Ostracizzata dalla famiglia la candidata musulmana alle primarie del Likud

Dima Tayeh: “Non esiste nessun altro paese in Medio Oriente che rispetti i cittadini e la democrazia come Israele"

Dima Tayeh, la cittadina israeliana araba musulmana che ha annunciato la propria candidatura alle primarie del Likud

Una cittadina israeliana, araba e musulmana, candidata alle primarie del partito Likud è stata condannata mercoledì dai suoi famigliari che l’accusano d’aver tradito il proprio popolo e affermano che romperanno tutti i rapporti con lei finché non ritratterà le sue posizioni.

Dima Tayeh, originaria del villaggio di Kafr Manda, in Galilea, ha fatto notizia martedì scorso quando ha rilasciato un’intervista al notiziario di Hadashot TV nella quale ha annunciato la propria candidatura alle primarie del Likud, il partito del primo ministro Benjamin Netanyahu, e ha preso le difese della controversa legge sullo stato nazionale del popolo ebraico, varata lo scorso luglio e accusata da varie parti d’essere discriminatoria nei confronti della minoranza araba d’Israele. Il giorno successivo, la sua famiglia ha diffuso una dichiarazione in cui “condanna” Dima Tayeh mettendo bene in chiaro che le sue opinioni non sono condivise dai suoi famigliari. “A causa delle sue dichiarazioni – scrivono i famigliari – noi non avremo più contatti con lei né le forniremo alcuna assistenza finché non ritratterà le sue parole e non proclamerà la sua fedeltà nei confronti del suo popolo e della sua fede”.

Tayeh ha dichiarato di essere orgogliosamente membro del Likud già da sei anni. “Ritengo che il Likud possa garantire alla nazione la sicurezza e un’economia fiorente– ha detto a Hadashot TV – e che possa davvero includere opinioni e culture diverse. Sono fiera di candidarmi alle primarie del Likud come araba, come donna e come musulmana che dà una mano alla propria comunità cercando di aiutare loro e lo stato di Israele”.

Nel corso dell’intervista, Dima Tayeh ha difeso la recente legge sullo stato nazionale del popolo ebraico dicendo d’averla letta parola per parola e di non aver trovato “nulla di razzista o discriminatorio”. “Non penso che danneggi le minoranze, né qualsiasi cittadino – ha concluso Tayeh – Israele è uno stato ebraico e democratico e non esiste nessun altro paese in Medio Oriente che rispetti i propri cittadini come Israele, dando loro la maggiore eguaglianza possibile e garantendo la democrazia per tutti”.

(Da: Times of Israel, 10.1.19)

“Magari tutte le popolazioni arabe potessero vivere in una democrazia come Israele”. Da un’intervista di Dima Tayeh alla tv arabo-israeliana Musawa (14 ottobre 2018)

Dima Tayeh: “Non è che Israele mi ha reclutato per migliorare la sua immagine nel mondo. Io sono fiera del mio paese, Israele, e come araba musulmana rappresento la minoranza musulmana che vive in questo paese, e rappresento lo stato democratico che garantisce diritti alla sua popolazione. Che piaccia o no, siamo parte inseparabile di questo paese. […] Questo stato ti dà, come operatore nei mass-media, una piattaforma da cui parlare, mentre in Russia nessun giornalista può parlare contro i governanti. Quindi Israele è una democrazia. Posso fare qualsiasi lavoro che sia compatibile con quello che ho fatto nella vita. I posti di lavoro disponibili per gli arabi sono gli stessi disponibili per gli ebrei. Magari tutte le popolazioni arabe potessero vivere in una democrazia come Israele. Se confrontiamo Israele con Iraq, Siria, Egitto, Arabia Saudita, Qatar, Giordania…”
Intervistatore: “Non voglio fare paragoni. Io vivo qui di diritto. Nessuno mi sta facendo un favore permettendomi di vivere qui”
Dima Tayeh: “Beh, mi hai fatto una domanda [sulla democrazia israeliana] e ti ho risposto. […] Israele è una democrazia, come è scritto nella Dichiarazione di Indipendenza, e ha delle minoranze: arabi musulmani, arabi drusi e così via. Cosa significa essere una democrazia? Significa uno stato che tratta con dignità le persone che ci vivono e dà loro il diritto di praticare la loro religione, di studiare, lavorare, votare, diventare giudici, avvocati e membri del parlamento” […]
Intervistatore: “Non c’è un apartheid qui?”
Dima Tayeh: “No. Israele non è uno stato da apartheid e chiunque lo dica dovrebbe vergognarsi”
Intervistatore: “Non parlare così”
Dima Tayeh: “Israele è una democrazia. Vivete in questo paese, avete le carte d’identità israeliane, lavorate qui, presentate le vostre opinioni, studiate, diventate insegnanti e avvocati, guidate le nuove generazioni e vivete in un paese che vi tratta con dignità. Cosa hanno mai fatto la Siria, l’Iraq, l’Egitto e tutti i paesi arabi per i loro popoli? […] Non sto dicendo che in Israele è tutto rose e fiori. Non è così. Ci sono cose che mancano, ci sono cose che devono essere corrette. Ma perché non possiamo iniziare riformando noi stessi?”
Intervistatore: “Come esattamente?”
Dima Tayeh: “Correggendo la nostra condotta, le nostre azioni, la nostra etica”
Presentatore: “Ma Israele ci tratta come cittadini di quarta, quinta o sesta categoria…”
Dima Tayeh: “Questo è quello che pensi tu. […] Io penso: magari tutti i paesi arabi adottassero un sistema democratico come quello di Israele, e tengo a dire che più del 90% dei palestinesi in Cisgiordania e Gaza vorrebbero poter vivere con questo sistema”.
(Da. Memri, 14.10.18)