Netanyahu sostiene il cessate il fuoco: “E’ la cosa giusta da fare, anche se impopolare”

Ma il ministro della difesa Lieberman si dimette, accusando il governo di “capitolazione di fronte al terrorismo”

Il ministro della difesa Avigdor Lieberman e il primo ministro Benjamin Netanyahu

Hamas “ha implorato” il cessate il fuoco e “sa molto bene il perché”. Lo ha affermato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu mercoledì mattina parlando a Sde Boker in occasione di una cerimonia in memoria di David e Paula Ben-Gurion. Netanyahu ha spiegato di non poter entrare nei dettagli dei piani di Israele circa la situazione a Gaza. “Ma stabiliremo noi le condizioni – ha aggiunto – e la tempistica giusta per Israele e per la sicurezza dei nostri abitanti”.
Netanyahu, che è stato criticato dalla destra e da alcune centinaia di abitanti del sud scesi in strada martedì sera per protestare contro quella che ritengono una risposta militare troppo debole all’ennesima ondata di attacchi di Hamas da Gaza, ha portato ad esempio il fondatore dello Stato. “Nei momenti difficili – ha detto Netanyahu – Ben-Gurion prese decisioni fatali. A volte lo fece andando contro l’opinione pubblica, ma col tempo quelle decisioni si sono rivelate corrette. In tempi normali un leader deve prestare attenzione ai sentimenti della gente, e noi siamo una nazione saggia. Ma nei momenti di crisi, nel momento delle decisioni fatidiche in materia di sicurezza, il pubblico a volte non può essere messo a parte di considerazioni decisive che devono essere tenute nascoste al nemico. In questi momenti – ha concluso Netanyahu – esercitare la leadership non significa fare la cosa facile, ma fare la cosa giusta anche se è difficile. Esercitare la leadership significa resistere alle critiche quando si conoscono cose segrete e sensibili che non si possono condividere con tutti i cittadini del Paese e, in questo caso, con gli abitanti del sud, che apprezzo moltissimo e a cui sono vicino. Ho a cuore le loro parole ma, insieme ai responsabili dei vari rami della Difesa, ho davanti agli occhi un quadro più ampio, e non posso sempre condividerlo con il pubblico”.
(Da: Jerusalem Post, 14.11.18)

Una casa israeliana colpita martedì da razzi palestinesi ad Ashkelon

Il ministro della Difesa Avigdor Lieberman ha annunciato mercoledì le sue dimissioni e ha chiesto che vengano indette elezioni anticipate il prima possibile. Lieberman ha detto che tutti i membri del suo partito, Yisrael Beiteinu, lasceranno la coalizione. Le sue dimissioni diventeranno effettive venerdì. “Non ho cercato pretesti per lasciare – ha detto Lieberman in una conferenza stampa – Anzi, ho cercato di rimanere un leale membro del governo e di mantenere le differenze all’interno”. Ma i due eventi critici, ha spiegato, sono stati i milioni di dollari in contanti  consegnati dal Qatar a Gaza, dei quali ha detto che è impossibile garantire che non vengano usati a scopi terroristici, e il cessate il fuoco con Hamas che Israele ha accettato martedì. “Una vera e propria capitolazione al terrorismo – ha affermato Lieberman – Quello che stiamo facendo è guadagnare un po’ di calma a breve termine al prezzo della nostra sicurezza a lungo termine. La nostra risposta (agli attacchi di Hamas) è stata come minimo debole e inadeguata. Avremmo dovuto subordinare qualsiasi progresso su Gaza a due condizioni: il ritorno degli israeliani trattenuti a Gaza e la cessazione degli scontri al confine”. Lieberman ha aggiunto che non aveva condiviso anche il rinvio deciso da Netanyahu dello sgombero del villaggio beduino abusivo di Khan al-Ahmar, sancito dall’Alta Corte di Giustizia.
L’uscita di Yisrael Beiteinu (che conta 5 seggi in parlamento) lascia il governo Netanyahu con una risicata maggioranza alla Knesset (61 seggi contro 59). Un altro partner chiave della coalizione, il partito HaBayit HaYehudi guidato dal ministro dell’istruzione Naftali Bennett, ha minacciato di abbandonare se non gli verrà attribuito il dicastero della Difesa lasciato vacante da Lieberman.
(Da: Ha’aretz, Times of Israel, Israel HaYom, 14.11.18)

Yoav Limor

Scrive Yoav Limor: La decisione del governo di evitare la guerra a Gaza è legittima, anche se molti israeliani la ritengono sbagliata. Vi sono sufficienti ragioni per non farsi trascinare in una grande operazione militare: il timore di un coinvolgimento prolungato che si tradurrebbe in molte vittime e vaste distruzioni, la volontà di non distogliere l’attenzione strategica dal settore settentrionale e, naturalmente, il rischio di ritrovarsi “il giorno dopo” esattamente come prima, se non peggio.

Il governo avrebbe dovuto spiegare tutto questo al pubblico. Non farlo ha incrementato il senso di frustrazione, per non parlare della sensazione che Hamas possa cantare vittoria (certo, nel regime di Hamas nessun dirigente verrà mai chiamato a rispondere politicamente delle guerre in cui trascina la propria gente, ndr). E praticamente tutti, in Israele, specialmente i residenti delle comunità vicine al confine con Gaza, pensano che un prossimo ciclo di violenze sia solo questione di tempo.

L’interno di un appartamento di Ashkelon colpito martedì da razzi palestinesi

La situazione sul terreno è tuttavia più complessa. Hamas ha subìto molti più colpi di quelli che ha inferto e ha perso molte risorse importanti. I suoi capi se la sono cavata solo grazie alla decisione israeliana di non colpire i loro nascondigli perché farlo avrebbe messo in pericolo troppi civili innocenti. Ma Hamas può anche vantare dei risultati, in particolare il numero considerevolmente alto di proiettili che il sistema di difesa “Cupola di ferro” non è riuscito a intercettare. Tra lunedì e martedì sono stati lanciati da Gaza quasi 500 razzi e colpi di mortaio: 100 sono stati intercettati, più di 200 sono caduti su aree non edificate, ma 30 si sono abbattuti su aree urbane, principalmente ad Ashkelon e Sderot (causando un morto e decine di feriti). Altri razzi sono ricaduti all’interno della striscia di Gaza. Molto preoccupante anche il riuscito lancio di un potente missile anti-carro contro un autobus dell’esercito israeliano (che sembrava civile e che Hamas credeva pieno di gente, ndr) nei pressi del kibbutz Kfar Aza. Tutti elementi che la Difesa israeliana dovrà studiare alla svelta e porvi rimedio. Per contro, la vampata di scontri ha visto le forze israeliane impedire con successo altre “sorprese” di Hamas, come l’uso di droni o di tunnel per infiltrazioni terroristiche.
Complessivamente le Forze di difesa israeliane hanno esercitato grande moderazione. Tutti i raid aerei sono stati preceduti da avvertimenti per ridurre al minimo le perdite e contenere così la fiammata entro le dimensioni di un incidente estinguibile in poche ore. Il cessate il fuoco meditato dall’Egitto sarà subito messo alla prova questo venerdì, durante le settimanali manifestazioni al confine. Negli ultimi giorni Israele aveva intimato ai palestinesi di non avvicinarsi alla barriera di confine per cercare di ristabilire un perimetro di sicurezza ed evitare scontri. C’è il rischio che gli attivisti di Hamas cerchino di sfidare questo limite, causando nuove violenze. Il “cessate il fuoco” testerà anche la capacità di Hamas di arginare il terrorismo incendiario.
Resta dolorosamente aperta la questione degli israeliani trattenuti a Gaza come ostaggi (tre civili con problemi mentali che vi sono entrati di propria volontà – Abera Mengistu, Hisham al-Sayed e Jumaa Ibrahim Abu-Ghanima – e le salme di due soldati – Oron Shaul e Hadar Goldin – caduti nella guerra anti-terrorismo dell’estate 2014 ndr), così come la questione dei fondi per Gaza. Sicuramente le violenze torneranno a scatenarsi se Hamas si ritroverà di nuovo con un disperato bisogno di denaro. Ma permettere un’altra consegna di contanti dal Qatar a Hamas apparirebbe come un aiuto a Hamas per ricostituire le sue infrastrutture terroristiche.
Tutti questi fattori garantiscono che il rompicapo Gaza continuerà ad accompagnarci per un bel pezzo. Israele continuerà a spegnere incendi, sia in senso letterale che metaforico: una politica legittima, ma anche pericolosa. Si può solo sperare che la decisione di non cambiare politica in questo momento, seppure a costo di indebolire la deterrenza israeliana, non si riveli un errore.
(Da: Israel HaYom, 14.11.18)

Martedì sera, mentre era in corso un dibattito del Consiglio di Sicurezza su Gaza (convocato da Kuwait e Bolivia e conclusosi senza un testo concordato), l’ambasciatore d’Israele all’Onu, Danny Danon, ha fatto ascoltare ai giornalisti la sirena d’allarme israeliana. “Ogni volta che Hamas spara un razzo – ha detto Danon – ecco cosa sentono i bambini a scuola, gli adulti al lavoro, le famiglie in Israele”. Danon ha criticato con forza i membri del Consiglio di Sicurezza che vorrebbero incolpare Israele per la recente ondata di violenze scatenata dal gruppo terroristico Hamas, e ha respinto qualunque tentativo di invitare alle moderazione “entrambe le parti”. “Non c’è niente del tipo ‘entrambe le parti’ – ha detto Danon – C’è Hamas che attacca e spara più di 460 missili contro i civili, e c’è Israele che difende la propria popolazione”. Il Consiglio di Sicurezza, ha concluso Danon, deve condannare unicamente Hamas per il suo violento attacco contro i civili.

“Il Consiglio di Sicurezza sta tenendo una discussione a porte chiuse sull’escalation terroristica a Gaza. Per tutta la giornata di ieri e durante la notte scorsa, mentre voi dormivate, i terroristi di Hamas hanno sparato su Israele almeno 460 razzi. Ogni volta che Hamas spara un razzo, le famiglie hanno solo 15 secondi di tempo per trovare i loro cari e correre in un rifugio. Ogni volta che Hamas spara un razzo, ecco cosa sentono i bambini a scuola, gli adulti al lavoro, le famiglie in Israele. … Mettiamolo bene in chiaro: non c’è niente del tipo ‘entrambe le parti’. C’è Hamas che attacca e spara 460 missili contro i civili e c’è Israele che difende la propria gente. Oggi il Consiglio di Sicurezza deve condannare solo Hamas”.