Olmert vuole negoziare con Abu Mazen la nascita dello stato palestinese

Propone un accordo sui principi, seguito da negoziati sui temi più difficili

image_1776Il primo ministro israeliano Ehud Olmert ha confermato mercoledì che intende intavolare negoziati col presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) sulla formazione di uno stato palestinese.
Olmert reagiva a notizie riportate dal quotidiano israeliano Ha’aretz secondo cui il premier israeliano ha intenzione di proporre l’avvio di negoziati per un “accordo sui principi” per la creazione di uno stato palestinese comprendente la striscia di Gaza e la maggior parte della Cisgiordania.
In una conferenza stampa con il presidente d’Israele Shimon Peres, Olmert ha comunque precisato che non è stato ancora stabilito un calendario per questi negoziati.
Olmert ha aggiunto che vi sono anche “altre intese riservate” con l’Autorità Palestinese, oltre alle misure per creare fiducia adottate da Israele tra cui la scarcerazione di detenuti affiliati al movimento Fatah di Abu Mazen, l’amnistia per i terroristi Fatah ricercati che accettano di cedere le armi e il trasferimento delle rimesse fiscali congelate.
La proposta di Olmert ad Abu Mazen si baserebbe sulla convinzione che è importante innanzitutto discutere le questioni sulle quali è relativamente facile trovare un accordo fra le parti. Olmert è anche convinto che un tale accordo godrebbe del sostegno di una schiacciante maggioranza degli israeliani e alla Knesset.
“Sono deciso a creare un canale che mi permetta di intavolare serie discussioni con Abu Mazen – ha detto Olmert nella conferenza stampa – Sia chiaro, Abu Mazen è nella pienezza delle sue responsabilità ed è pronto ad assumersi dei rischi. Vi sono rischi anche per Israele, ma siamo forti abbastanza per assumerceli”.
A proposito della visita ufficiale in Israele dei ministri degli esteri egiziano e giordano venuti a Gerusalemme per promuovere l’iniziativa di pace della Lega Araba (ma che, a differenza di quanto precedentemente annunciato, sono venuti in rappresentanza dei rispettivi governi e non della Lega Araba), Olmert ha detto: “Intendo avviare un processo politico con tutte le mie forze e far avanzare le cose. Se sarà appropriato un aiuto da parte di altri stati come Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, ben vengano. Ma non intendo stare ad aspettarli seduto a braccia conserte perché parta il processo. Siamo noi che lo avviamo e che lo guidiamo, perché siamo convinti che i progressi nel processo di pace servano gli interessi di Israele”.
Se la proposta di Olmert verrà accettata dai palestinesi, le due parti potranno avviare negoziati sulle caratteristiche dello stato palestinese, le sue istituzioni ufficiali, l’economia e gli accordi doganali con Israele. Dopo un “accordo sui principi”, le due parti potranno affrontare i temi diplomatici più delicati come i confini definitivi e gli accordi per il transito.
Si ritiene che accordi di questo tipo offrirebbero sia ad Abu Mazen che a Olmert vantaggi politici interni, e il leader palestinese potrebbe usarli nel quadro della sua campagna per essere rieletto.
In base ai sondaggi, Olmert sa che l’opinione pubblica israeliana è in grande maggioranza a favore della soluzione due popoli-due stati, e sa che l’attuale equilibrio di forze alla Knesset gli permetterebbe di raccogliere una maggioranza di 82 parlamentari (su 120) a sostegno di questa opzione.
Dal punto di vista del primo ministro israeliano, questo non è il momento giusto per entrare in tutti i dettagli dell’accordo giacché sarebbe molto difficile arrivare a un’intesa su tutte le questioni relative allo status definitivo (confini, Gerusalemme, profughi). Olmert propone di lasciare questi temi alla fine dei negoziati: prima arrivare a un accordo di principio, poi procedere con le questioni più intricate. In questo modo, dice Olmert, sarà possibile rilanciare il processo di pace nonostante la debolezza dell’Autorità Palestinese e lo scetticismo riguardo alla sua capacità di tenere fede alla sua parte dell’accordo e alle garanzie di sicurezza.
I principi che Olmert offrirà come parte del primo accordo saranno verosimilmente i seguenti.
– La creazione di uno stato palestinese comprendente circa il 90% del territorio di Cisgiordania e tutta la striscia di Gaza. Anche prima delle elezioni del 2006, Olmert aveva suggerito che Israele sgomberasse unilateralmente questa parte della Cisgiordania ritirandosi all’interno della barriera difensiva, allo scopo innanzitutto di preservare la maggioranza ebraica nel proprio territorio dietro un confine difendibile. (Questo piano di ritiro unilaterale, sulla falsariga di quello già attuato nell’estate 2005 dalla striscia di Gaza, è rimasto congelato dopo l’escalation di violenze impressa da terroristi palestinesi e libanesi lungo i confini internazionali su cui Israele si era ritirato sia a sud che a nord.) L’eventuale sostegno palestinese a un tale accordo contribuirebbe ad accrescere il favore di elettori e politici israeliani.
– Uno scambio di territorio per compensare i blocchi di insediamenti in Cisgiordania che resterebbero sotto controllo israeliano.
– Un collegamento tra Cisgiordania e striscia di Gaza attraverso un tunnel allo scopo di garantire ai palestinesi continuità territoriale, prevenendo frizioni fra israeliani e palestinesi e preservando la sicurezza. Israele potrà chiedere compensazioni territoriali per l’apertura del tunnel sul suo territorio sovrano. Dal punto di vista israeliano, un tunnel di collegamento fra Cisgiordania e striscia di Gaza è l’opzione migliore, preferibile alla proposta di un’autostrada sopraelevata o infossata.
– I palestinesi potranno dichiarare la loro capitale a Gerusalemme. In passato Olmert aveva già suggerito d’essere disposto a ritirarsi dai quartieri arabi ai “margini” orientali di Gerusalemme, che non sono mai stati considerati parte della città storica. La Città Vecchia (entro la cerchia delle mura ottomane), i suoi dintorni e il Monte degli Ulivi resterebbero sotto controllo israeliano.
Olmert ha avviato le prime discussioni su questa prospettiva politica nei suoi recenti incontri con Abu Mazen. Obiettivi e cornice dei negoziati sono stati discussi anche nel corso degli incontri di routine fra Olmert e i suoi consiglieri Yoram Turbowicz e Shalom Turjeman, e i loro interlocutori palestinesi Rafik Huseini e Saeb Erekat.
Olmert ha invece declinato una proposta del segretario di stato Usa Condoleezza Rice di definire un accordo finale completo, da negoziare con l’aiuto di Washington e poi da “congelare” in attesa delle condizioni per applicarlo. Olmert ha spiegato di temere che l’Autorità Palestinese non sarà mai in grado di applicare un tale accordo e soprattutto che un tale documento possa poi essere usato come punto di partenza per ulteriori rivendicazioni e negoziati, come è accaduto per le proposte dell’allora primo ministro israeliano Ehud Barak al summit di Camp David del luglio 2000 e quelle dell’allora presidente Usa Bill Clinton del dicembre successivo, che dovevano delineare accordi definitivi e invece ora vengono considerate dalla comunità internazionale come basi per futuri negoziati.

(Da: Ha’aretz, 25.07.07)

Nella foto in alto: Il primo ministro israeliano Ehud Olmert con il presidente d’Israele Shimon Peres