Pillole amare

«Si rifletta per un momento su chi i palestinesi considerano eroi della loro lotta nazionale»

Alcuni commenti dalla stampa israeliana

image_3788L’editoriale del Jerusalem Post commenta le dichiarazioni di esponenti palestinesi secondo i quali la decisione di costruire nuove abitazioni in insediamenti già esistenti rappresenta un ostacolo che può far saltare il processo di pace tentando di “imporre fatti sul terreno distruggendo l’idea di uno stato palestinese indipendente e sovrano con Gerusalemme come capitale”. «Può darsi – scrive l’editoriale – che non sia stata particolarmente astuto da parte del governo fare l’annuncio in questo momento, mentre israeliani e palestinesi si apprestano a incontrarsi mercoledì a Gerusalemme per la seconda tornata di colloqui di pace. Forse avrebbe dovuto aspettare che le trattative fossero ben avviate. Ma il primo ministro Benjamin Netanyahu ha una coalizione di governo da tenere insieme e l’annuncio delle attività edilizie al di là della ex linea armistiziale del 1949 non a caso coincide con il rilascio dei primi 26 terroristi palestinesi». La straziante decisione del rilascio, secondo l’editoriale, non sarebbe stata possibile senza un accordo con gli alleati di governo. D’altra parte, «senza la scarcerazione dei terroristi, tra cui quell’Abu-Musa Salam Ali Atia che uccise il sopravvissuto alla Shoà Isaac Rotenberg e altri assassini a sangue freddo che verranno ricevuti come eroi in Cisgiordania e a Gaza, i palestinesi non si sarebbero nemmeno seduti al tavolo dei negoziati». E prosegue: «Se i palestinesi desiderano davvero fermare le attività edilizie israeliane non come una semplice tattica per ostacolare la crescita dello stato ebraico ma per il genuino desiderio di creare uno stato palestinese, l’unico modo per raggiungere questo obiettivo è quello di sedersi al tavolo dei negoziati e stabilire al più presto e una volta per tutte i confini. La nuova città del ceto medio palestinese Rawabi, a nord di Ramallah, la prima città costruita in Cisgiordania da vent’anni a questa parte, è la dimostrazione che nulla impedisce ai palestinesi di prendere l’iniziativa e di costruire in aree che chiaramente faranno parte di un futuro stato palestinese. Evidentemente una costruzione di questo tipo non è un ostacolo alla pace, così come non lo sono le costruzioni ebraiche entro blocchi di insediamenti già esistenti fatte per rispondere alle esigenze della crescita naturale dei loro abitanti. I palestinesi non possono pretendere che Israele faccia girare indietro l’orologio di più di 40 anni sino al tempo in cui la Giordania, non Israele, controllava la Cisgiordania e praticamente nessuno parlava di crearvi uno stato palestinese. Gli insediamenti sorti in Cisgiordania sono anche il prodotto di anni di intransigenza durante i quali tutti i paesi arabi e i palestinesi rifiutavano l’esistenza stessa di Israele, per non parlare di negoziati: e non solo dopo la guerra del 1967, ma sin dalla sua stessa nascita. Per quanto possa far comodo ai dirigenti palestinesi accusare Israele di “sabotaggio” dei colloqui con le attività edilizie in insediamenti già esistenti e in certi quartieri di Gerusalemme, la realtà sul terreno non è affatto così semplice». (Da. Jerusalem Post, 13.8.13)

Parenti di vittime israeliane del terrorismo protestano contro la scarcerazione di terroristi che si sono macchiati di reati di sangue

Parenti di vittime israeliane del terrorismo protestano contro la scarcerazione di terroristi che si sono macchiati di reati di sangue

Scrive Yossi Ahimeir, su Ma’ariv: «La maggior parte degli israeliani ingoia l’amara pillola» mentre «sul versante palestinese oggi più che mai c’è la percezione che assassinio e terrorismo siano vantaggiosi». «La disponibilità a rimettere in libertà degli assassini non fa che incoraggiare i palestinesi a pretendere sempre di più». E conclude: «Quel che è peggio è la sensazione che questi gesti non servano a nulla: prima o poi questi negoziati/non negoziati verranno interrotti, soprattutto perché Israele ha già dimostrato sin dall’inizio che non è in grado di reggersi da solo». (Da: Ma’ariv, 13.8.13)

Scrive Alex Fishman, su Yediot Aharonot: «Questo gesto non farà avanzare il processo diplomatico e non servirà a costruire fiducia fra le parti. È un gesto inutile, non indispensabile e quindi immorale». Secondo l’editorialista, «chiunque abbia decretato il rilascio dei 26 detenuti palestinesi di questa settimana non crede veramente nel processo diplomatico. Si tratta solo di una cinica manovra tattica che serve a una cosa sola: guadagnare tempo dalla amministrazione americana, o dare tempo all’amministrazione americana, in modo che gli americani non incolpino Israele d’aver silurato in questa fase l’iniziativa del Segretario di stato Usa John Kerry». (Da: Yediot Aharonot, 13.8.13)

Celebrazioni palestinesi in onore dei detenuti scarcerati

Celebrazioni palestinesi in onore dei detenuti scarcerati

Scrive Dan Margalit, su Israel HaYom: «Ho letto uno a uno i nomi dei 26 terroristi che Israele sta rimettendo in libertà nell’ambito del riavvio dei negoziati diplomatici con i palestinesi. Ognuno di questi assassini porterà per sempre il marchio di Caino sulla fronte. Uno di loro ha ucciso senza alcun motivo un sopravvissuto della Shoà. Un altro ha ucciso a colpi di accetta un uomo anziano che se ne stava innocentemente seduto su una panchina a leggere un libro. Altri due hanno sequestrato due vittime e le hanno uccise accoltellandole 24 volte. E potrei andare avanti, ma c’è solo morte e ancora morte. Ho cercato di trovare qualcosa di sensato in questi assassini. Non tanto per loro, ma per me: dopotutto se avessero ucciso per motivi ideologici, se si fossero autoproclamati combattenti per la libertà, in qualche modo sarebbe un po’ meno duro accettare l’amara ingiustizia che il loro rilascio rappresenta per le famiglie delle vittime e per tutti noi. E invece si tratta solo di delitti infami, di persone malvagie». Conclude l’editorialista: «Se fa così male scarcerare questi terroristi è anche per come hanno ucciso degli ebrei a caso, ed è perché ci vuole una particolare struttura mentale per riuscire a uccidere un settantenne a colpi di spranga, accanendosi un colpo dopo l’altro. Si rifletta per un momento su chi i palestinesi considerano, e considereranno in futuro, come i simboli della loro lotta nazionale. Macellai con la mannaia, accoltellatori di bambini: sono questi i loro eroi?». (Da: Israel HaYom, 13.8.13)

 

Si veda anche:

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