“Non presteremo attenzione al cinico sdottoreggiare di chi usa Khan al-Ahmar per denigrare Israele”

La cosa giusta da fare è spostare di pochi km quella trentina di famiglie beduine che vivono nelle baracche illegali sorte in un luogo senza servizi e a rischio per la salute, specie dei bambini

Di Avigdor Liberman

Il ministro degli esteri israeliano Avigdor Liberman, autore di questo articolo

E di nuovo si è avviato il consueto coro internazionale contro Israele, questa volta per via della decisione del governo israeliano di mettere in atto una sentenza giudiziaria relativa al trasferimento di un piccolo gruppo di abusivi da Khan al-Ahmar, un agglomerato costruito illegalmente nei pressi di Gerusalemme. Se la questione non riguardasse lo stato di diritto e il benessere di queste stesse persone, potrebbe essere depennata come un ennesimo caso di cinismo palestinese e internazionale. Ma bisogna che qualcuno parli chiaro, in nome del buon senso e della ragione.

Khan al-Ahmar è un agglomerato di baracche di fortuna, erette illegalmente da membri della tribù beduina Abu-Dahuk Jahalin, che ospita 28 famiglie, per un totale di circa 135 adulti. L’agglomerato si trova pericolosamente vicino all’adiacente superstrada, rappresentando un rischio incombente per la sicurezza dei residenti. In particolare, la vicinanza alla strada della baracca-scuola costituisce un pericolo costante per i bambini che la frequentano. Come in altri complessi illegali costruiti in casuale disordine senza pianificazione né infrastrutture di base, le condizioni di vita sono scarse, i rischi per la salute sono molti e il futuro è cupo.

La sistemazione di questi residenti rientra in realtà nella ben più ampia sfida di garantire infrastrutture e standard di vita da XIX secolo alle comunità nomadi, che tipicamente devono essere trasferite in aree in cui tali infrastrutture possano essere garantite in modo fattibile e affidabile. Succede anche in altre parti del mondo dove i governi si trovano ad affrontare i bisogni di tali comunità.

Khan al-Ahmar

A tate scopo, per molti anni Israele si è impegnato in prolungati contatti con i residenti di Khan al-Ahmar per arrivare a una soluzione concordate circa il loro trasferimento in un’area vicina, dove le loro necessità di base possono essere adeguatamente soddisfatte, con tanto di assegnazione gratuita di generosi appezzamenti di terreno, la fornitura di un adeguato approvvigionamento idrico e di infrastrutture fognarie, adeguate telecomunicazioni, una connessione elettrica sicura e la costruzione di una scuola.

Purtroppo, trascinati dall’irresponsabilità di una cinica dirigenza palestinese che si è impadronita della questione come di una ricca occasione per denigrare Israele, i residenti hanno finora rifiutato. Così facendo, continuano a esporre se stessi e i loro figli a gravi rischi per la salute e la sicurezza, preferendo la continua indigenza a un reale miglioramento della loro condizione. Gli europei e gli altri paesi che si sono schierati contro Israele su questa questione non rendono alcun favore ai residenti di Khan al-Ahmar.

Come accade sempre più spesso quando si tratta di Israele, sentiamo di nuovo trite e ritrite accuse di illegalità. Ma recentemente l’Alta Corte di Giustizia israeliana si è pronunciata sulla legalità del trasferimento, dopo un lungo processo legale intentato dai residenti davanti alla Corte. Nonostante l’urgenza del problema, vari governi israeliani, nel meticoloso rispetto delle dovute procedure e della separazione dei poteri, sono rimasti bloccati per anni nell’attuazione della politica governativa. Stiamo parlando della stessa Corte di Giustizia che viene ampiamente elogiata quando si tratta di sgomberare residenti ebrei dalle loro case.

Per quanto riguarda coloro che vorrebbero mettere in discussione l’integrità del sistema giudiziario israeliano, ebbene poche accuse sono più false e più facilmente confutabili. Numerose e autorevoli valutazioni internazionali dell’indipendenza giudiziaria hanno costantemente classificato il sistema giudiziario israeliano tra i più indipendenti del mondo, anche rispetto a molte democrazie liberali. La Corte Suprema israeliana, estremamente rispettata e fiera della propria indipendenza, non ha bisogno di lezioni di diritto da altri paesi, né riguardo al diritto internazionale né in altri campi. Posso solo immaginare il clamore che si scatenerebbe se Israele mettesse in dubbio allo stesso modo la rettitudine dei processi giudiziari interni di altri paesi.

Un’altra veduta di Khan al-Ahmar

C’è chi ha sostenuto che il trasferimento dei residenti in case adeguate, pochi chilometri a ovest, precluderebbe in qualche modo l’eventuale soluzione politica del conflitto israelo-palestinese. Sarebbe ora di sostituire i teatrini con un discorso sensato. L’idea che spostare un piccolo gruppo di persone entro un raggio di pochi chilometri impedirà la risoluzione di un conflitto storico così complicato è a dir poco assurda. Davvero Israele dovrebbe prestare attenzione a questo cinico sdottoreggiare? Quella gente deve veramente pagare per questo con la propria salute, la propria vita, il proprio futuro?

Sotto la mia responsabilità, no. Il governo israeliano continuerà a perseguire una soluzione realistica e pratica per la situazione di queste persone, troppo a lungo sfruttate da una dirigenza palestinese irresponsabile e dai suoi fuorviati sostenitori in tutto il mondo. Come sempre, il governo israeliano lo farà nel rispetto scrupoloso della legge e tenendo in considerazione i diversi interessi in causa, compresi i reali bisogni dei residenti stessi. È la cosa da fare sul piano legale. È la cosa da fare sul piano morale. E nonostante il solito vecchio clamore internazionale contro Israele, è la cosa giusta da fare.

(Da: Jerusalem Post, 7.10.18)