Ora Amnesty lo dice apertamente: “Lo stato ebraico non dovrebbe esistere”

Tutti i 25 membri ebrei della Camera dei Rappresentanti condannano la dichiarazione del direttore di Amnesty Usa

Il direttore esecutivo di Amnesty International USA Paul O’Brien: Israele “non dovrebbe esistere come stato ebraico”

Il direttore esecutivo di Amnesty International negli Stati Uniti, Paul O’Brien, ha affermato che la sua organizzazione è contraria al fatto che “Israele continui ad esistere come stato del popolo ebraico”. “Siamo contrari all’idea – ha detto O’Brien intervenendo la scorsa settimana a un evento del Women’s National Democratic Club a Washington – e questa penso sia una parte esistenziale del dibattito”.

Le parole dell’esponente di Amnesty sono state riportate venerdì scorso da Jewish Insider, secondo il quale O’Brien ha anche affermato di non credere ai sondaggi che mostrano un sostegno schiacciante degli ebrei statunitensi verso Israele (in particolare, un sondaggio della Ruderman Family Foundation del 2020 da cui risulta che otto ebrei americani su 10 si definiscono “pro-Israele”, un dato in linea coi risultati di numerosi altri sondaggi nel corso degli anni). “Non credo che sia vero – ha affermato O’Brien – Credo al mio istinto che mi dice che ciò che gli ebrei in questo paese vogliono è sapere che c’è un luogo sicuro per gli ebrei, che possano chiamare casa”. Anziché uno stato ebraico con una chiara maggioranza ebraica dove gli ebrei possano autodeterminarsi democraticamente, secondo “l’istinto” di O’Brien (che non è ebreo) gli ebrei americani vorrebbero solo “uno spazio sicuro”.

“Se c’era qualche dubbio sulla credibilità di Amnesty come voce legittima e autorevole, ora è del tutto chiaro che è invece saldamente radicata nell’ambito dei provocatori estremisti anti-israeliani”, ha dichiarato venerdì in un’intervista William Daroff, amministratore delegato della Conferenza dei Presidenti delle maggiori organizzazioni ebraiche americane. In precedenza aveva definito “vergognose” le frasi di O’Brien: “È chiaro che la loro autentica visione è quella di un Medio Oriente senza Israele come stato ebraico”. Jonathan Greenblatt, amministratore delegato della Anti-Defamation League, ha chiesto a O’Brien di scusarsi con gli ebrei.

La segretaria generale di Amnesty International Agnès Callamard (a sinistra), ricevuta lo scorso 9 febbraio a Ramallah dal presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen

Lunedì, tutti i 25 membri ebrei Democratici alla Camera dei Rappresentanti degli stati Uniti (un gruppo parlamentare che molto raramente si trova d’accordo all’unanimità su questioni di interesse ebraico) hanno diffuso una dichiarazione congiunta che denuncia O’Brien per aver sostenuto che gli ebrei americani non vogliono che Israele sia uno stato ebraico. “Come membri ebrei della Camera dei Rappresentanti – affermano i parlamentari americani – rappresentiamo punti di vista diversi su una serie di questioni relative a Israele. Tuttavia, concordiamo pienamente sul fatto che il tentativo paternalistico del signor O’Brien di parlare a nome della comunità ebraica americana è allarmante e profondamente offensivo”.

“Sulla scia di un recente rapporto di Amnesty International che un certo numero di noi ha condannato perché delegittima il diritto del popolo ebraico all’autodeterminazione e mina le prospettive di una soluzione a due stati – continua la dichiarazione congiunta – il direttore esecutivo Amnesty International negli Stati Uniti Paul O’Brien ha ora compiuto un passo ulteriore, molto inquietante: pretende di parlare a nome dell’intera comunità ebraica su Israele, affermando che il suo ‘istinto’ gli dice che ‘ciò che vogliono gli ebrei in questo paese’ è che Israele ‘dovrebbe non esistere come stato ebraico’. O’Brien ha così aggiunto il suo nome alla lista di coloro che, nel corso dei secoli, hanno cercato di negare e usurpare l’entità indipendente del popolo ebraico. Siamo uniti nel condannare questo e qualsiasi altro tentativo antisemita di negare al popolo ebraico il controllo sul proprio destino”.

(Da: Haaretz, Jerusalem Post, YnetNews, 12-14.3.22)