Persecuzione e calunnia

Sentir denigrare i copti come "crociati" dovrebbe far scattare il più forte dei campanelli d’allarme

Editoriale del Jerusalem Post

L’acqua del mare si è tinta di rosso sangue (cliccare per ingrandire)

Le decapitazioni dello “Stato Islamico” (ISIS) non sono più un’esclusiva di Siria e Iraq. La filiale libica del gruppo terroristico ha inorridito il mondo con un video che mostra la macabra decapitazione in massa di 21 copti egiziani su una spiaggia nei pressi di Sirte. L’acqua del mare si è tinta di rosso sangue. Le disgraziate vittime erano tutti lavoratori emigrati, provenienti dai villaggi impoveriti dell’Alto Egitto e passati in Libia in cerca di lavoro. Erano stati sequestrati fra dicembre e gennaio.

Oltre alla variante geografica, c’è un altro considerevole mutamento in quello che finora era stato il rituale delle esecuzioni dell’ISIS. Sebbene queste vittime non fossero occidentali, i taglia-gole li hanno descritti come tali, nella lunga filippica che accompagna il raccapricciante filmato. Gli occidentali che minimizzano il pericolo di una guerra di religione dovrebbero prestare attenzione a questo dettaglio.

Lo speaker mascherato, in uniforme mimetica militare, ha spiegato nel suo inglese zoppicante che quello che ci veniva mostrato era “il taglio di teste che hanno portato a lungo l’inganno della Croce, piene di perfidia contro l’islam e i musulmani”, e aggiungeva: “Oggi mandiamo un altro messaggio: oh crociati, voi la sicurezza potete solo sognarvela”.

Una chiesa copta presso il Cairo devastata dagli islamisti nel 2013

Una chiesa copta presso il Cairo devastata dagli islamisti nel 2013

Il termine “crociati” racchiude connotazioni molto pesanti nel lessico musulmano: si riferisce agli invasori occidentali. L’inclusione dei copti in questa categoria è particolarmente spudorata dal momento che i copti – la cui Chiesa affonda le proprie origini nel I secolo e.v. ad Alessandria – sono tutt’altro che degli intrusi stranieri. In realtà, la loro storia corre grossomodo parallela a quella degli assiri di Siria, un altro gruppo che ha sofferto atrocemente per mani musulmane. Le Chiese copta e assira figurano tra le più antiche sette del cristianesimo e i loro membri rappresentano in gran parte le vestigia di antiche popolazioni indigene (pre-arabe e pre-islamiche). Sentir denigrare i copti come “crociati” dovrebbe far scattare il più forte dei campanelli d’allarme. Essi si trovano ad affrontare un fanatismo xenofobo che ricorda quello spudoratamente praticato in Afghanistan dai caporioni talebani che, nel 2001 a Bamiyan, fecero saltare con la dinamite le monumentali statue di Buddha del VI secolo, un bene dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco ma che offendeva i fondamentalisti islamici per presunta idolatria.

Durante il recente periodo di egemonia dei Fratelli Musulmani al Cairo, alcuni equivalenti egiziani dei talebani avvertirono che avrebbero preso di mira le piramidi. Nel frattempo, prima degli orrori dell’ISIS, i vulnerabilissimi e vituperati copti costituirono un bersaglio molto più facile e più comodo. Decine di monasteri, chiese e scuole sono state saccheggiate durante il breve periodo in cui Mohamed Morsi è stato al potere in Egitto. I suoi sostenitori infiammavano le passioni accusando i copti d’aver orchestrato l’uccisione di manifestanti pro-Fratellanza Mussulmana. I copti venivano comunemente descritti come conquistatori europei che complottano per sabotare l’islam nella Terra del Nilo. E non si vide nessun intervento ufficiale a loro difesa.

Benché i copti non siano mai stati nemmeno lontanamente una forza amichevole verso Israele – in gran parte proprio perché si sentono obbligati a ingraziarsi la maggioranza araba, musulmana e nazionalista – i loro travagli sotto Morsi ricordavano la pulizia etnica di cui fu vittima l’antica comunità ebraica d’Egitto tra il 1948 e il 1956. In pratica l’Egitto venne reso Judenrein (ripulito dagli ebrei). Oggi molti copti fanno le valige e cercano di emigrare.

manifestati al Cairo: "Basta con la distruzione delle chiese"

Manifestati al Cairo: “Basta con la distruzione delle chiese”

Questa sciagura non riguarda solo i copti. I cristiani d’Egitto, che compongono il 10% della popolazione di 80 milioni, da lungo tempo sono braccati e vessati. La loro sorte è molto peggiorata durante il mandato dei Fratelli Musulmani, ma non è che i predecessori della Fratellanza si fossero dannati per salvaguardare le minoranze religiose da saccheggi, omicidi e dal rapimento e conversione forzata delle donne, costrette a sposare i loro rapitori musulmani. Nonostante le occasionali condanne solo a parole, non venne offerto loro nessun aiuto concreto.

Nell’insieme del Medio Oriente i cristiani rappresentano oggi tra l’1,5% e il 4% della popolazione contro il 20% di cento anni fa. I cristiani del Libano sono alla mercé degli sciiti di Hezbollah, mentre in Siria e Iraq sono minacciati dallo “Stato Islamico” (ISIS). Nei territori sotto Autorità Palestinese il numero dei cristiani continua a diminuire rapidamente come dimostra la maggioranza musulmana instaurata a Betlemme, città fino a non molto tempo fa a maggioranza cristiana. La maggior parte dei cristiani della striscia di Gaza è fuggita per mettersi in salvo.

L’unica comunità cristiana in costante crescita in tutto Medio Oriente è quella che si trova nel piccolo e tanto diffamato Israele. Solamente sotto sovranità ebraica i cristiani sono liberi e al sicuro dal terrorismo seriale. Ma quest’unico raggio di autentica liberalità in una regione così inclemente e crudelmente intollerante è poco probabile che si guadagni il riconoscimento del mondo che si proclama civile e illuminato.

(Da: Jerusalem Post, 19.2.15)