Olmert sulla sua offerta di pace: “Penso che Abu Mazen si sia pentito di non aver firmato”

Il piano di Olmert del 2008 era la cosa più vicina possibile all’obiettivo dichiarato dei palestinesi, e dunque rimane l’interrogativo: perché non fu colto al volo?

La Segretaria di Stato Usa Condoleezza Rice (al centro), con il primo ministro israeliano Ehud Olmert (a destra) e il presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen (a sinistra), durante un incontro a Gerusalemme il 19 febbraio 2007

Privatamente Abu Mazen era favorevole all’accordo di pace proposto nel 2008 dall’allora primo ministro israeliano Ehud Olmert, eppure il presidente dell’Autorità Palestinese lo lasciò cadere. Lo ha affermato giovedì scorso lo stesso Olmert aggiungendo: “Purtroppo non funzionò per ragioni che sfuggono alla mia comprensione”.

Intervistato giovedì scorso via Zoom da Sherry Sufi, scrittore e studioso australiano, Olmert ha affermato: “Era evidente che Abu Mazen era completamente favorevole. Penso che quando qualcuno gli parlerà in privato, faccia a faccia, a porte chiuse, ammetterà d’essersi pentito di non aver firmato. Oggi si rende conto che avrebbe potuto determinare un grande cambiamento nella loro vita”.

Nel 2015, Abu Mazen affermò di aver rifiutato la clamorosa offerta di Olmert, che prevedeva persino di mettere la Città Vecchia di Gerusalemme sotto controllo internazionale. “Non ero d’accordo, rifiutai senza esitazione” disse Abu Mazen a Canale 10, sostenendo di non aver avuto modo di studiare la mappa con attenzione e questo sarebbe il motivo per cui i palestinesi persero, 13 anni fa, la loro ultima occasione d’oro di avere lo stato a fianco di Israele che affermano di rivendicare.

Olmert spiega che aveva offerto un ritiro quasi totale dalla Cisgiordania, proponendo che Israele conservasse il 6,3% del territorio, comprendente solo i principali insediamenti ebraici. Aggiunge che aveva offerto di compensare i palestinesi cedendo loro terra israeliana equivalente al 5,8% della Cisgiordania, oltre a un collegamento fra Cisgiordania e striscia di Gaza: altro territorio destinato a far parte del futuro stato palestinese. Olmert era anche pronto a dividere Gerusalemme in due parti controllate rispettivamente da Israele e stato palestinese e a rinunciare alla sovranità israeliana sul Monte del Tempio e sull’intera Città Vecchia. Propose che il “Bacino Santo” finisse piuttosto sotto la supervisione di un’amministrazione fiduciaria internazionale non sovrana composta da cinque membri: Israele, Autorità Palestinese, Giordania, Stati Uniti e Arabia Saudita. Olmert descrive l’offerta di rinunciare al controllo israeliano sulla Città Vecchia come il giorno più duro della sua vita.

L’ex primo ministro Ehud Olmert (a destra) mentre parla giovedì scorso via Zoom con lo studioso australiano Sherry Sufi

Nel 2015 Abu Mazen disse anche che l’offerta di Olmert di accettare in Israele un numero simbolico di profughi palestinesi non risolveva il problema, giacché i palestinesi rivendicano il “diritto” di stabilirsi dentro Israele per tutti i discendenti dei profughi palestinesi, che oggi si contano a milioni.

Durante l’intervista di giovedì, Olmert ha parlato della posizione di Abu Mazen nei loro colloqui in termini più generosi di quanto abbia fatto lo stesso presidente dell’Autorità Palestinese nel 2015. “Abu Mazen non ha mai detto di no – ha sottolineato Olmert – Non è vero che rifiutò categoricamente. Da allora in poi fino ad oggi, in ogni occasione possibile Abu Mazen mi dice che non ha mai detto di no a quel piano. Quello che in effetti mi disse è che il piano era notevolissimo e sembrava molto serio. Era emozionato e aperto all’opzione di fare quell’accordo. Ma aggiunse di non essere un esperto di mappe  e di non poter firmare prima di mostrarlo agli esperti dalla sua parte. Abu Mazen – continua Olmert – è una persona perbene che vuole la pace. Con lui avrei fatto l’accordo. Purtroppo, non ha funzionato per ragioni che sfuggono alla mia comprensione”.

In giallo/ocra, lo stato palestinese che esisterebbe già oggi se nel 2008 i palestinesi avessero accettato la proposta di Olmert (clicca per ingrandire)

Nel suo libro Tested by Zion, l’esperto diplomatico statunitense Elliott Abrams ha esaminato una serie di possibili ragioni per cui Abu Mazen rifiutò l’irripetibile offerta di Olmert. Forse aspettava di vedere quale sarebbe stata la politica del nuovo presidente degli Stati Uniti che stava per entrare in carica, oppure non voleva firmare con un primo ministro, Olmert, che considerava “azzoppato” dalle inchieste in corso a suo carico. Forse sentiva di non avere legittimità fra i palestinesi e non ebbe il coraggio di firmare un accordo che avrebbe posto fine al conflitto. Nel suo colloquio con Sufi, Olmert solleva la possibilità che il conflitto sia diventato la “fonte di sostentamento” dei gruppi terroristici palestinesi e che questi abbiano dissuaso Abu Mazen dal fare un accordo.

Altri sottolineano che alla fine Abu Mazen – come ebbe a dire egli stesso – non poteva rinunciare alla pretesa che Israele consenta a milioni di discendenti di profughi palestinesi di stabilirsi all’interno del paese come cittadini a pieno titolo: una linea rossa che Olmert – come qualunque altro leader israeliano – non poteva varcare, poiché significherebbe distruggere Israele come stato ebraico. Secondo un articolo di New Republic del 2013, Olmert aveva proposto di consentire l’insediamento in Israele di un numero simbolico di profughi palestinesi all’interno dei confini israeliani (5.000 nell’arco di cinque anni), offrendo al contempo risarcimenti e opera di reinserimento per gli altri. Stando a “fonti ben informate” citate in quell’articolo, Abu Mazen aveva detto all’allora Segretaria di Stato americana Condoleezza Rice che sarebbe stato disposto ad accettare un accordo in cui Israele accettasse tra i 40.000 e i 60.000 profughi. “Avrei trattato per arrivare a un compromesso”, disse all’epoca Ehud Olmert.

“Ma queste sono tutte speculazioni – ha scritto Abrams sul suo blog – Quello che non è una speculazione è che il primo ministro israeliano fece un’ottima offerta di pace e il capo palestinese, capo del partito Fatah, dell’Olp e dell’Autorità Palestinese, la respinse. Quelli che amano incolpare Israele per la perdurante mancanza di progressi verso un accordo di pace globale presumibilmente non presteranno alcuna attenzione a questa intervista, ma questi sono i fatti”.

Sufi spiega di aver organizzato l’intervista per cercare di capire perché Olmert e Abu Mazen non arrivarono a un accordo di pace. “Molti critici anti-israeliani – dice Sufi – sostengono che se solo Israele si ritirasse sulle linee del 1967, questo risolverebbe il conflitto. Ma il piano di pace di Olmert del 2008 era in pratica la cosa più vicina che si possa immaginare proprio a quell’obiettivo, il che dunque solleva l’interrogativo: perché non fu colto al volo? Circolano molte informazioni contraddittorie su cosa andò storto e perché quell’accordo non venne concluso. Quindi ho pensato che sarebbe stato bello sentire direttamente la versione di Olmert. Questo era il pensiero alla base dell’intervista. Ho trovato il suo atteggiamento nei confronti della dirigenza palestinese incredibilmente comprensivo, il che è di per sé un dato affascinante e istruttivo”.

(Da: Times of Israel, 25.6.21)

Si veda anche:

“Olmert offrì ad Abu Mazen più terra di quella che chiedeva, ma Abu Mazen disse no”

“Rifiutai l’offerta di pace di Olmert”

Ecco lo Stato rifiutato dai palestinesi

Condoleeza Rice: “Restai scioccata dal no di Abu Mazen all’offerta di Olmert”

Aspettando il Godot palestinese