Noladeti laShalom, nato per la pace

Israele, il paese dove la prima canzone che insegnano all’asilo ti dice che sei nato per vivere nella pace

Di Shany Lousky-Levy

Shany Lousky-Levy, autrice di questo articolo

Come molti israeliani, questo periodo dell’anno è il mio momento bein hameitsarim, giorni stretti fra dolore e riflessione: fra Yom HaShoà, la giornata dedicata alla memoria dell’Olocausto, e otto giorni dopo Yom HaZikaron, la giornata dedicata alla memoria dei caduti, seguita istantaneamente – in una passaggio ad altissima carica emotiva – dalla gioia di Yom HaAtzmaut, la giornata dell’Indipendenza.

Ogni anno è una sfida impegnativa da affrontare e, come per ogni israeliano, ogni aspetto di questo periodo porta con sé un proprio specifico bagaglio. Ma quest’anno, per me, il passaggio si è rivelato particolarmente difficile.

Sono una orgogliosa ex ufficiale per l’addestramento al combattimento della Brigata Paracadutisti, e ho prestato servizio nella riserva come legale nell’ufficio di collegamento dell’amministrazione israeliana dei Territori. Oggi sono una fiera mamma di bellissimi gemelli, ai quali ho promesso fin dal primo giorno che, quando saranno grandi, non dovranno servire nell’esercito perché lo stato d’Israele sarà in pace con tutti i suoi vicini.

Quest’anno, i miei bambini hanno imparato a comunicare e adorano cantare. Stanno imparando le canzoni per il Giorno dell’Indipendenza. Mentre stavamo rincasando dall’asilo, hanno iniziato a cantare spensieratamente Ani noladeti laShalom (“Sono nato per la pace”). Mi sono venute le lacrime agli occhi. E’ la prima canzone che appresi a scuola, appena immigrata in questo paese dalla Francia quando avevo 7 anni. Allora mio padre mi aveva fatto la stessa promessa che ho fatto ai miei figli: che a 18 anni avrei potuto scegliere se entrare nell’esercito oppure no, perché per allora avremmo avuto la pace con tutti i nostri vicini. Come poteva essere altrimenti quando la prima canzone che impariamo all’asilo e a scuola ti dice che sei nato per vivere nella pace?

L’iconica canzone, che in Israele conoscono tutti, venne scritta da Uzi Hitman in occasione della nascita di suo figlio, mentre erano in corso le trattative che avrebbero portato alla firma dell’accordo di pace tra Israele ed Egitto. Il futuro non poteva sembrare più promettente: gettava una luce di nuova vita, di speranza, di pace e prosperità per il futuro di tutti i bambini di questa regione.

Invece, disgraziatamente, dopo di allora Israele ha conosciuto troppe altre guerre, troppe operazioni militari, troppe vittime fra soldati giovani e brillanti con un futuro promettente davanti a loro, e fra civili innocenti cui era stato insegnato che sarebbe sorta la speranza di arrivare alla pace. E ne ho conosciuti troppi. Come tanti, porterò per tutta la vita cicatrici invisibili che con il tempo sono riuscita a eclissare. Ora fanno parte del mio DNA di fiera israeliana, cresciuta in questo paese: prestando servizio nell’esercito, presenziando a troppi funerali, deponendo corone di fiori su tombe recenti e ascoltando elogi funebri insopportabilmente tristi di genitori in lutto.

Quando i miei figli hanno pronunciato quelle parole in modo così chiaro e naturale, ani noladeti lashalom, non ho potuto trattenere le lacrime, fra emozioni contrastanti. Mentre ricordiamo coloro che non sono più con noi, io ricordo bene chi è responsabile di questa perdita: intere generazioni di palestinesi ai quali, a differenza di noi, non sono state insegnate canzoni di pace mentre crescevano. Al contrario, la loro educazione era imbevuta di odio e indottrinata nella certezza che la convivenza è impossibile.

Ma credo anche sinceramente nel possibile cambiamento. Credo nell’educazione. Con il mio lavoro, ho dedicato gli ultimi sette anni della mia vita alla missione per cui l’educazione è la strada verso la pace. Forse tarderà ad arrivare, ma come dimostrano i recenti cambiamenti regionali attraverso gli Accordi di Abramo, lo stato ebraico viene accettato sempre più. Il che è un bene, perché lo stato ebraico in ogni caso non scomparirà e la sua gente è nata per la pace.

(Da: Times of Israel, 4.5.22)

In questa versione dal vivo, Uzi Hitman (1952-2004) la terza volta canta il ritornello in arabo anziché in ebraico:

Sono nato per le melodie
e per le canzoni di tutti i paesi
Sono nato per la lingua e anche per il luogo
dove i pochi e i molti daranno una mano alla pace.

Coro
Sono nato per la pace che verrà
Sono nato per la pace che arriverà
Sono nato per la pace, che apparirà
io voglio, voglio essere già lì.

Sono nato per il sogno
e in esso vedo arrivare la pace
Sono nato per il desiderio e la convinzione
che arriverà, dopo trent’anni.

Coro

Sono nato a un popolo di duemila anni
che ha una terra e ha un pezzo promesso di cielo
che vede e guarda, ecco sorgere il giorno
ed è il momento bello, il tempo della pace.

Coro