«Non possiamo affidare la nostra sicurezza a forze di peace-keeping straniere»

Comandante israeliano: "Se la situazione in Cisgiordania è relativamente tranquilla, è grazie innanzitutto alle nostre continue operazioni anti-terrorismo"

Di Ron Ben-Yishai

Il gen. Nitzan Alon, comandate israeliano del settore centrale

Il gen. Nitzan Alon, comandate israeliano del settore centrale

Per la terza volta nel corso delle ultime settimane, martedì scorso le Forze di Difesa israeliane hanno dovuto affrontare una reazione armata e organizzata, questa volta a Jenin, durante operazioni di arresto di palestinesi sospettati di terrorismo. Fino a poco tempo questo genere di reazione agli arresti era saltuaria, disorganizzata e condotta per lo più senza armi da guerra.

Intervistato da YnetNews, il comandate israeliano del settore centrale, generale Nitzan Alon, conferma che un numero crescente di aree nei campi palestinesi di Jenin, Qalandiya e presso Nablus si stanno trasformando in zone rifugio per terroristi. “Puntano a limitare la nostra libertà operativa” dice Nitzan, facendo riferimento a miliziani armati di Tanzim (Fatah) e della Jihad Islamica palestinese che sono i principali responsabili dei recenti scontri con le forze israeliane in Cisgiordania ponendosi in aperta sfida con il governo dell’Autorità Palestinese.

Secondo il comandante, gli uomini di Tanzim e Jihad Islamica che stanno dietro agli attacchi contro i soldati israeliani sono dei residenti dei campi palestinesi che dichiarano di non accettare l’autorità di Ramallah, né il principio “una sola legge, una sola forza armata” che le forze di sicurezza del presidente palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) cercando di far rispettare. Questi miliziani sostengono d’essere discriminati dalle autorità di Ramallah e pretendono di avere stipendi e sussidi che a loro dire l’Autorità Palestinese garantisce ai suoi compari e sodali: per questo sfidano il regime di Abu Mazen e le sue intese con Israele sulla gestione della sicurezza.

Si tratta di un fenomeno potenzialmente esplosivo, dal punto di vista di Israele, giacché in queste condizioni le operazioni anti-terrorismo delle forze israeliane nei campi palestinesi rischia in ogni momento di innescare uno scontro più ampio. Alon si dice perfettamente consapevole di questo pericolo, ma sottolinea che l’obiettivo primo delle sue forze resta quello di sventare le attività legate al terrorismo. “Il principio secondo il quale noi raggiungiamo i terroristi ovunque si trovino è cruciale – spiega nell’intervista – Loro puntano a limitare la nostra libertà operativa, e noi proprio questo dobbiamo evitare. Non possiamo permettere una situazione in cui i terroristi palestinesi abbiano dei luoghi sicuri in cui organizzarsi e che possano utilizzare come basi da cui partire per compiere attentati”. Secondo Alon, “in una certa misura questo sta già accadendo, ed è un fenomeno che deve bloccato sin dall’inizio”. E aggiunge: “In questo senso non penso che il nostro ingresso nei campi per compiere arresti possa incendiare tutto il territorio, anzi”.

Dal momento della nomina di Alon a comandante del settore centrale, nel marzo 2012, si è registrato “solo” un cittadino ebreo ucciso da terroristi in Cisgiordania, mentre il numero di attentati nella regione risulta il più basso del decennio. Nonostante questo, le frange più estremiste dei coloni continuano a citare alcune sue dichiarazioni che secondo loro attesterebbero un atteggiamento di “comprensione” verso i motivi che stanno dietro al terrorismo palestinese. Lo considerano un generale troppo pacifista, a cominciare dal fatto che sua moglie, sostengono, è membro di Machsom Watch (organizzazione volontaria di donne israeliane pacifiste che si danno i turni per monitorare il comportamento dei soldati ai posti di blocco).

“La situazione nei territori è stabile – continua imperturbabile Alon – Ma sotto la superficie ci sono sempre elementi che minano la stabilità. Siamo consapevoli del potenziale pericolo rappresentato da coloro che si oppongono al processo diplomatico e che cercano di contrastarlo con il terrore, come è già avvenuto in passato. Per questo operiamo intensamente per sventare il terrorismo di Hamas e altri gruppi estremisti”.

Alon ha parole di elogio per gli sforzi delle forze di sicurezza palestinesi che, dice, stanno contribuendo alla stabilità. “Rileviamo un po’ più di attività da parte loro – dice – che nasce dalla capacità e dalla motivazione ad agire contro Hamas. Comunque – aggiunge – se la situazione attuale è relativamente buona, ciò è il risultato innanzitutto delle nostre operazioni anti-terrorismo e degli arresti”.

Secondo il comandante israeliano, Hamas e le altre organizzazioni terroristiche si trovano oggi una pessima situazione. I palestinesi vedono ciò che accade in Siria, in Egitto e in Iraq e non hanno nessuna voglia di ritrovarsi in una situazione simile. Questo è il motivo per cui oggi non hanno molto successo gli appelli ideologi alla resistenza che inneggiano alla lotta armata. “Esiste uno scontro all’interno della società palestinese – spiega – tra l’islam estremista e i laici, e la cooperazione sulla sicurezza fra Israele e Autorità Palestinese deve essere vista in questo contesto. A Gaza, Hamas ha preso il potere ben prima dei recenti sconvolgimenti, e i palestinesi di Giudea e Samaria sanno bene che è la presenza delle Forze di Difesa israeliane che impedisce un esito analogo in Cisgiordania”.

“Non possiamo fare affidamento su nessuna forza straniera che faccia il nostro lavoro lungo il confine con la Giordania”

Eppure l’Autorità Palestinese chiede a gran voce che Israele si ritiri da tutto il territorio, compresa quella Valle del Giordano che ne segna il confine naturale verso est. Alla domanda se Israele possa contare su forze di peace-keeping internazionali che subentrino alle forze israeliane nell’impedire l’infiltrazione da est di terroristi, armi o peggio, la risposta del generale Alon è secca: “No. Non possiamo fare affidamento su nessuna forza straniera che faccia il nostro lavoro lungo il confine con la Giordania”.

(Da: YnetNews, 18.9.13)

Abu Mazen: “Nessuna presenza di Israele fra stato palestinese e Giordania”

La futura frontiera tra lo stato palestinese e la Giordania si estenderà dal Mar Morto lungo tutta la Valle del Giordano fino a Beit She’an. “Questo è il confine giordano-palestinese ed è così che rimarrà. Per dirla apertamente, Israele non avrà alcuna presenza fra noi e la Giordania”. Lo ha dichiarato domenica scorsa il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) a Gerico durante una cerimonia di laurea all’Università Al-Istiklal (Indipendenza). Abu Mazen ha detto che solo i palestinesi saranno responsabili della sicurezza ai confini del loro stato, pur non escludendo del tutto la possibilità che vengano schierati degli osservatori internazionali col compito di supervisionare l’attuazione dell’eventuale accordo finale con Israele.

Un funzionario del governo israeliano, pur evitando di entrare nel merito dei negoziati nel rispetto dell’impegno assunto con i mediatori americani, ha reagito alla dichiarazione di Abu Mazen sulla Valle del Giordano dicendo che “se si vuole arrivare a un accordo di pace, bisogna che i palestinesi prendano seriamente in considerazione le preoccupazioni di Israele sulla sicurezza”. Secondo il funzionario, “l’idea che Israele si ritiri sperando per il meglio non è un’opzione seria. Se i palestinesi vogliono arrivare a uno stato indipendente, devono essere capaci di affrontare seriamente i problemi di sicurezza di Israele. Se sfuggono a questo problema, saranno loro stessi che allontaneranno le chance della trattativa e la creazione di uno stato palestinese indipendente”.

(Da: Jerusalem Post, 16.9.13)