Non si vince alla lotteria senza comprare il biglietto
È giunta l’ora di dire senza mezzi termini ai palestinesi che devono negoziare con Israele se vogliono il loro stato
Di Alan Dershowitz
Il presidente Donald Trump ha suscitato scalpore quando ha menzionato la possibilità di una soluzione a un solo stato. Il contesto era ambiguo e nessuno può sapere con certezza quale fosse il messaggio che intendeva trasmettere. Una possibilità è che intendesse dire alla dirigenza palestinese che, se vogliono una soluzione a due stati, devono fare la loro parte. Devono sedere al tavolo dei negoziati con gli israeliani e affrontare il genere di dolorose concessioni che saranno richieste a entrambe le parti per arrivare a una soluzione pacifica. Per dirla in modo più esplicito, i palestinesi devono guadagnarsi il loro stato. Essi non sono semplicemente depositari del diritto a uno stato, tanto più che i loro leader nel corso degli anni hanno perso troppe occasioni preziose per assicurarsi uno stato indipendente. Come ebbe a dire Abba Eban, “i palestinesi non perdono mai l’occasione di perdere un’occasione”.
Iniziò negli anni ’30, quando la Gran Bretagna istituì la Commissione Peel incaricata di indicare una soluzione per il conflitto tra arabi e ebrei nella Palestina Mandataria. La Commissione suggerì una soluzione a due stati che prevedeva un minuscolo stato ebraico senza continuità territoriale accanto a un grande stato arabo. La dirigenza ebraica accettò con riluttanza quel frammento di stato. La dirigenza palestinese respinse la proposta dicendo che rifiutavano l’idea di uno stato ebraico più di quanto volessero uno stato per loro.
Nel 1947, le Nazioni Unite proposero la spartizione della Palestina Mandataria in due aree: una per uno stato ebraico, l’altra per uno stato arabo. Gli ebrei proclamarono il loro stato nel 1948. Tutti i paesi arabi circostanti si unirono alla popolazione araba locale per attaccare il nuovo stato di Israele e scatenarono una guerra che causò la morte dell’1% della popolazione israeliana. Ma Israele sopravvisse.

1 gennaio 2017, pagina Facebook di Fatah (la fazione che fa capo ad Abu Mazen): il volto di Yasser Arafat è sovrapposto alla carta della Palestina, Israele è cancellato dalla carta geografica. “I palestinesi non hanno mai negoziato in buona fede, non hanno accettato le offerte, non hanno avanzato contro-proposte, non hanno dimostrato disponibilità al compromesso”
Nel 1967 Egitto e Siria stavano preparando un nuovo attacco per distruggere Israele, ma Israele li anticipò sul campo di battaglia conseguendo una vittoria decisiva che portò alla conquista di Sinai, Cisgiordania e striscia di Gaza. Israele si offrì di restituire le aree acquisite in cambio della pace, ma i paesi arabi, riuniti con i capi palestinesi a Khartoum, proclamarono i famigerati “tre no”: no alla pace, no al riconoscimento, no al negoziato con Israele.
Nel 2000-2001 e di nuovo nel 2008, Israele avanzò generose offerte di pace che avrebbe portato alla creazione di uno stato palestinese smilitarizzato, ma quelle offerte non vennero accettate. E in tutti gli anni successivi il governo israeliano ha ripetutamente proposto di sedersi a un tavolo per negoziare una soluzione a due stati senza porre precondizioni: nemmeno il preventivo riconoscimento di Israele come stato nazionale del popolo ebraico (una richiesta che sarebbe stata messa sul tavolo della trattativa solo successivamente). Ma la dirigenza palestinese si è rifiutata di negoziare.
Forse quello che la Casa Bianca sta dicendo ai palestinesi è semplicemente che, se vogliono uno stato, devono presentarsi al tavolo dei negoziati e trattare. Nessuno consegnerà loro lo stato su un piatto d’argento come l’allora primo ministro israeliano Ariel Sharon consegnò loro la striscia di Gaza nel 2005, col risultato di vederla trasformata in una piattaforma per il lancio di razzi e lo scavo di tunnel per infiltrazioni terroristiche. E’ ovvio che Israele deve ottenere qualcosa in cambio: e cioè un’autentica pace, con la fine definitiva del conflitto e le necessarie garanzie del caso.
La pretesa della dirigenza palestinese di ottenere uno stato senza sedere al tavolo delle trattative con Israele mi ricorda una barzelletta ebraica che piaceva molto a mia madre: quella di quell’anziano ebreo che pregava ogni giorno il Signore di farlo vincere alla lotteria finché un giorno udì la voce del Signore che gli rispondeva: “Io sono disposto a esaudire la tua preghiera, ma tu compra almeno un biglietto!”. I palestinesi non hanno mai voluto acquistare un biglietto: non hanno mai negoziato in buona fede, non hanno accettato offerte generose, non hanno mai nemmeno presentato delle contro-proposte realistiche, non hanno mai dimostrato la disponibilità a scendere a compromessi per venire incontro a quelli avanzati dagli israeliani.
Ora gli stanno dicendo che devono “comprare un biglietto”: che non otterranno uno stato appellandosi alle Nazioni Unite, all’Unione Europea, alla Corte Penale internazionale. Non otterranno uno stato con il movimento BDS per il boicottaggio di Israele o altri movimenti anti-israeliani. Potranno ottenere uno stato solo sedendosi a negoziare in buona fede con gli israeliani.
Finora si faceva pressione solo sulla parte israeliana, non sui palestinesi. È giunta l’ora – anzi, è giunta già da un pezzo – di dire senza mezzi termini ai palestinesi che devono negoziare con Israele se vogliono uno stato palestinese, e che devono accettare di porre fine al conflitto in modo permanente e in modo inequivocabile. Altrimenti continuerà lo status quo, e ci sarà un solo stato: Israele. I palestinesi non possono pensare di vincere alla lotteria senza comprare un biglietto.
(Da: Jerusalem Post, 19.2.17)