Olp e Amman furibonde con Abu Mazen per la ventilata proposta di confederazione

Una confederazione giordano-palestinese accanto a Israele sarebbe una soluzione perfettamente logica. Per questo non si farà mai

Gli inviati del presidente Usa per il Medio Oriente, Jason Greenblatt e Jared Kushner, con il presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen

Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) si è tirato addosso dure condanne, lunedì, per aver detto che i palestinesi sarebbero propensi ad accettare una confederazione fra Cisgiordania e Giordania a condizione che Israele faccia parte di tale confederazione.

Incontrando domenica una delegazione israeliana di Peace Now, Abu Mazen ha affermato che l’idea è stata ventilata durante un incontro con gli inviati degli Stati Uniti, nel quadro degli sforzi di Washington per promuovere il processo di pace israelo-palestinese. L’amministrazione Trump ha tuttavia smentito il resoconto.

Un alto esponente dell’Olp (l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina presieduta dallo stesso Abu Mazen) ha definito la proposta “delirante”, dicendo che una confederazione giordano-palestinese non è altro che “un sogno proibito dell’estrema destra israeliana”. “E ‘difficile credere – ha detto l’esponente palestinese – che questa proposta sia qualcosa di più che vuota retorica, intesa a mettere i bastoni fra le ruote dei tentativi di mediare la riconciliazione [tra Fatah e Hamas]. Abu Mazen conosce perfettamente la posizione della dirigenza palestinese su questo argomento, nonché la posizione della Giordania”.

Dal canto suo, un importante ministro del governo israeliano ha detto che l’idea della confederazione giordano-palestinese “non nasce certo nel vuoto” ed è “sul tappeto”. Il concetto, ha detto il ministro israeliano, non è privo di meriti, ma è chiaro che Abu Mazen non lo prenderà mai sul serio per cui ogni discussione sull’argomento deve essere rimandata a all’era post-Abu Mazen. Se e quando le condizioni permetteranno di promuovere l’idea di una confederazione tra Giordania e Palestina, il piano verrà presentato solo dopo che i paesi arabi moderati l’avranno abbracciato lasciando ai palestinesi poche alternative. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha declinato di commentare la questione. Tuttavia un alto funzionario diplomatico israeliano ha precisato domenica che non c’è Israele dietro alla proposta attribuita da Abu Mazen agli emissari americani Jared Kushner e Jason Greenblatt.

Francobollo giordano del 1964

La Giordania ha invece respinto l’idea senza mezzi termini. La portavoce del governo giordano Jumana Ghuneimat ha dichiarato domenica che la questione “non è nemmeno in discussione”, ribadendo che il Regno Hashemita è per una soluzione “a due stati” che deve essere negoziata tra Israele e palestinesi. Un alto esponente giordano ha affermato: “Molti in Israele sostengono che la Giordania sia, in realtà, la Palestina: un’idea che noi rifiutiamo completamente. Siamo rimasti sorpresi nel sentire che Abu Mazen avrebbe sostenuto il concetto di una confederazione [israelo-giordano-palestinese]”. Un piano del genere – scrive Israel Today – spaventa i governanti Hashemiti di Giordania, che sono minoranza nel loro stesso paese. Più del 60% della popolazione attuale della Giordania è costituita da arabi palestinesi. Gli Hashemiti sono beduini originari dell’area della Mecca, in Arabia Saudita, ai quali fu assegnato dal governo britannico il governo sull’allora Transgiordania”.

Anche il parlamentare arabo israeliano Jamal Zahalka (Lista Araba Congiunta) ha attaccato Abu Mazen: “Il fatto che il capo dell’Autorità Palestinese anche solo parli di questo genere di piano equivale ha un insulto”, ha scritto Zahalka su Facebook.

Secondo un sondaggio condotto nell’ottobre 2016 dall’università Al-Najah di Nablus, il 46% dei palestinesi intervistati si dichiarava a favore di una confederazione con la Giordania sulla base di due stati indipendenti uniti da forti rapporti istituzionali, mentre il 41% si diceva contrario. Senza contare gli intervistati a Gaza, la percentuale a favore nella sola Cisgiordania risultava del 52%, contro il 44%.

(Da: Israel HaYom, Jerusalem Post, Israel Today, 4.9.18)

Ben-Dror Yemini

Scrive Ben-Dror Yemini: Quando gli inglesi acquisirono il controllo sulla Palestina nel quadro del Mandato della Società delle Nazioni, l’area comprendeva entrambe le sponde del fiume Giordano e copriva circa 117.000 kmq. Tuttavia, nel 1921 il governo britannico tracciò una linea di separazione tagliando via tutta la sponda orientale del fiume Giordano, che prese il nome di Emirato di Transgiordania o semplicemente Transgiordania. A tutti gli effetti, una creazione colonialista.

Quando, nel 1936, venne nominata la Commissione Peel a seguito delle violenze della “rivolta araba”, il suo rapporto finale propose un’ulteriore divisione: allo stato ebraico (la “sede nazionale ebraica” prevista dal Mandato della Società delle Nazioni) venivano destinati solo 4.800 kmq, mentre 20.600 kmq sarebbero andati ad aggiungersi allo stato arabo, la Transgiordania, che si estendeva già su un territorio di circa 90.000 kmq. Il rapporto Peel non parlava di istituire uno “stato palestinese” per il semplice fatto che a quel tempo nessuno parlava di palestinesi o di entità palestinesi, men che meno gli stessi arabi di Palestina. Il rapporto Peel riguardava l’allargamento di un singolo stato arabo su entrambe le sponde del fiume Giordano. Vale la pena notare che a questo stato arabo veniva riservato dalla Commissione Peel il 96% della originaria terra di Palestina, e solo il restante 4% veniva destinato alla sovranità ebraica. L’unanime opposizione araba a tale suddivisione non era dovuta alla creazione di uno stato arabo su entrambe le sponde del fiume Giordano: era dovuta alla misera percentuale di territorio che veniva riservata agli ebrei.

Il Mandato della Società delle Nazioni sulla Palestina, 1920

Ad ogni modo, assecondando il rifiuto arabo gli inglesi lasciarono cadere le raccomandazioni del rapporto Peel (e vararono invece il Libro Bianco del febbraio ’39 che limitò drasticamente l’immigrazione ebraica per più di nove anni, compresi i terribili anni della Shoà).

Il piano di spartizione approvato dalle Nazioni Unite nel novembre 1947 prevedeva per lo stato ebraico 15.000 kmq, pari a meno del 13% della terra originariamente conosciuta come Palestina: un netto miglioramento rispetto al 4% riservato agli ebrei dalla Commissione Peel (ma pur sempre una piccola parte rispetto alla Palestina del Mandato originario). Ma il rifiuto arabo della nuova suddivisione e la conseguente invasione di Israele da parte dei paesi arabi circostanti provocarono la guerra del 1948-49, al termine della quale il neonato stato ebraico risultò di 21.000 kmq.

Il Mandato sulla Palestina dopo la prima spartizione del 1922

Su una cosa possiamo tutti concordare: per tutto quel tempo non venne mai stata fatta alcuna distinzione tra gli arabi che risiedono sul lato ovest del fiume Giordano e quelli che risiedono sul lato est. Appartenevano alle stesse famiglie, praticavano la stessa religione, parlavano la stessa lingua, condividevano la stessa cultura. Dopo la guerra del ‘48, i giordani decisero unilateralmente di annettere la parte che avevano occupato a ovest del fiume, da allora indicata come Cisgiordania, e attribuirono la cittadinanza agli arabi che vi avevano vissuto sotto il Mandato britannico. Non erano palestinesi, a quei tempi: erano arabi. L’Onu non aveva deciso di istituire uno stato palestinese: aveva deciso di istituire uno stato arabo. Il legame stabilito dalla Giordania era perfettamente naturale: non era un legame tra stranieri, ma tra fratelli.

Dopo la guerra dei sei giorni del ’67 (che portò la Cisgiordania sotto controllo israeliano), l’opzione giordana era l’opzione prioritaria per un accordo di pace. Dopo tutto, non a caso il mondo arabo non aveva creato nessuno stato “palestinese” indipendente nei due decenni in cui la Cisgiordania (e Gaza) erano rimaste sotto controllo arabo. E non è un caso se la risoluzione Onu 242 del novembre ‘67 parla di un ritiro israeliano, ma non parla di nessun nuovo stato arabo (palestinese): secondo l’Onu, la pace si sarebbe dovuta raggiungere negoziando una restituzione di territori da Israele agli arabi (la Giordania) in cambio della cessazione delle belligeranza araba contro Israele e il rispetto della sua indipendenza e integrità territoriale “entro confini sicuri e riconosciuti”. Nel marzo 1972, durante un discorso al parlamento giordano, re Hussein illustrò la sua idea di un regno arabo unito composto da due distretti: il regno Hashemita di Giordania e un distretto palestinese in Cisgiordania. I due distretti sarebbero stati autonomi, ma difesa e affari esteri sarebbero stati sotto il controllo del governo centrale di Amman. Nel 1987 venne fatto un ultimo tentativo di attuare la pace attraverso l’opzione giordana, nel quadro dell’accordo raggiunto in aprile a Londra fra re Hussein e l’allora ministro degli esteri israeliano Shimon Peres. Yitzhak Shamir, allora primo ministro israeliano, impose il veto. Fu un errore storico. Un anno dopo, il 31 luglio 1988, nel pieno delle violenze della prima intifada, re Hussein rinunciava formalmente alle rivendicazioni giordane sulla sponda ovest del fiume (ad eccezione del ruolo di cestode dei luoghi santi islamici a Gerusalemme).

Le bandiere palestinese e giordana

Se il Medio Oriente si comportasse in modo razionale, il legame tra popolazioni appartenenti alla stessa nazione araba sarebbe del tutto ovvio e naturale. In fondo, loro stessi non fanno che parlare di “unità araba”. In effetti, tutta una serie di esponenti e rappresentanti arabi, tra cui ad esempio Azmi Bishara (ex parlamentare arabo israeliano, fuggito da Israele nel 2007 per sottrarsi a un’inchiesta per spionaggio a favore di Hezbollah), ammettono apertamente che “non esiste nessun popolo palestinese” (in un’intervista della fine degli anni ’90 al giornalista Yaron London della tv Canale 2, Bishara disse: “Non credo che ci sia un popolo palestinese, non credo che esista nessuna nazione palestinese. C’è una nazione araba e ho sempre pensato così, non ho cambiato idea. Penso che la nazione palestinese sia un’invenzione del colonialismo. Quando mai sono esistiti i palestinesi? Fino a tutti il XIX secolo ‘Palestina’ era la parte meridionale della grande Siria”). È facile capire l’esistenza di un paese come l’Egitto, che ha una storia e un retaggio specifici. Ma giordani e palestinesi? Hanno certamente il diritto di autogovernarsi. Ma perché e per cosa separarsi? Cos’è che li distingue, esattamente? Niente. Perfino la regina di Giordania è palestinese.

Se è vero ciò che ha detto domenica Abu Mazen, che l’amministrazione statunitense ha ventilato l’ipotesi di un piano di pace basato su una confederazione giordano-palestinese, si tratterebbe di una raccomandazione perfettamente appropriata e corretta. Semmai non è chiaro (ed è un po’ sospetto) il motivo per cui Abu Mazen insiste perché venga incluso Israele in tale confederazione: come se i croati volessero unirsi agli sloveni. È vero che, trentun anni dopo il fallimento dell’accordo di Londra, sembra che l’opzione giordana non venga più presa in considerazione. Ma la storia e la logica richiederebbero di rimetterla sul tavolo delle trattative.

(Da: Ynetnews, Jerusalem Post, israele.net, 3-4.9.18)

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