Non è dietro l’angolo l’attacco israeliano ai siti atomici iraniani

La fatale decisione potrebbe arrivare solo dopo aver esaurito ogni altra possibilità

Da un articolo di Yossi Melman

image_2161Leader e funzionari israeliani hanno recentemente intensificato la campagna contro il nucleare iraniano. Il messaggio – dal primo ministro israeliano Ehud Olmert all’ambasciatore a Washington Salai Meridor, al ministro Shaul Mofaz – è chiaro: Israele non tollererà un Iran nuclearizzato. In effetti Israele è molto preoccupato per l’eventualità che l’Iran, la cui leadership ha invocato più volte esplicitamente la distruzione dello stato ebraico, possa essere in grado di produrre armi atomiche.
Queste pubbliche prese di posizione, così come i colloqui a porte chiuse fra i dirigenti israeliani e i leader del resto del mondo, possono essere interpretati come un “preparare il terreno” all’eventualità che Israele attacchi l’Iran. Ed è vero che tutti le agenzie israeliane che hanno a che fare con il “caso Iran” – dal Mossad, all’intelligence militare, alla Direzione operazioni delle Forze di Difesa, alle forze aeree, alla Commissione per l’Energia Atomica – si stanno attrezzando per lo scenario peggiore: è il loro compito istituzionale.
Ma da questo non si deve concludere – come molti hanno fatto in seguito al reportage del New York Times del 19 giugno su esercitazioni militari israeliane di vasta scala nel Mediterraneo orientale – che un raid israeliano sia ormai dietro l’angolo. Una tale decisione non è stata ancora presa da nessun organismo pertinente in Israele, ed anzi la questione non è stata ancora nemmeno discussa.
La decisione di sferrare un raid sugli impianti in Iran per bloccare il suo programma nucleare è, dal punto di vista di Israele, l’estrema risorsa, e la probabilità che si avveri dipende da parecchie variabili che si dispiegano in diverse cornici temporali, in parte sovrapposte e in parte parallele.
La prima variabile è il coordinamento di Israele con gli Stati Uniti. Come accaduto varie volte in passato, Israele non colpirà l’Iran senza aver prima coordinato le sue azioni con Washington, vuoi nella forma di una tacita intesa, vuoi con una luce gialla lampeggiante o con una esplicita richiesta di luce verde. Questo coordinamento è legato innanzitutto alla questione di chi siederà alla Casa Bianca dopo le elezioni americane del prossimo novembre.
Un’altra variabile sono le sanzioni internazionali all’Iran, che oggi vengo applicate in modo blando. Russia e Cina bloccano ogni tentativo di Stati Uniti ed Europa di applicare sanzioni più dure, che abbiano reale effetto sull’economia iraniana. Ma Israele non ha ancora abbandonato la speranza che Mosca e Pechino cambino posizione.
Un altro fattore significativo è la situazione interna in Iran. Il prossimo maggio sono in programma elezioni presidenziali. Se la guida suprema Ali Khamenei dovesse decidere che ne ha abbastanza del presidente Mahmoud Ahmadinejad, soprattutto per la situazione economica in via di peggioramento, e gli impedisse di concorrere per un altro mandato o non lo appoggiasse, questo significativo cambiamento potrebbe influire anche sui programmi nucleari del paese. Sebbene molti esperti concordino sul fatto che il desiderio di acquisire armi nucleari sia condiviso dalla maggior parte delle fazioni iraniane, tuttavia esistono delle differenze. È possibile che un nuovo presidente, proveniente da ambienti meno estremisti, possa accettare di sospendere l’arricchimento dell’uranio cercando un dialogo con l’occidente.
Viceversa, un inaspettato sviluppo potrebbe arrivare sottoforma di balzo in avanti tecnologico. Nel febbraio 2009, prima delle elezioni, in occasione del 30esimo anniversario della Rivoluzione Islamica l’Iran potrebbe proclamare d’aver conseguito la padronanza su tutti gli stadi dell’arricchimento dell’uranio e di essere in grado di produrre armi nucleari.
La quarta variabile, da cui dipende ogni decisione politica israeliana in questo senso, è naturalmente la preparazione delle forze aeree e delle altre agenzie che sarebbero coinvolte nell’azione. È in grado Israele di sferrare un colpo significativo sui siti essenziali dove l’Iran sta sviluppando le armi nucleari, tanto da bloccarne il processo per almeno diversi anni?
Solo quando vi saranno chiare risposte a tutte queste domande i leader israeliani prenderanno una decisione. E prima di tutto prenderanno in considerazione il pesante prezzo che Israele potrebbe trovarsi a pagare. Senza alcun dubbio l’Iran lancerebbe una rappresaglia.
Israele prenderà la sua decisione solo come ultimissima risorsa, dopo aver concluso che gli Stati Uniti non attaccheranno mai, che il regime iraniano non cambierà orientamento e che le sanzioni resteranno inefficaci. Solo allora il governo di Gerusalemme si troverà costretto a prendere una delle più fatali decisioni di sopravviveva nella storia del paese.

(Da: Ha’aretz, 22.06.08)