Olmert alla prova

Sviluppi politici profondi e circostanze immediate giocano a favore di Olmert e di Kadima.

Da un articolo di Amotz Asa-El

image_1043(…) La simpatia per l’uomo la cui immagine in un certo senso è passata da quella di Tarzan a quella di Babbo Natale appare davvero universale ed spinge ora alcuni commentatori a sostenere che Sharon è insostituibile. Se da un lato, infatti – sostengono questi esperti – i successori di Sharon non hanno nulla a che vedere, per loro fortuna, con ciò che fece tanto scandalo nella sua carriera, d’altra parte essi sono anche del tutto privi di ciò che ne decretò il grande successo, e pertanto nessuno di loro avrebbe qualche possibilità di raccoglierne l’ingombrante eredità.
Ma si sbagliano. Certo, l’ultima creatura di Sharon, il partito Kadima, deve ancora maturare ed Ehud Olmert sarebbe il primo ad ammettere che il carisma di Sharon è assai maggiore del suo. Tuttavia vi sono sviluppi politici profondi e circostanze immediate che giocano a favore di Olmert.
È forte la tentazione di sovrapporre Kadina ai precedenti esperimenti centristi israeliani, dalla Terza Via di Avigdor Kahalani allo Tsomet si Rafael Eitan allo Shinui di Tommy Lapid, tutte meteore che hanno conquistato qualche seguito per poi perderlo rapidamente. Ma il caso di Kadima è diverso.
Innanzitutto i suoi candidati non sono le persone insignificanti che aveva attorno Eitan nè gli anonimi avvocati raccolti più tardi dallo Shinui, bensì un gruppo serio di sperimentati politici, accademici ed ex militari. Il seguito ottenuto da Sharon non era dovuto solo, né forse principalmente, al disimpegno da Gaza, bensì in primo luogo alla sua lotta coraggiosa ed efficace contro il terrorismo. Gli elettori che pregano per la guarigione di Sharon sono gli stessi che il prossimo 28 marzo fisseranno la scheda elettorale chiedendosi chi, in mancanza di Sharon, potrebbe meglio fronteggiare Hamas e Jihad Islamica. E su questo hanno più possibilità un Avi Dichter o uno Shaul Mofaz che non, per esempio, un Silvan Shalom o un Dan Naveh, per non dire di Amir Peretz.
In secondo luogo, a parte la loro esperienza tecnica e politica, i candidati di Kadima hanno in comune un’idea: quella di creare unilateralmente dei confini di fatto fra Israele e palestinesi. A livello più sostanziale, tale coesione ha a che vedere con la diffusa e radicata speranza per un ritorno al consenso interno israeliano di prima del 1967, ponendo fine alla futile guerra di quasi quarant’anni fra le due scuole di pensiero – Terra-d’Israele-integrale vs. Terra-in-cambio-di-pace – entrambe respinte ormai da molti israeliani come ingenue utopie.
Kadima potrebbe effettivamente alimentare la propria immagine come quella di un partito del consenso, un partito che combina risolutezza militare e flessibilità diplomatica, mercato e solidarietà, ebraismo e liberalismo. È questo ciò che Olmert e colleghi possono onestamente presentare come il retaggio di Sharon, uno slogan che suonerà assai più efficace del vago concetto concorrente laburista – il retaggio di Rabin – per non dire dei problemi che ha oggi il Likud con il retaggio fatto di grandi concessioni territoriali (tutto il Sinai) lasciato da Menachem Begin.
In terzo luogo, per quanto dolorosa sia la precoce dipartita politica di Sharon, per i suoi successori il momento in cui avviene non è il peggiore, visto che arriva a 83 giorni dalle elezioni: un periodo di tempo che li vede sotto shock, ma che lascia loro troppo poco tempo per frazionarsi e nello stesso tempo abbastanza tempo per raccogliere le forze.
Infine, c’è il fattore Olmert. Per il primo ministro ad interim questo peraltro tragico sviluppo cade nel momento giusto. A sessant’anni è forte e sano, ma anche armato di vasta esperienza: quasi un decennio come sindaco di una delle città più complicate del mondo, Gerusalemme; 32 anni nella politica nazionale; lunghi anni con incarichi ministeriali a partire da 18 anni fa, culminati negli ultimi tre anni come braccio destro di Sharon. Olmert dunque arriva all’incarico ben preparato, oltre che sostenuto dalla simpatia di un’opinione pubblica sotto shock. I potenziali rivali interni nel Kadima non hanno altra scelta che stringersi attorno a Olmert, come ha già fatto sin da giovedì la ministro della giustizia Tzipi Livni con la saggezza e la grazia che la contraddistinguono.
Nei prossimi giorni Olmert dovrà riunire e riorganizzare il Kadima e portarlo in battaglia, sì da arrivare alle elezioni come un primo ministro in carica, pienamente legittimo e operativo. Non è facile, ma è fattibile. Se non commetterà errori, Olmert potrebbe emergere come il grande vincitore, e il più adatto successore di Sharon.

(Da: Jerusalem Post, 6.01.06)

Nella foto in alto: La sedia vuota di Sharon nella riunione del governo israeliano di giovedì mattina.