Piano Olmert per un accordo complessivo coi palestinesi

“Via Hamas da Gaza e noi ci ritireremo dalla Cisgiordania”

image_2216Il primo ministro israeliano Ehud Olmert ha presentato al presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) una proposta di ritiro israeliano dalla Cisgiordania da attuare dopo che le forze di Abu Mazen avranno ripreso il controllo della striscia di Gaza, nel quadro di un accordo di principio su confini, profughi e disposizioni di sicurezza fra Israele e il futuro stato palestinese.
Olmert, che ha incontrato Abu Mazen la settimana scorsa, ritiene che vi sia tempo sufficiente per arrivare a un accordo entro la fine (anticipata) del suo mandato. Ora attende le decisioni della parte palestinese.

Elemento centrale della dettagliata proposta avanzata da Olmert è l’indicazione di confini definitivi, che sarebbero basati su un ritiro si Israele da gran parte della Cisgiordania. In cambio della piccola percentuale di Cisgiordania che verrebbe annessa a Israele, i palestinesi riceverebbero terre alternative nel Negev, adiacenti alla striscia di Gaza. I palestinesi godrebbero inoltre di un libero collegamento fra Gaza e Cisgiordania senza alcun controllo di sicurezza.
Un alto funzionario israeliano dice che ai palestinesi sono state consegnate delle mappe preliminari con i confini proposti.
In base a questa offerta di Olmert, Israele terrebbe il 7% della Cisgiordania (al di là della ex linea armistiziale in vigore fra Israele e Giordania dal 1949 al 1967), mentre i palestinesi riceverebbero un territorio (a sud della striscia di Gaza) equivalente a un 5,5% della Cisgiordania. Secondo Israele, il passaggio garantito fra Gaza e Cisgiordania andrebbe a compensare la differenza fra le due percentuali: pur restando ufficialmente in mani israeliane, esso permetterebbe di collegare direttamente le due parti del (futuro) stato palestinese, un collegamento che i palestinesi non hanno mai avuto prima del 1967, quando la striscia di Gaza era sotto controllo egiziano e la Cisgiordania era stata annessa dalla Giordania.
Le terre che verrebbero annesse da Israele coinciderebbero con i grandi blocchi di insediamenti, per cui il confine (fra Israele e stato palestinese) sarebbe molto simile all’attuale percorso della barriera difensiva. Resterebbero a Israele Ma’aleh Adumim, Gush Etzion, gli insediamenti attorno a Gerusalemme e alcune terre adiacenti a Israele nella Cisgiordania settentrionale. Dal momento che Olmert e il ministro della difesa Ehud Barak hanno recentemente approvato ulteriori costruzioni sia a Efrat che ad Ariel, due cittadine relativamente distanti dalla ex linea armistiziale 1949-1967, è ragionevole presumere che il piano di Olmert intenda includere anche queste due località nelle terre annesse a Israele.

Secondo l’offerta di Olmert, una volta concordati i confini Israele sarebbe libero di costruire nei blocchi di insediamenti destinati ad essere annessi. Gli insediamenti al di là dei confini, invece, verrebbero sgomberati in due tempi. In una prima fase, dopo la firma dell’accordo di principio, il governo promuoverebbe l’approvazione di una legge per l’indennizzo dei residenti israeliani che si trasferiranno volontariamente in Israele (all’interno dei nuovi confini concordati). In effetti, nei mesi scorsi il governo Olmert ha approvato licenze per la costruzione di migliaia di unità abitative nei blocchi di insediamenti, per lo più attorno a Gerusalemme, che verrebbero annessi: una parte di queste case sono evidentemente destinate ad accogliere gli israeliani che lasceranno volontariamente la Cisgiordania.
In un secondo tempo, una volta che i palestinesi avranno completato una serie di riforme interne mettendosi in condizione di attuare l’intero accordo, Israele procederebbe allo sgombero di tutti gli israeliani ancora residenti a est del nuovo confine.

Olmert punta ad ottenere il consenso del pubblico israeliano su un accordo basato su un processo di attuazione per fasi. I negoziati attualmente in corso, iniziati con la Conferenza di Annapolis del novembre 2007, hanno l’obiettivo di arrivare a un “shelf agreement” (accordo simbolico la cui attuazione può essere posticipata), che dovrebbe gettare le fondamenta di uno stato palestinese. L’attuazione di questo “shelf agreement” verrebbe posticipata fino a quando l’Autorità Palestinese non sarà in grado di attuare la sua parte dell’accordo.
La proposta di Olmert per uno scambio di terre introduce nell’accordo una nuova fase: Israele otterrebbe subito i blocchi di insediamenti, ma le terre da trasferire ai palestinesi e il libero passaggio fra Gaza e Cisgiordania verrebbero consegnati solo dopo che l’Autorità Palestinese avrà ripreso il controllo della striscia di Gaza. In questo modo Olmert potrebbe affermare d’aver trattenuto il 7% della Cisgiordania e d’aver ottenuto un confine concordato, pur rinviando le concessioni israeliane sino a quando non cesserà il predominio di Hamas su Gaza. Da parte sua, Abu Mazen potrebbe affermare d’essere riuscito a ottenere il 98% della Cisgiordania (o terre per un estensione equivalente) insieme all’impegno israeliano di rimuovere tutti gli insediamenti al di là del confine concordato.

Rispetto a precedenti negoziati israelo-palestinesi, la proposta di Olmert si colloca a metà strada fra quella presentata a suo tempo da Barak a Yasser Arafat a Camp David nel luglio 2000 e quella offerta da Israele nei negoziati di Taba (a “intifada” già scoppiata) nel gennaio 2001.

Israele ha anche sottoposto alla parte palestinese uno schema dettagliato per le disposizioni di sicurezza da includere nell’accordo proposto. Lo schema prevede fra l’altro che quello palestinese sia uno stato smilitarizzato, senza un vero e proprio esercito.
Sulla questione dei profughi, la proposta di Olmert respinge, naturalmente, il cosiddetto “diritto al ritorno” (di fatto, un diritto all’invasione demografica di Israele) e afferma che i profughi palestinesi (e i loro discendenti) potranno stabilirsi solo all’interno del futuro stato palestinese, a parte casi speciali in cui dei profughi potranno entrare in Israele nel quadro di ricongiungimenti famigliari. Al di là di questo principio, la proposta contiene una complessa e dettagliata formula per la soluzione del problema dei profughi.
Olmert ha concordato con Abu Mazen che i negoziati su Gerusalemme vengano posticipati.

Dal punto di vista di Olmert, è estremamente importante arrivare a un accordo coi palestinesi. Tale accordo blinderebbe la soluzione due popoli-due stati (perseguita da Israele) di fronte alla comunità internazionale, all’interno di una cornice dettagliata intesa a realizzare tale obiettivo. Secondo Olmert, questo è il solo modo con cui Israele può respingere gli assalti alla sua legittimità e scongiurare gli appelli per la cosiddetta soluzione bi-nazionale (un unico stato arabo-ebraico, che si tradurrebbe di fatto nella creazione dell’ennesimo stato arabo e nell’eliminazione dell’unico stato ebraico).
L’accordo proposto da Olmert si tradurrebbe nella chiara dimostrazione che Israele non è interessato a mantenere il controllo sui territori né sulla popolazione palestinese a lungo termine, ma solo fino a quando non si presenteranno condizioni tali da rendere possibile la nascita di un pacifico stato palestinese. È una posizione che gode, fra l’altro, di un forte sostegno da parte dell’attuale amministrazione americana.
Olmert è invece contrario alla pubblicazione di una dichiarazione congiunta israelo-americano-palestinese che specificasse i progressi fatti finora nei negoziati dopo Annapolis. Olmert è contrario alla pubblicazione di posizioni parziali: quello che vuole è l’annuncio di un accordo completo, posto che un accordo sia possibile.

Martedì il presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen, per bocca del suo portavoce Nabil Abu Rdainah, ha respinto l’offerta di accordo avanzata da Olmert definendola, secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa palestinese Wafa, una “perdita di tempo” e un piano che dimostra “la mancanza di serietà” da parte israeliana.

(Da: Ha’aretz, 12.08.08)

Nella foto in alto: Tel Aviv (sullo sfondo) vista da un villaggio palestinese di Cisgiordania (in primo piano)

Vedi anche:

L’amaro destino dei confini d’Israele

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Un negoziato onesto e coraggioso

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Nostalgia dell’occupazione

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