Non abbiamo mai ucciso prigionieri disarmati

Reduci e storici smentiscono le accuse egiziane

image_1613L’accusa ai soldati del battaglione Shaked d’aver ucciso prigionieri egiziani disarmati alla fine della guerra dei sei giorni “è una menzogna”. Lo dice Yehuda Melamed, all’epoca membro di quell’unità. “Non abbiamo mai ucciso prigionieri di guerra – dice Melamed al Jerusalem Post commentando le accuse che hanno preso le mosse da un documentario mandato in onda dall’israeliano Channel 1 la scorsa settimana. A partire dal documentario, mass-media e politici egiziani hanno lanciato l’accusa contro l’allora comandante del battaglione, e attuale ministro, Binyamin Ben-Eliezer d’aver ucciso 250 prigionieri egiziani.
Sia Ben-Eliezer che il regista del documentario Ran Edelist smentiscono le accuse. Edelist ha dichiarato che il documentario non sostiene che i soldati abbiano mai ucciso dei prigionieri. Si limita a descrivere un attacco da parte di fedayin (commandos) palestinesi verso la fine della guerra, durante il quale alcuni soldati hanno avuto la sensazione che venisse fatto un uso sproporzionato della forza militare israeliana. Edelist dice che si trattava di una unità molto abile e altamente professionale, attenta a prendere di mira solo coloro che erano coinvolti direttamente in azioni militari. Ma in alcuni casi, secondo Edelist, i soldati hanno pensato che si fosse fatto un uso eccessivo della forza, data la superiore natura delle loro armi. “In Egitto alcuni membri dell’opposizione hanno preso queste frasi, le hanno distorte e hanno aggiunto una pura e semplice bugia, allo scopo di danneggiare il processo di pace e il presidente Mubarak”, dice Edelist.
Secondo il regista, alcuni esponenti egiziani hanno approfittato del filmato e hanno distorto le frasi dette da alcuni soldati a proposito della battaglia coi fedayin. Tanto è bastato ai mass-media egiziani per sollevare la questione dei prigionieri di guerra, tema sensibile in Egitto dove si lamentano molti dispersi in guerra di cui le forze armate non sono mai riuscite a far sapere nulla alle famiglie.
Secondo Edelist, gran parte della cosa si spiega col fatto che, nonostante il gran parlare che se ne fa, ben pochi hanno realmente visto tutti i 50 minuti del suo documentario.
Yehuda Melamed non ha bisogno di vederlo. Medico al Rambam Medical Center di Haifa, conosce di prima mano la storia dell’unità, di cui fece parte dal 1960 fino a dopo la guerra del 1967. Secondo Melamed, le accuse sono del tutto infondate. L’episodio in questione riguardava una battaglia coi palestinesi a Gaza, scoppiata subito dopo il cessate il fuoco. Lui e i suoi compagni avevano combattuto per sei giorni di seguito. “Non avevamo praticamente mai dormito”, racconta. Ed erano ben convinti di combattere a difesa della loro vita e di quella del paese. In quella battaglia morirono numerosi palestinesi, conferma Melamed, anche se non ne ricorda il numero esatto. Oggi, all’età di 64 anni, riconsiderando la cosa, dice che effettivamente fu usata una forza eccessiva, visto che erano meglio armati. Ma aggiunge che è assai difficile riandare a quel tempo e giudicare col senno di poi gli eventi di allora con gli standard di oggi. Nel complesso, dice, la sua unità era stata addestrata a evitare con grande impegno vittime innocenti, nel suo compito di difendere la frontiera meridionale.
Anche Ben-Eliezer ha smentito le accuse. “E’ vero – ha detto, intervistato dalla stampa egiziana – che in quella guerra l’unità uccise dei fedayin che operavano nella striscia di Gaza contro Israele e contro il battaglione al mio comando. Ma non vennero assassinati: vennero uccisi in combattimento”.
Anche Michael Oren, storico e autore di accurati studi sulla guerra dei giorni, sostiene questa versione. “Non esiste alcuna evidenza di uccisioni sistematiche di prigionieri da parte di quella unità durante la guerra dei sei giorni” dice, compresa la battaglia in questione con gli irregolari palestinesi. In ogni guerra, spiega Oren, accade sporadicamente che si spari su qualcuno che si è già arreso. Ma tutte le prove, in questo caso, confermano che i palestinesi uccisi quel giorno dall’unità israeliana morirono in combattimento.

(Da: Jerusalem Post, 6.03.07)

Nella foto in alto: 1967, vigilia della guerra dei sei giorni: bambini israeliani del kibbutz Nahal Oz (presso la striscia di Gaza) all’ingresso di un rifugio