araba) Congiunta, nel bel mezzo della crisi da pandemia globale, verrebbe percepito da una parte considerevolissima dell’elettorato, compresa una parte dell’elettorato anti-Netanyahu, come una scelta altamente irresponsabile. Una scelta che potrebbe costare cara al partito di Gantz in un’elezione futura, magari nemmeno tanto lontana vista l’instabilità intrinseca di una tale coalizione.

(Da: Times of Israel, israele.net, 22.3.20)