“Occorre fare di più per promuovere l’uguaglianza, ma è anche ora di assumersi qualche responsabilità”

Lettera aperta a un amico arabo-israeliano del villaggio di Ar'ara

Di Ben-Dror Yemini

Ben-Dror Yemini, autore di questo articolo

Ben-Dror Yemini, autore di questo articolo

Ciao S. Questi non sono giorni facili, né per te né per me. Venerdì sera, dopo che in uno scontro a fuoco con la polizia è rimasto ucciso un membro del tuo villaggio che aveva assassinato tre persone a Tel Aviv, mi è parso di sentire un sospiro di sollievo nella tua voce. Può darsi, hai detto, che questo affare sia finalmente alle nostre spalle.

Temo che la tua speranza sia prematura. Ci saranno altri Nashat Melhem. Dopo tutto, decine di arabi israeliani esprimono solidarietà allo “Stato Islamico” (ISIS), e migliaia di loro esprimono sostegno al terrorismo. Non sono la maggioranza. Al contrario, la loro percentuale sull’intera comunità araba d’Israele è molto piccola. Ma sia tu che io sappiamo che non ce ne vogliono molti per trasformare la nostra vita in un incubo.

La maggior parte dei sunniti, nel miliardo e mezzo di musulmani del mondo, non sostengono l’ISIS. Eppure è l’ISIS che conduce le danze. E sta riducendo in rovine gran parte del mondo arabo. La maggioranza è sconfitta. Dunque, non c’è da farsi illusioni.

Lasciami dire qualcosa che non ti piacerà sentire: se la vostra comunità non fosse sotto governo israeliano, è probabile che a quest’ora vi stareste scannando a vicenda. Cosa succederà una volta che la Cisgiordania diventerà indipendente, con piena sovranità e libere elezioni? Vi si applicherà il modello Tunisia, o prevarrà il modello Siria, Iraq, Somalia, Yemen, Libia? Conosci la risposta.

Sapendo che Hamas è collegata all’ISIS nel Sinai attraverso molti tunnel, la risposta diventa ancora più evidente. Ma non occorre andare tanto lontano. Dai un’occhiata al tuo vicino, Raed Salah (capo del ramo settentrionale del Movimento islamico in Israele). Che cosa avrebbe già fatto di voi, se non fosse per Israele? Lui e i pari suoi stanno vogliono imporre con la violenza il governo della sharia. Altri tra voi si opporrebbero. Invece dei tredici islamisti arabo-israeliani morti nei violenti scontri con la polizia israeliana del settembre 2000, oggi piangereste le vittime a migliaia.

Il parlamentare arabo-israeliano della Lista Araba Comune Jamal Zahalka (a sinistra) ad una manifestazione insieme a Raed Salah, capo del ramo nord del Movimento islamico israeliano (filo-Hamas)

Il parlamentare arabo-israeliano della Lista Araba Comune Jamal Zahalka (a sinistra) ad una manifestazione insieme a Raed Salah, capo del ramo nord del Movimento islamico israeliano (filo-Hamas)

Nell’ultima settimana, come sai, ho preso più volte le difese della comunità araba israeliana. Sono convinto che per la maggior parte gli arabi d’Israele, benché non siano sionisti, siano e rimangano leali cittadini. Non credo affatto che Nashat Melhem vi rappresenti. Nashat Melhem rappresenta una piccola e marginale minoranza.

Estremisti e violenti ci sono da tutte le parti, anche fra gli ebrei d’Israele. Ma non è questo il punto. Certo che ci sono, ma nella nostra società la stragrande maggioranza si scaglia contro i seminatori d’odio come Yitzhak Ginsburgh. Nella vostra società, Salah è sostenuto non solo da migliaia e da decine di migliaia, ma anche da leader e dirigenti. Perché? Perché un fenomeno che viene condannato da parte ebraica – e giustamente, giacché rappresenta qualcosa di fosco, antidemocratico e pericoloso – sul versante arabo diventa una bandiera da issare con orgoglio?

Dunque, posso continuare a ripetere che la maggior parte degli arabi non appoggia il terrorismo e che l’assassino era un elemento anomalo. Ma il sostegno non poi così trascurabile per Salah – che sotto molti aspetti è un rappresentante di Hamas all’interno di Israele – suscita legittime preoccupazioni.

Avete ragione quando chiedete che vengano corrette politiche inique vecchie di anni. La recente decisione del governo di investire miliardi di shekel nello sviluppo della comunità arabo-israeliana è un passo nella giusta direzione. Ma le responsabilità non sono da una parte sola. In Gran Bretagna, in Svezia, in Francia, in Germania si registrano, con gli immigrati musulmani di seconda e terza generazione, analoghi divari che invece non ci sono per quanto riguarda altri gruppi come gli indù, ad esempio, o altre comunità asiatiche. Non può essere che la sottomissione e oppressione della donna e l’indottrinamento all’odio verso ebrei, cristiani e omosessuali facciano parte di questo problema? Non dovreste forse smettere di attribuire tutte le colpe agli altri, assolvendo eternamente voi stessi?

C’è bisogno di riconciliazione, mio caro amico. Occorre fare di più, molto di più, per promuovere l’uguaglianza. Ma è anche ora di porre fine all’auto-inganno; è anche ora di assumersi qualche responsabilità.

(Da: YnetNews, 10.1.16)