Per l’Unrwa potrebbe finire il tempo della cuccagna

I paesi donatori, che per settant’anni non hanno trovato da ridire sull’istigazione all'odio contro Israele, non possono tollerare che l'agenzia sia inquinata dalla corruzione

Di Ron Prosor

Ron Prosor, autore di questo articolo

Quando ho saputo che si era dimesso Pierre Krahenbuhl, Commissario generale dell’Unrwa (l’agenzia Onu per i profughi palestinesi nel Vicino Oriente) , sono rimasto scioccato. Dopotutto, le Nazioni Unite non sono famose per strepitosi risultati quando si tratta di indagare su accuse di corruzione contro le loro stesse agenzie, per non parlare dell’Unrwa che fino a poco tempo fa godeva di un’ermetica immunità a ogni critica.

Per settant’anni l’Unrwa è stata una sorta di entità separata dentro le Nazioni Unite: un’agenzia dedicata esclusivamente alla questione dei “profughi” palestinesi, parallela e staccata dall’agenzia che si occupa di tutti gli altri profughi nel mondo, l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (UNHCR). A differenza di quest’ultimo, tuttavia, l’Unrwa non ha mai nemmeno tentato di risolvere il problema dei profughi che ha in carico. A quanto pare, si è anzi dedicata a perpetuarlo ed aggravarlo. Basti considerare questo dato: quando l’Unrwa venne fondata, nel 1949, nel mondo si contavano circa 700.000 profughi palestinesi. Oggi il loro numero ammonta a 5,7 milioni.

Ma i dati dell’Unrwa vanno sempre presi con le pinze, poiché tendono a gonfiarsi in modo artificiale. Un censimento svolto in Libano nel 2017 rilevava che almeno 300.000 persone registrate dell’agenzia semplicemente non esistono, e che il numero reale di profughi palestinesi in Libano era inferiore del 66% rispetto a quanto dichiarato nei rapporti dell’Unrwa.

Mappa delle rivendicazioni palestinesi appesa in una scuola gestita dall’Unrwa (Israele è cancellato dalla carta geografica). A destra, la stessa mappa coperta da un telo in occasione della visita dell’allora Segretario Generale dell’Onu Ban Ki-moon (fonte: agenzia palestinese Ma’an, 28.6.16) – clicca per ingrandire

Allo contempo, i bilanci stanziati all’Unrwa fanno impallidire quelli destinati alla vera agenzia Onu per i rifugiati. Il budget dell’Unrwa per singolo profugo assistito è quattro volte maggiore di quello destinato a qualsiasi altro profugo del mondo. Non basta. L’Unrwa, che si occupa di 5,7 milioni di persone, impiega 30.000 dipendenti (in gran parte palestinesi), mentre l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, che si occupa di 70 milioni di profughi, impiega solo 10.000 stipendiati.

Ma a quanto pare, per l’Unrwa i tempi della cuccagna stanno per finire. La cosa è iniziata con la decisione dell’amministrazione Trump di tagliare i fondi all’agenzia. Poi sono arrivate le indiscrezioni su un rapporto interno molto imbarazzante contenente accuse di corruzione, nepotismo e malversazione a carico dei vertici dell’agenzia. Dopodiché un numero crescente di paesi donatori, tra cui Svizzera Paesi Bassi e Nuova Zelanda, hanno annunciato la sospensione degli aiuti. Evidentemente paesi donatori che hanno potuto convivere senza troppi problemi con settant’anni di istigazione e promozione dell’odio contro Israele non possono tollerare che l’agenzia delle Nazioni Unite sia contaminata dalla corruzione.

Le dimissioni di Krahenbuhl offrono una rara finestra di opportunità e Israele non può permettersi di perderla. E’ tempo di porre fine a decenni di pregiudizio e faziosità, e far confluire l’Unrwa nell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati. Coloro, in Israele, che preferiscono lasciare l’Unrwa così com’è per paura di doversi accollare istruzione, assistenza e servizi sanitari per la popolazione palestinese, guardano solo al qui e adesso ignorando gli interessi a lungo termine di Israele e degli stessi palestinesi, vale a dire l’obiettivo di porre fine al problema dei profughi palestinesi. Chiudere l’Unrwa è da tempo la cosa intelligente, giusta e etica da fare. Ora è anche possibile. Non possiamo permetterci di perdere questa opportunità.

(Da: jns.org, 7.11.19)