Ora la palla è in campo arabo e americano

Accetteranno l’idea di uno stato palestinese smilitarizzato che viva in pace a fianco dello stato ebraico?

Dalla stampa israeliana

image_2523Scrive Ma’ariv: Quand’anche Netanyahu domenica sera fosse stato più generoso coi palestinesi e avesse offerto uno stato palestinese basato sulle linee pre-’67; e quand’anche avesse lasciato cadere la richiesta che riconoscano Israele come stato ebraico e avesse ceduto alla loro richiesta di arrivare a una cosiddetta soluzione “giusta e concordata” del problema dei profughi; e quand’anche avesse chiesto perdono ai palestinesi per la “nakba” (non che debba farlo), loro gli avrebbero comunque detto che non era abbastanza. Storicamente i palestinesi, ogni qualvolta si sono avvicinati al momento della verità, hanno sempre detto “no”, rifiutando offerte ben più generose di quella di Netanyahu: da quella della Commissione Peel (1937), a quella dell’Onu (1947), a quella di Bill Clinton (2001). Domenica sera Netanyahu si è mosso nella giusta direzione. Non ha fatto che rendere più evidente ciò che avrebbe dovuto essere già chiaro: non è Israele che rifiuta uno stato palestinese (a fianco di Israele), sono i palestinesi che non lo vogliono. Non l’hanno mai veramente voluto. Noi dobbiamo dire sì, sì e sì affinché sia chiaro chi è che dice no, no e ancora no.

Scrive Yisrael Hayom: Netanyahu ha ributtato la palla nel campo americano, e non solo là. Palestinesi e leader degli stati arabi – partner essenziali per qualunque composizione regionale – dovranno vedersela fra loro sulle richieste di Israele (riconoscimento di Israele come stato nazionale del popolo ebraico e stato palestinese smilitarizzato), richieste che sono fondamentalmente accettate da tutti i soggetti del mondo libero.

Scrive Yair Lapid su YnetNews: “Parlerò qui con coraggio e onestà”, ha detto Netanyahu domenica sera, e sorprendentemente l’ha fatto davvero. C’era un bel po’ di coraggio politico nel fatto di riconoscere la prospettiva dei due stati, con la chiara consapevolezza che ciò lo metterà in rotta di collisione con molti di coloro che l’hanno votato tre mesi fa. E c’era senz’altro onestà in tutte le riserve che ha sollevato. Si possono condividere o meno, ma non c’è dubbio che Netanyahu ha detto quello che pensa. Non ha eluso i nodi, anzi ha sollevato uno per uno tutti i punti che preoccupano ogni israeliano sano di mente che non sia disposto a nascondere la testa nella sabbia: l’intransigente rifiuto palestinese, l’istigazione all’odio e alla violenza, l’ascesa di Hamas a Gaza, il cosiddetto diritto al ritorno. Domenica sera Netanyahu ha superato il classico test di leadership in Israele: se non è piaciuto a tutti, vuol dire che ha fatto la cosa giusta. L’estrema sinistra sosterrà che le tante riserve seppelliranno il suo riconoscimento della prospettiva di due stati; l’estrema destra dirà che questo riconoscimento segna la fine del sogno sionista; gli americani non apprezzeranno il riferimento che ha fatto alla crescita naturale degli insediamenti. Ebbene, sbagliano tutti quanti.

Scrive il Jerusalem Post: Tralasciamo per un momento gli arabi e il presidente Obama e chiediamoci: il discorso di domenica sera alla Bar-Ilan University con cui Binyamin Netanyahu ha delineato la sua visione di una pace israelo-araba soddisfa l’opinione pubblica maggioritaria israeliana? Contribuisce a forgiare un consenso generale in Israele? La risposta è sì. La maggior parte degli israeliani ritiene ormai da tempo che uno stato palestinese risponderebbe all’interesse nazionale di Israele. Il dubbio è: che genere di stato palestinese? Quello che gli israeliani non vogliono è che il modello sia quello del mini-stato terrorista di Hamas nella striscia di Gaza. Sono i palestinesi quelli che si sono opposti alla suddivisione di questa terra, dando corpo ai nostri timori circa le loro reali intenzioni. Sin dai tempi del piano di spartizione dell’Onu fino all’offerta territoriale di Ehud Barack nel 2000 e a quella di Ehud Olmert nel 2008, sono stati i palestinesi quelli che hanno sempre detto no. Ultimamente, invece, siccome Netanyahu non aveva ancora esplicitamente sottoscritto la soluzione “a due stati”, è andata crescendo l’impressione che il problema fosse Israele. Ma domenica sera Netanyahu ha messo in chiaro il suo sostegno per uno stato palestinese smilitarizzato. I dettagli territoriali dovranno essere negoziati. E la dirigenza palestinese dovrà riconoscere Israele come stato ebraico, abbandonando la pretesa di insediare dentro Israele milioni di discendenti dei 650.000 profughi arabi originari dalla guerra d’indipendenza. Tale offerta, provenendo da un leader del Likud, è di importanza storica. Ora la palla è in campo arabo. Accetteranno gli stati arabi l’idea di uno stato palestinese smilitarizzato che viva fianco a fianco di uno stato ebraico? La comunità internazionale, e l’amministrazione Obama in particolare, abbracceranno la visione delineata da Netanyahu? Se non lo faranno, faranno a pezzi le speranze della maggioranza degli israeliani e condanneranno al fallimento le prospettive di pace. Il discorso di Netanyahu ha dimostrato che i governi israeliani onorano gli impegni dei loro predecessori. Sarà interessante vedere se la Casa Bianca sosterrà, implicitamente o esplicitamente, la lettera di George W. Bush dell’aprile 2004 sui “confini del ’67 modificati”. Un impegno che venne approvato a stragrande maggioranza dal Congresso, ma che Obama non ha ancora avallato. Il discorso del primo ministro israeliano giunge all’indomani del rafforzamento della leadership di Mahmoud Ahmadinejad in Iran, in un periodo in cui sembrano riprendere i tentativi di infiltrazione terroristica e i lanci di razzi Qassam dalla striscia di Gaza. Ora è tempo che gli israeliani si uniscano le forze, che l’interesse nazionale abbia la precedenza sulle differenze di partito. Soprattutto, è tempo che occidente e Stati Uniti si diano da fare per convincere i palestinesi a tornare al tavolo negoziale perseguendo l’appello di Netanyahu per una riconciliazione possibile.

(Da: Ma’ariv, Yisrael Hayom, YnetNews, Jerusalem Post, 15.06.09)

Nell’immagine in alto: Per accettare l’idea di uno stato palestinese smilitarizzato che viva in pace a fianco di uno stato ebraico, i palestinesi dovrebbero contraddire decenni di propaganda che esalta esplicitamente la conquista violenta di tutta la terra con la cancellazione di qualunque sovranità ebraica.