Piani? Quali piani?

Fra i palestinesi, pochissimi hanno sentito parlare dei piani di pace presentati da diversi leader israeliani

Da un articolo di Khaled Abu Toameh

image_1545Fra gli alti ufficiali palestinesi intervistati a Ramallah la scorsas settimana, solo uno su quattro aveva una qualche idea dei piani di pace recentemente annunciati da vari politici israeliani. E fra i palestinesi della strada è stato difficile trovarne anche solo uno che ne avesse almeno sentito parlare.
Negli uffici del presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) i più alti funzionari spiegano la cosa dicendo d’essere troppo occupati con la violenta lotta di potere interna fra Fatah e Hamas per prestare attenzione a quello che accade sulla scena politica israeliana. “Questi nuovi piani di pace non sono roba seria – dice uno di loro – Servono solo alle ambizioni elettorali di alcuni politici israeliani”. Il funzionario spiega che lo stesso Abu Mazen, pur consapevole del contenuto di alcuni piani, tuttavia non dà loro molta importanza. “L’unico piano che riconosciamo è la Road Map” aggiunge, per sintetizzare la posizione del presidente palestinese.
Ciò nondimeno alcuni portavoce palestinesi preferiscono guardare al mezzo bicchiere pieno. “Quello che c’è di buono in questi piani – dice Ibrahim Hamdan, analista politico – è che tutti muovono dal concetto di arrivare alla nascita di uno stato palestinese, cosa che una decina d’anni fa era tabù nella politica israeliana”. Hamdan sottolinea che i piani riflettono un nuovo atteggiamento fra i politici israeliani: “Chi vuole competere alle prossime elezioni ritiene di dover presentare nuove idee per la pace con i palestiensi”.
Secondo Mahmoud Safiyeh, docente universitario, il processo di pace con Israele non è più in vetta alla lista delle priorità dei palestinesi. “Oggi molti palestinesi sono consapevoli che la principale minaccia per loro è la guerra civile, non l’occupazione israeliana – spiega Safiyeh – Molti palestinesi hanno perso fiducia sia in Hamas che in Fatah per via del conflitto interno. Ciò di cui hanno bisogno, oggi, i palestinesi è un piano di pace che risolva la continua crisi fra Hamas e Fatah e impedisca lo scoppio di una vera guerra civile”.
I mass-media palestinesi, come il resto dei maggiori organi d’informazione del mondo arabo, hanno scelto di ignorare i piani del ministro degli esteri israeliano Tzipi Livni, del ministro della difesa Amir Peretz, dell’ex capo dei servizi di sicurezza ed esponente laburista Ami Ayalon. I reportage giornalistici da Ramallah e da Gaza sono centrati in primo luogo sulle tensioni fra Fatah e Hamas cresciute in seguito alla decisione di Abu Mazen di mettere fuori legge la milizia di Hamas denominata Forza Esecutiva. La decisione ha scatenato fra le due fazioni un’ondata di scontri armati che hanno toccato l’apice con il “pogrom” che ha avuto luogo a Ramallah e ad Al-Bireh la sera di domenica 7 gennaio, quando si scatenarono decine di miliziani di Fatah mettendo a ferro e fuoco più di venti negozi, case e veicoli di membri e sostenitori di Hamas. Ciò che più preoccupa la maggior parte degli abitanti è il fatto che le forze di sicurezza sotto il controllo del Fatah di Abu Mazen non sono intervenute per fermare le aggressioni.
Adesso Abu Mazen e i suoi consiglieri fanno conto sull’incontro con il segretario di stato Usa Condoleezza Rice per ragguagliarla sugli sviluppi della crisi con Hamas. La Rice ha già messo in chiaro che Washington continuerà a sostenere Abu Mazen e il suo partito Fatah nello sforzo di far cadere il governo guidato da Hamas.
Abu Mazen, secondo i suoi consiglieri, intende convincere la Rice della bontà del suo ultimo piano per la riforma di Fatah delle forze di sicurezza palestinesi. Il nuovo piano, in realtà una riedizione di piani già visti, prevede di mandare in pensione una buona quantità di comandanti e ufficiali della “vecchia guardia” di Fatah, i cui nomi sono legati a vari scandali da corruzione, con lo scopo di aumentare la chance di Fatah di vincere le prossime elezioni. Da quando Fatah ha perso le elezioni parlamentari del gennaio 2006, Abu Mazen ha resistito alle pressioni volte a riformare il partito, sbarazzandosi degli uomini simbolo della corruzione. Inoltre, finora Abu Mazen non ha mantenuto l’impegno di ridurre il numero delle forze armate palestinesi da dodici a tre e di smantellare le milizie.
Anche il piano di Abu Mazen, che non ha alcun collegamento con i piani di Livni, Peretz e Ayalon, non viene preso molto sul serio da molti palestrinesi, compresi vari alti funzionari del suo ufficio. “Il presidente non sa quello che vuole – dice un importante esponente di Fatah – Vuole un governo di unità nazionale con Hamas, ma non riesce a realizzarlo. Vuole le elezioni anticipate, ma ha troppa paura ad annunciarne la data. Vuole smantellare la Forza Esecutiva di Hamas, ma non ha preso nessuna misura concreta per farlo. Da tempo parla di riformare Fatah e le forze di sicurezza palestiensi, ma non è successo niente. Perché dovremmo prenderlo sul serio adesso? I piani di pace di Israele non sono male, ma prima di tutto dobbiamo organizzarci. Abbiamo bisogno di un leader forte e determinato, con una visione politica chiara”.

(Da: Jerusalem Post, 13.01.07)