Occorre una barriera, anzi due

L’attentato a Dimona ci ricorda i punti vulnerabili all’infiltrazione terroristica

Da un articolo di Alex Fishman e Roni Shaked

image_1995Persino i gruppi terroristi erano confusi, lunedì: sono così tanti i terroristi passati da Gaza nel Sinai e sparpagliati per tutta l’area, che persino i loro capi non sanno più bene chi sia uscito e dove si trovi.
Il Fatah a Gaza, ad esempio, si è affrettato a rivendicare l’attentato suicida a Dimona (uccisa una donna israeliana di 73 anni in un centro commerciale), pubblicando le foto dei due attentatori che erano penetrati nel Sinai per compiere un attentato in Israele. Secondo fonti di Hamas, invece, l’attacco esplosivo a Dimona sarebbe originato dalla direzione opposta e sarebbe stato perpetrato da una cellula di Hamas basata nella città di Hebron, in Cisgiordania.
Secondo fonti palestinesi a Hebron, la madre dell’attentatore suicida avrebbe detto che il figlio era partito da casa la mattina presto e che da quel momento non l’ha più sentito né visto.
Anche le forze di sicurezza dell’ Autorità Palestinese hanno avviato un’inchiesta e, secondo le loro fonti, fino a martedì non sapevano ancora chi fosse il secondo attentatore.
Se la rivendicazione di Hamas secondo cui l’attentato è originato a Hebron dovesse rivelarsi corretta, questo rappresenterebbe un’ulteriore dimostrazione che Israele non può permettersi di abbassare la guardia neanche in Cisgiordania né aspettare che sia l’Autorità Palestinese ad occuparsi dei problemi della sicurezza in quel territorio. Hamas è viva e vegeta anche in Cisgiordania, per cui servizi di sicurezza e Forze di Difesa israeliane devono combatterla quotidianamente.
L’attentato di lunedì serve inoltre a ricordare, a quelli che lo hanno già dimenticato, che la barriera difensiva a sud di Hebron – che avrebbe dovuto essere completata già due anni fa – esiste solo sulla carta. Il percorso che conduce dalla zona del Monte Hebron al deserto meridionale del Negev è praticamente un colabrodo.
È in atto un curioso sodalizio formato da verdi, che vogliono salvaguardare alcuni tipi di formiche del deserto, e coloni politicamente e quasi geneticamente contrari a qualunque barriera. Quest’alleanza è riuscita a paralizzare il proseguimento della costruzione della barriera. Paralisi che al governo in realtà sta bene, perché i soldi per completare il progetto non ci sono. Conclusione: gli abitanti del Negev devono mettere in conto la possibilità, a causa di questa follia, di subire ogni tanto un’infiltrazione terroristica dalla zona sud del Monte Hebron verso uno dei loro centri abitati, senza alcun preavviso. A quel punto, o saremo fortunati o non lo saremo.
Ora, pur di impedire che venga costruita una barriera, inizieranno a sentirsi discorsi del tipo: quale barriera va costruita per prima, quella di sicurezza a sud di Hebron o quella di confine alla frontiera fra Israele ed Egitto? In realtà, entrambi sono punti deboli nel ventre molle d’Israele: vecchi, ben noti e trascurati.
Conoscendo come vanno queste cose, c’è da temere che la barriera non verrà costruita né da una parte né dell’altra. Fra due o tre giorni l’attentato di Dimona verrà dimenticato, e continueremo a sentire grandi discorsi sulla necessità di una barriera… fino al prossimo attentato.

(Da: YnetNews, 5.02.08)

Nella foto in alto: Sul luogo dell’attentato palestinese di lunedì a Dimona