Non dobbiamo scusarci per essere sopravvissuti

Se non ci fosse stata la “nakba” degli arabi, ci sarebbe stato lo sterminio della comunità ebraica in Terra d'Israele

Di Justin Amler

Justin Amler, autore di questo articolo

Cerchiamo di essere chiari su cosa è esattamente la commemorazione della Nakba palestinese. Si tratta di una cosa precisa: rimpiangere il fatto che non sono riusciti a distruggere sul nascere lo stato ebraico d’Israele. C’è chi dice che dovremmo riconoscere il loro dolore per capirli meglio e mostrare empatia per la loro versione della storia. Come come? Alt un momento. Perché mai dovrei empatizzare con la loro “catastrofe” nella giornata in cui si radunano, gridano, urlano e si lamentano del fatto che non sono riusciti a perpetrare lo sterminio della comunità ebraica e dello stato ebraico?

Non empatizzerò nemmeno per un istante con il loro “dolore” per la perdita di uno stato arabo palestinese che non avevano, e che non era mai esistito. Non mostrerò empatia per un popolo i cui leader esortato i cittadini a pugnalarmi a sangue freddo e a farmi a pezzi a colpi di mannaia. Non mostrerò nessuna simpatia per un sistema che indottrina i bambini a odiare fin dal momento in cui aprono gli occhi. Non mostrerò alcuna comprensione per una società che onora coloro che commettono stragi efferate, premiandoli con denaro, poster e celebrazioni.

Proprio mentre sto scrivendo i loro capi corrotti incolpano Israele per la morte della giornalista di Al-Jazeera mentre si rifiutano di collaborare con Israele nelle indagini (l’Autorità Palestinese rifiuta anche solo di mostrare il proiettile a esperti israeliani sotto supervisione internazionale ndr) sapendo benissimo che il mondo incolperà a priori Israele anche in mancanza di prove.

“Non mostrerò nessuna empatia per un popolo che onora coloro che commettono stragi efferate e i cui leader esortano a pugnalarmi a sangue freddo e a farmi a pezzi a colpi di mannaia”

E incolpano Israele anche per i disordini al corteo funebre, sebbene sia stato un gruppo di teppisti arabi a impadronirsi della bara, violando gli accordi precedenti e ignorando gli appelli a fermarsi da parte della famiglia, della polizia israeliana e dell’ambasciatore dell’Unione Europea. Accuse infondate contro Israele: ma dal momento che le calunnie hanno funzionato così bene contro il popolo ebraico in passato, perché non usarle ora contro lo stato ebraico?

Anche se Israele fornisce loro energia elettrica, acqua e assistenza sanitaria, continuano a dedicare ogni momento di ogni giorno alla loro guerra contro Israele ideando e progettando sempre nuovi modi e metodi per continuare a demonizzarlo e a colpirlo col terrorismo. Forse, se impiegassero lo stesso zelo nel costruire luoghi di educazione e speranza anziché tunnel di odio e disperazione, potrebbero trovarsi in una condizione migliore.

Quindi, per quanto mi riguarda, non importa quanto il mondo sia “sconvolto”. Non importa quante storie “lacrimevoli” vengano diffuse da mass-media disonesti. Non importa quanti titoli di fantasia si inventa il New York Times. E di certo non importa quanti gruppi e ong si stracciano le vesti criticando e minacciano Israele, a partire dai sostenitori del boicottaggio BDS e dai sostenitori del terrorismo mascherati da organismi studenteschi. Tutti queste urla e minacce non mi fanno cambiare idea. No, nella Giornata della Nakba non riconoscerò affatto la loro “catastrofe”, perché la loro “catastrofe” significa che gli è stato impedito di commettere un genocidio, e ciò significa che la mia patria ebraica è sopravvissuta e che il futuro ebraico è più luminoso di quello che era mai stato prima. Se non ci fosse stata la “nakba” degli arabi, ci sarebbe stata la fine violenta della vita ebraica in Terra d’Israele. Non dobbiamo sentirci in colpa per essere sopravvissuti. Essere sopravvissuti è qualcosa per cui non dovremmo mai scusarci.

(Da: Times of Israel, 16.5.22)