Prima di Goldstone, c’era stato “Jenin, Jenin”

Sin dove può spingersi il rispetto democratico per la menzogna?

Da un articolo di Yoaz Hendel

image_3112«In arabo – scrive l’editorialista Yoaz Hendel, su YnetNews – la parola “menzogna” è associata a uno stile di vita assai diffuso in Medio Oriente. Onde evitare fraintendimenti, è importante chiarire che qui non si tratta di piccole bugie, bensì di menzogne lampanti, perseveranti e provocatorie».
Ai primi di marzo, la Corte Suprema israeliana ha tenuto un’ulteriore audizione di testimonianze di soldati israeliani che accusano l’attore e regista arabo-israeliano Mohammed Bakri di averli diffamati con la menzogna imbastita nel suo film “Jenin, Jenin”. «Una delle scene salienti del film – spiega Hendel – mostra soldati delle Forze di Difesa israeliane che costringono dei prigionieri palestinesi a sdraiarsi per terra con le mani legate dietro la schiena, dopodiché si vede un carro armato che si avvicina mentre sullo sfondo una voce atterrita afferma che il carro sta passando sopra alle persone. Stacco, e la scena termina con dei corpi su una barella. Successivamente si vedono delle interviste ad abitanti del posto che parlano di soldati israeliani che sparavano ad anziani, donne e bambini. Il racconto è accompagnato da musica e immagini di rovine. Spiega Bakri che queste scene sono il frutto delle sue inclinazioni artistiche: mescolare scene, voci e immagini in un montaggio di parte; alterare la realtà per “raccontare” la “verità palestinese” di ciò che accadde nell’operazione “scudo difensivo” delle Forze di Difesa israeliane. Se si fosse trattato – prosegue Hendel – della messa in scena di una sua personale fantasticheria (ebrei nel ruolo di nazisti e palestinesi nel ruolo di vittime sacrificali) sarebbe stato irritante, però avrebbe innescato tutt’altro genere di polemica. Ma Bakri ha prodotto quello che a tutti gli effetti si presenta come un documentario (come peraltro sta scritto negli stessi titoli del film). Con il pretesto dell’espressione artistica, e con un budget dalle origini tutt’altro che trasparenti, ha spudoratamente mentito e in generale ha calunniato tutti coloro che hanno combattuto e sono morti a Jenin. Non poteva che derivarne una causa per diffamazione. Con il sostegno delle famiglie dei caduti, i soldati reduci da Jenin si sono rivolti alla giustizia, la quale ha stabilito che Bakri ha effettivamente mentito e non ha agito in buona fede. Ma non è stato sufficiente. In nome della libertà d’espressione, e per evitare complicazioni, i giudici hanno non hanno sanzionare l’autore del film, e la vicenda si è andata trascinando attraverso i ricorsi».
Nel 2003 la Corte Suprema rimosse un primo bando cautelativo (peraltro violato dalle cineteche di Tel Aviv e Gerusalemme, che l’avevano proiettato ugualmente) spiegando che “il fatto che il film includa menzogne non è sufficiente per giustificarne il divieto”, e aggiungendo che spetta agli spettatori interpretare ciò che vedono. Nel 2004, la Corte Suprema, pur descrivendo il film come una “menzogna propagandistica”, ha confermato la decisione di rimuovere il bando. Successivamente una prima sentenza sulla causa privata per diffamazione, pur riconoscendo che l’autore “non ha agito in buona fede” e non è stato in grado di dimostrare che le sue denunce fossero basate sui rapporti di gruppi per i diritti umani, respingeva la querela sostenendo che i cinque querelanti non erano stati “personalmente” e “nominalmente” diffamati dal film. Nel 2008 il procuratore generale Menachem Mazuz riconosceva la fondatezza degli argomenti dei querelanti e diceva che, pur non incriminando Bakri, avrebbe appoggiato il loro ricorso alla Corte Suprema.
«Ormai da otto anni – continua Hendel – la battaglia legale viene portata avanti da privati cittadini, che pagano di tasca il diritto di veder condannata la macchio d’infamia gettata sulla loro reputazione di soldati riservisti, richiamati in servizio per difendere il loro paese. E come se non bastasse, c’è della gente, dentro e fuori Israele, che ritiene di dover esprimere solidarietà a Bakri e alle sue “menzogne artistiche”: tutta una serie di autori, attori e intellettuali, oltre naturalmente ai soliti parlamentari arabi che non perdono mai un’occasione per fare la cosa più sbagliata per il loro elettorato».
Nell’aula della Corte Suprema, a uno dei soldati querelanti Bakri ha gridato: “Tu sei solo un cane addestrato a ringhiare”. «Forse ha ragione – conclude Hendel – Siamo tutti cani che si limitano a ringhiare se, in nome della libertà d’espressione, coltiviamo calunnie e menzogne».

(Da: YnetNews, Israele.net, 12.3-12.4.11)

Nella foto in alto: Mohammed Bakri nell’edificio della Corte Suprema