“Non abbiamo abbastanza persone per difendere lo stato”

Quel giorno di Kippur del 1973, quando i leader israeliani temettero per l’esistenza stessa del paese

Ottobre 1973 (clicca per ingrandire)

Durante la guerra di Yom Kippur del 1973 i leader militari israeliani temettero concretamente che il conflitto portasse alla distruzione dello stato. Il fatto trova ulteriore conferma nei verbali pubblicati lunedì scorso dall’archivio delle Forze di Difesa israeliane presso il Ministero della difesa.

La guerra scoppiò il 6 ottobre 1973 quando una coalizione di forze arabe lanciò un attacco a sorpresa contro Israele nella giornata di Kippur, il giorno più santo dell’anno ebraico (quando tutto il paese è praticamente fermo e gli ebrei osservati digiunano per quasi 25 ore). Sia il presidente egiziano Anwar Sadat che il presidente siriano Hafez Assad confidavano che attaccare lo stato ebraico in quel giorno si sarebbe tradotto in un colpo mortale per le sue forze di difesa.

L’attacco colse Israele di sorpresa. Le roccaforti militari sul Canale di Suez (fronte egiziano) e sulle alture del Golan (fronte siriano) erano scarsamente presidiate, così come le retrovie. Il capo di stato maggiore David Elazar ordinò la mobilitazione precipitosa di tutte le forze riserviste, ma i magazzini di emergenza che avrebbero dovuto garantire tra l’altro i rifornimenti alle forze riserviste mobilitate, erano quasi vuoti. E le forze regolari, che avevano subito il primo urto tremendo, erano quasi allo sbando.

In una discussione al quartier generale il giorno dopo lo scoppio della guerra, Elazar dichiarò: “Amici, questa è veramente una battaglia per Israele fino al mare (Mediterraneo)”.

Ottobre 1973: riservisti israeliani verso la fine della guerra di Yom Kippur (clicca per ingrandire)

Nella stessa occasione, l’allora ministro della difesa Moshe Dayan espresse espliciti timori per il destino stesso dello stato. “Di cosa ho più paura nel profondo? – disse – Che lo stato di Israele alla fine rimanga con armi insufficienti per difendersi. E non importa dove si troverà la prima linea”. Israele, disse Dayan, “si ritroverà semplicemente senza carri armati, né aerei, né persone né personale addestrato sufficienti per difendere la Terra d’Israele. E alla fine nessuno combatterà questa guerra per noi, e gli arabi si avventeranno su di noi da tutte le parti. Questo voglio dirlo a Golda (Meir)”. Dayan prese anche in considerazione l’idea di richiamare alle armi uomini troppo giovani o troppo anziani per essere arruolati, pur di contribuire a difendere il paese.

La guerra colse di sorpresa anche le potenze mondiali. L’Unione Sovietica si allineò con le forze arabe e mandò armi in Egitto e in Siria, impedendo al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di intervenire. Alla fine, gli Stati Uniti si schierarono con Israele e iniziarono a inviare alle Forze di Difesa israeliane grandi quantità di armi e munizioni.

Il 22 ottobre, dopo che Israele a prezzo di enormi perdite e sacrifici aveva ormai ribaltato a proprio favore le sorti del conflitto, il Consiglio di Sicurezza approvò la risoluzione 338 che sollecitava un cessate il fuoco ed esortava “tutte le parti in lotta a porre fine immediatamente a tutte le attività militari”. L’armistizio entrò in vigore 12 ore dopo, ma la tensione rimase alta e scoppiarono ancora sporadici combattimenti. I combattimenti su tutti i fronti cessarono definitivamente il 26 ottobre.

La guerra aveva causato la morte di 2.569 soldati israeliani e ne aveva lasciati circa 7.500 feriti o mutilati.

(Da: YnetNews, 8.10.19)

Fatah, il movimento palestinese che fa capo al presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen, celebra l’attacco arabo contro Israele del giorno di Kippur del 1973 affermando che “persiste ancora oggi il pericolo israeliano che gli arabi combatterono” allora, e che Israele rappresenta “la minaccia centrale per la nazione araba”.

Scrive infatti Fatah sulla sua pagina Facebook: “L’anniversario della guerra di ottobre [1973] è un appello alla nazione araba e ai suoi capi affinché pongano fine a questo capitolo oscuro e sanguinoso che la nazione sta attraversando; è un appello a ricordarci che persiste ancora oggi il pericolo israeliano che gli arabi affrontarono combattendo quella guerra, e costituisce la minaccia centrale per la nazione araba, i suoi interessi, il suo futuro e i suoi luoghi sacri”.
(Da: pagina ufficiale di Fatah su Facebook, 6.10.19, segnalato da PMW, 8.10.19)