Olmert: “Offrii ai palestinesi il migliore accordo possibile. Invano”

L’ex primo ministro israeliano: “Inutile ripartire ogni volta da zero”

di Gil Hoffman

image_2617In un’intervista registrata mercoledì scorso l’ex primo ministro israeliano Ehud Olmert ha sollecitato gli inviati americani a sostenere la generosa offerta che egli fece al presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) come quadro fondamentale per arrivare alla pace. Parlando al programma Hard Talk della BBC, che va in onda lunedì, Olmert ha ribadito d’aver offerto, invano, ai palestinesi il miglior accordo che essi potrebbero mai ottenere.
Nell’intervista Olmert su duole del fatto che i palestinesi rifiutarono quella proposta che, a suo dire, in caso di accordo, sarebbe stata attuata nonostante le inchieste pendenti che lo costrinsero a lasciare l’incarico anzitempo.
“Non vi sarà mai un piano di pace fra noi e i palestinesi migliore e più avanzato di quello che io proposi nei due anni scorsi – dice Olmert – Magari avessi potuto completare il lavoro che avevo iniziato. Ero e sono tuttora convinto che avremmo potuto completarlo finché ero primo ministro, se avessi potuto portare a termine il mio mandato. Ritengo che sia necessario arrivare a un accordo di pace fra noi e i palestinesi e che non vi possa essere altro accordo che quello che proposi ad Abu Mazen. Vi poteva essere anche un accordo con la Siria, e non sarà possibile un altro accordo migliore di quello che proposi al presidente Assad. Lo si poteva fare – continua Olmert – e sapevo come farlo. Mi ero spinto molto avanti, più di quanto qualunque governo israeliano avrebbe mai fatto”.
Nell’intervista Olmert conferma d’aver offerto ai palestinesi la creazione di uno stato palestinese su un territorio pari al 100% dell’estensione della Cisgiordania pre-’67, composto da un 93-94% della Cisgiordania (oltre alla già sgomberata striscia di Gaza) più terre equivalenti alla percentuale rimanente sottratte al territorio di Israele pre-’67; l’insediamento di più di mille profughi palestinesi all’interno dei confini definitivi di Israele; un’amministrazione internazionale su Gerusalemme sotto israeliani, palestinesi, americani, giordani e sauditi.
Secondo Olmert, se i palestinesi avessero accettato l’offerta, la comunità internazionale l’avrebbe immediatamente appoggiata e Binyamin Netanyahu non sarebbe stato eletto alle successive elezioni in Israele. “Se ci fosse stato quel piano, il risultato delle elezioni (in Israele) sarebbe stato completamente diverso – sostiene Olmert – Il piano avrebbe avuto la possibilità di essere realizzato se solo fosse stato accettato dai palestinesi. Fecero un tragico errore non rispondendomi, in un momento in cui c’era ancora abbastanza tempo per farlo progredire, per accrescere il consenso internazionale e per promuoverlo presso l’opinione pubblica israeliana ed anche presso quella palestinese, oltre che di fronte alla comunità internazionale”.
Nel momento in cui il presidente degli Stati Uniti Barack Obama si impegna all’Onu ad intensificare gli sforzi per trovare una cornice atta ad arrivare alla pace in Medio Oriente, Olmert nell’intervista lo invita ad adottare la proposta che egli avanzò ai palestinesi e farne la base per il rilancio dei colloqui. “Sono in politica da trentacinque anni e non sono mai riuscito a capire perché ogni nuova amministrazione Usa pensa di dover ripartire da zero col processo di pace – dice l’ex primo ministro israeliano – Prendete il mio piano di pace. Gli americani ne conoscono ogni singolo dettaglio perché li ho personalmente tenuti informati. Ho detto a George Mitchell, a Hillary Clinton, e lo dirò anche al presidente Obama alla prima occasione che avrò di incontralo: perché tornare indietro e ripartire sempre dalla prima casella, anziché prendere la proposta che venne presentata ufficialmente dal primo ministro d’Israele e dire ai palestinesi: rispondete a questo e completiamo il processo. Ho detto a George Mitchell – e spero che non si arrabbi con me per il fatto che condivido con voi questo concetto – gli ho detto: George, non ricominciare tutto da capo, vai avanti da dove ci siamo fermati e competa l’opera. Altrimenti un giorno, fra quattro anni, mi capiterà di incontrarti all’aeroporto di Heathrow, a Londra, e ti chiederò: George, che fai di bello? E tu mi risponderai: Sto partendo per la mia sessantesima missione in Medio Oriente. E questo che si vuole?”.

(Da: Jerusalem Post, 25.09.09)