Non si cava uva dalle spine

Hamas non ha in programma di rinunciare alla sua ragion dessere.

Da un articolo di Guy Bechor

image_638La partecipazione di Hamas alle prossime elezioni parlamentari palestinesi è uno sviluppo positivo o negativo? È un successo del presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), che ne vedrà accresciuto il proprio prestigio, o una vittoria che rappresenta una minaccia per Israele?
Apparentemente si tratta di un successo dell’Autorità Palestinese, che per la prima volta includerebbe Hamas nel parlamento palestinese, trasformandola da gruppo terrorista in un partner del gioco politico ufficiale. Alcuni sperano che ciò possa portare a un calo delle violenze, e citano altri luoghi del Medio Oriente come l’Iran, il Libano e la Turchia dove movimenti islamici che hanno conquistato potere hanno dovuto mettersi in testa il cappello artificiale della responsabilità.
Altri invece temono che, dopo un’ampia vittoria alle urne, Hamas possa bloccare dall’interno il processo politico con Israele, finendo anche col prendere il controllo dell’Autorità Palestinese. Uno sviluppo che potrebbe realizzarsi attraverso il parlamento o promovendo membri di Hamas nelle istituzioni dell’Olp, dove Hamas pretende da Abu Mazen almeno il 40 per cento della rappresentanza.
Hamas ha buone probabilità di ottenere una netta vittoria alle elezioni palestinesi, e i capi di Fatah lo sanno. Alle elezioni locali di quest’anno, ha ottenuto il 40% dei voti in Cisgiordania e il 70% nella striscia di Gaza. Nessun partito islamico ha mai ottenuto un tale potere in un paese arabo, a parte l’Algeria dove la cosa sfociò nella sanguinosa guerra civile degli anno ‘90.
L’approccio pessimista sembra il più logico. Hamas non nasconde la sua ambizione di assumere il controllo dell’Autorità Palestinese dall’interno. Hamas, epigono della Fratellanza Islamica egiziana, ha sempre sfruttato le possibilità concrete. Anche il suo defunto leader Ahmed Yassin non aveva mai escluso un’alleanza con l’Autorità Palestinese. Oggi Hamas è indebolita. Molti suoi capi sono stati uccisi o si sentono sotto minaccia. In queste circostanze, pensano di dover usare gli strumenti che possono per conseguire obiettivi futuri. I leader di Hamas hanno deciso di non partecipare alla riunione del Comitato esecutivo dell’Olp, a cui erano stati invitati da Abu Mazen, lasciando intravedere le loro intenzioni. Hanno chiesto di sapere ufficialmente quanti rappresentanti di Hamas entrerebbero negli organismi del movimento già prima del loro ingresso effettivo, ma hanno anche chiesto di cancellare gli emendamenti alla Carta dell’Olp approvati negli anni del processo di pace di Oslo, reintroducendo la clausole per la distruzione di Israele.
Un altro segnale è la massiccia azione in corso volta al riarmo dei terroristi, che stanno riorganizzando i ranghi e si stanno preparando alla prossima battaglia.
L’idea che Hamas diventi responsabile una volta eletta al parlamento è un caso simile a quello del gruppo terrorista libanese Hezbollah, con una differenza importante: che Israele si è ritirato dal Libano ponendo fine di fatto al contenzioso fra Israele e Libano. La decisione finale sul futuro di Cisgiordania e Gaza, invece, non è stata ancora presa e Hamas sarà votata a questa lotta per molti anni a venire.
Hamas non ha in programma di rinunciare alla sua ragion d’essere: ingrandire il mondo dell’islam e combattere contro Israele. Come dice un antico detto arabo, non si può cavare uva dalle spine.

(Da Yediot Ahronot, 31.03.05)

Nella foto in alto: manifestazione di Hamas il 30 marzo a Hebron (Cisgiordania), con incendio di due bare coperte da bandiere di Israele e Stati Uniti.