Non è stata una gaffe: l’antisionismo palestinese non può fare a meno di sminuire e falsificare la Shoà

Dai libri di testo scolastici al sostegno di Hamas e Jihad Islamica, nulla di sorprendente nello sproposito di Abu Mazen sui “50 Olocausti commessi da Israele"

Di Benjamin Kerstein

Benjamin Kerstein, autore di questo articolo

Le reazioni alle recenti parole del presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen sulla Shoà illustrano un fenomeno bizzarro: i capi palestinesi dicono qualcosa di orrendo sull’Olocausto e tutto il mondo esprime indignazione e sgomento. Qualche tempo dopo, i capi palestinesi dicono qualcosa di orrendo sull’Olocausto e il mondo esprime di nuovo indignazione e sgomento. Poi il processo ricomincia da capo e così via, da decenni.

Le dichiarazioni di Abu Mazen sono state un caso particolarmente spettacolare solo per il luogo dove sono state fatte e alla presenza di chi: in Germania, a fianco del cancelliere tedesco, durante una conferenza stampa congiunta davanti ai mass-media internazionali. In queste circostanze, l’esternazione di Abu Mazen sui “50 Olocausti commessi da Israele” si è rivelata un clamoroso boomerang, suscitando la condanna di tutti, tranne i suoi apologeti più devoti.

Ma quello che ha detto Abu Mazen non è niente di particolarmente insolito. Anzi, è una sorta di cliché costante e persistente nel discorso palestinese. I palestinesi e i loro fan in tutto il mondo regolarmente sminuiscono, banalizzano, sbeffeggiano la Shoà e al contempo se ne appropriano, la negano o addirittura la celebrano. Queste posizioni, frequenti e ben documentate, da tempo sono tracimate a livello del palestinese della strada. Ho personalmente ascoltato il racconto di un turista tedesco in Israele di quella volta in cui una coppia di guide turistiche palestinesi gli chiesero senza mezzi termini: “Perché non avete finito il lavoro?”.

“Il che significa che non più di 400mila ebrei vennero uccisi durante la guerra”. Ottobre 2019, conferenza in Giordania dal titolo “Olocausto: la più grande menzogna nella storia moderna” (clicca la foto per il video Memri con sottotitoli in inglese)

Ci sono diverse ragioni che spiegano questa strana perversione. Innanzitutto, benché Israele non sia stato affatto creato “a causa” della Shoà, resta vero che la Shoà è un ottimo argomento a sostegno della necessità di uno stato ebraico. Essa ha definitivamente dimostrato che nulla può garantire la sicurezza e la protezione degli ebrei tranne uno stato ebraico e un esercito ebraico che siano in grado di farlo. Il mondo può decantare finché vuole la propria tolleranza, apertura e compassione, ma la Shoà ha dimostrato che, quando si tratta di ebrei, tutto ciò rischia di essere, nella migliore delle ipotesi, solo un’amarissima ironia. Difficilmente si può biasimare gli ebrei per aver fatto tesoro di questa lezione e agire di conseguenza.

Il che mette i palestinesi di fronte a una questione colossale: se il sionismo è l’abominio che loro dicono, cosa dovrebbero fare esattamente gli ebrei? Vivere per sempre dispersi, indifesi e alla mercé di maggioranze potenzialmente spietate? Sottomettersi e affidarsi per sempre alla benevolenza e al buon cuore del mondo, quando la Shoà ha definitivamente e tragicamente provato che questo atteggiamento è potenzialmente suicida? I palestinesi, come tutti gli anti-sionisti, non hanno risposta a questa domanda, perché una risposta non c’è. Sfuggire alla domanda negando o falsando la Shoà è, in effetti, la loro unica alternativa.

Negazione della Shoà nella propaganda anti-israeliana: “L’Olocausto è una grande bugia!”, “Preparatevi per il vero Olocausto!”

C’è poi il dato di fatto, alquanto scomodo, che gli stessi arabi palestinesi ebbero qualche responsabilità nell’Olocausto. Come ha sottolineato fra gli altri Edy Cohen, uno studioso del Begin-Sadat Center for Strategic Studies, il fervente collaboratore dei nazisti Haj-Amin al-Husseini, un tempo mufti di Gerusalemme, fu “il fondatore del moderno movimento nazionale palestinese, il padre spirituale di Yasser Arafat e dello stesso Abu Mazen”. Amin al-Husseini “visse nella Germania nazista dal 1941 al 1945, appoggiò i nazisti e i loro obiettivi, reclutò per loro soldati musulmani e fomentò l’odio contro gli ebrei mentre sapeva e sosteneva la Soluzione Finale”. Il che, ovviamente, suona come una beffa paradossale visto che i palestinesi e i loro fan paragonano regolarmente Israele e sionismo ai nazisti e al nazismo. In pratica, tuttavia, significa che i palestinesi devono in un modo o nell’altro rimuovere o cancellare la Shoà perché, come osserva Cohen, “la verità sul mufti incombe sul movimento nazionale palestinese con la sua cupa storia di razzismo e violenza”.

Come sappiamo, lo stesso boss palestinese non fa eccezione. Il libro di Abu Mazen L’altro lato: la relazione segreta tra il nazismo e il sionismo, scritto decenni fa in Unione Sovietica (tradotto e analizzato da Edy Cohen) sosteneva la falsa tesi che gli ebrei morti per mano dei nazisti sarebbero meno di un milione, citando noti e sbugiardati negazionisti della Shoà come Robert Faurisson. Abu Mazen rilanciava anche, con malcelata soddisfazione, la bufala secondo cui il movimento sionista avrebbe attivamente collaborato alla Shoà e ora starebbe seguendo le orme di Hitler. Nella testa di Abu Mazen, ciò che ha detto davanti al cancelliere tedesco e alla stampa mondiale è la pura e sacrosanta verità.

Non deve sorprendere che Abu Mazen e i palestinesi in generale non siano in grado di fare i conti con la verità storica. I palestinesi non possono ammettere che la Shoà sia davvero avvenuta, che milioni di ebrei ne siano stati vittime innocenti secondo modalità senza eguali nella storia delle persecuzioni umane, che uno dei loro capi più importanti l’abbia sostenuta e vi abbia collaborato e che il nazismo abbia svolto un ruolo non trascurabile nel loro stesso movimento nazionale (e nel movimento nazionale arabo in generale ndr) perché facendolo dovrebbero fare i conti con alcune cose molto scomode. E ciò alla fine produce, oltre alla degradazione morale, un’ipocrisia di portata storica mondiale. I palestinesi e gli anti-sionisti di tutto il mondo, che chiedono regolarmente a Israele di fare i conti con il suo passato (cosa che in Israele si fa in continuazione), si rifiutano totalmente di chiedere la stessa cosa a se stessi. Questo rifiuto si spinge al punto di negare la storia e di diffamare le vittime, perché non può fare altrimenti. L’unica alterativa sarebbe onestà intellettuale e autocritica, il che è fuori discussione. È troppo aspettarsi che Abu Mazen, o qualunque altro leader palestinese, possa fare eccezione. Non si intravedono eccezioni, e non ce ne saranno finché il movimento nazionale palestinese non riuscirà a fare i conti seriamente con i suoi peccati originali.

(Da: jns.org, 22.8.22) 

Riferisce Khaled Abu Toameh sul Jerusalem Post che anche acerrimi nemici politici del presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen, come Hamas e Jihad Islamica, si sono precipitati a prendere le sue difese dopo il clamore suscitato dalle sue dichiarazioni in Germania sui “50 Olocausti” perpetrati da Israele. Entrambi i gruppi terroristi, votati alla distruzione dello stato ebraico, hanno affermato che le parole di Abu Mazen rappresentano la “narrativa storica” di tutti i palestinesi. Anche il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp) e il Fronte Democratico per La liberazione della Palestina (Fdlp), membri dell’Olp di Abu Mazen ma contrari alla politica del presidente palestinese, lo hanno apertamente difeso nei giorni immediatamente successivi. La rara dimostrazione di solidarietà verso Abu Mazen da parte di questi quattro gruppi si è espressa unitamente alla condanna da parte dell’Autorità Palestinese e di molti palestinesi di quella che definiscono “una campagna di istigazione” scatenata contro il presidente palestinese.

Nel frattempo, la dirigenza dell’Autorità Palestinese sta cercando di sfruttare la vicenda per in incrementare il sostegno da parte dei palestinesi a un presidente considerato debole e screditato (secondo un recente sondaggio, oltre il 70% dei palestinesi vorrebbe che Abu Mazen si dimettesse). Venerdì scorso, l’Autorità Palestinese e la fazione al potere Fatah hanno organizzato per Abu Mazen un benvenuto da eroe al suo ritorno a Ramallah, dove molti esponenti palestinesi lo hanno elogiato per aver “detto la verità” durante la sua visita in Germania.

Il portavoce internazionale di Hamas, Hussam Badran, ha affermato che la comunità internazionale ha dimostrato ancora una volta il suo pregiudizio a favore di Israele, ma che non “riuscirà a cancellare la narrativa palestinese, per quanto cerchi di distorcere la verità”. Il vice segretario generale del Fplp, Jamil Mezher, ha telefonato ad Abu Mazen e gli ha detto che il suo gruppo sostiene le sue “posizioni coraggiose, che esprimono le posizioni del nostro popolo”, denunciando la campagna di istigazione contro Abu Mazen “lesiva dei diritti dei palestinesi e della loro narrazione storica”. Anche Qais Abdel Karim, vice segretario generale del Fdlp, ha difeso Abu Mazen affermando che la campagna di istigazione contro di lui “da parte dei sionisti e dei loro sostenitori ha raggiunto un livello di sfrontatezza senza precedenti”. Abdel Karim ha detto che Abu Mazen ha affermato la verità quando ha dichiarato che “i crimini commessi da Israele non sono meno orribili” della Shoà, ed ha aggiunto che i palestinesi sono tutti uniti nel sostenere la posizione di Abu Mazen.

Dal canto suo, il portavoce presidenziale dell’Autorità Palestinese, Nabil Abu Rudaineh, ha condannato fermamente la “feroce campagna di istigazione contro il presidente e l’impresa nazionale palestinese”, affermando che è stata orchestrata “per minare i diritti e la determinazione dei palestinesi”.

(Da: Jerusalem Post, 20.8.22)

Cronologia della seconda guerra mondiale in un testo scolastico palestinese: la Shoà non è nemmeno menzionata

Scrive Itamar Eichner su YnetNews: I libri di testo distribuiti a oltre un milione di studenti in Cisgiordania, anche nelle scuole appartenenti all’Unrwa (agenzia Onu per i profughi palestinesi), appaiono colmi di antisemitismo, compresa la negazione della Shoà. In base a una direttiva del presidente Abu Mazen, il Ministero dell’istruzione dell’Autorità Palestinese ha attuato una riforma dei programmi in seguito alla quale il contenuto dei testi scolastici risulta peggiorato rispetto agli anni precedenti. Il materiale didattico rielaborato include appelli alla jihad e alla violenza e istigazione all’odio contro Israele ed ebrei. Inoltre, i tentativi fatti in passato di arrivare a una pace negoziata con Israele, come gli Accordi di Oslo, sono stati deliberatamente omessi dai nuovi libri di testo.

Benché l’ufficio di Abu Mazen abbia chiarito che nella conferenza stampa in Germania il presidente non intendeva sminuire la Shoà, i nuovi libri di testo palestinesi evitano del tutto di menzionare il genocidio degli ebrei. L’Olocausto è stato completamente omesso dai libri di storia che insegnano la seconda guerra mondiale e la sua influenza sul corso della storia. E il massacro degli atleti israeliani del 1972 alle Olimpiadi di Monaco ad opera di terroristi palestinesi viene descritto sotto una luce positiva e presentato come un esempio di legittima lotta palestinese.

Agli insegnanti viene detto di abbassare i voti degli studenti che non fanno un collegamento tra “i massacri sionisti e la religione ebraica”. Un libro di storia insinua che gli ebrei governano il mondo usando la classica immagine antisemita di una mano con stella di David che regge il globo. Agli studenti palestinesi viene insegnato che gli ebrei sono razzisti che controllano tutto il denaro, i mass-media e la politica del mondo sfruttandoli a proprio vantaggio. Gli ebrei vengono caratterizzati come bugiardi e corrotti e “nemici dell’Islam”. Alcuni libri di testo evocano persino lo sterminio che attende gli ebrei alla fine dei giorni, in modo analogo allo statuto di Hamas.

(Da: YnetNews, 18.8.22)