Primo Rapporto Winograd

Una severa autoanalisi israeliana su errori e irresponsabilità nella guerra contro Hezbollah

image_1677Dopo mesi di attesa e di supposizioni, il primo rapporto parziale reso pubblico lunedì pomeriggio dalla Commissione Winograd (incaricata di indagare la conduzione della guerra contro Hezbollah in Libano della scorsa estate) si è rivelato un severo atto d’accusa nei confronti innanzitutto del primo ministro Ehud Olmert, del ministro della difesa Amir Peretz e dell’allora capo di stato maggiore Dan Halutz per i loro comportamenti durante i primi cinque giorni di combattimenti.
Il Rapporto Winograd è diviso in due parti. La prima, quella resa pubblica lunedì, si occupa del periodo che va dal ritiro delle Forze di Difesa israeliane dal Libano meridionale nel maggio 2000 fino al 17 luglio 2006. La seconda parte, che verrà resa pubblica la prossima estate, si occuperà del periodo dal 17 luglio fino alla fine della guerra.
Nelle sue conclusioni, più severe di quanto atteso, il giudice Eliyahu Winograd dice che la commissione “ha stabilito che le decisioni e il modo in cui vennero prese soffrirono di gravissimi errori”, e continua: “Noi attribuiamo la responsabilità di tali errori innanzitutto al primo ministro, al ministro della difesa e all’ex capo di stato maggiore. Se almeno uno di loro avesse agito in maniera diversa, e migliore, le decisioni e il modo in cui vennero prese nel periodo in questione, così come i risultati della campagna, sarebbero stati diversi e migliori. La decisione di reagire con un immediato, intensivo attacco militare non era fondata su un piano strategico globale e dettagliato, basato su uno esame attento delle complesse caratteristiche dello scenario libanese”.
Secondo il rapporto, il primo ministro porta la responsabilità complessiva per le decisioni del “suo” governo e per le operazioni delle Forze di Difesa israeliane. Olmert, dice il rapporto, ha preso decisioni in fretta, senza richiedere un piano militare dettagliato e senza consultare esperti militari e non. “Il primo ministro è responsabile di non aver definito chiaramente gli obiettivi della guerra e il modo di perseguirli. Gli obiettivi della guerra erano troppo ambizioni e non realizzabili. Erano fuori portata. Tutti questi fattori insieme si sono tradotti in una grave mancanza di giudizio, di responsabilità e di cautela. La reazione delle Forze di Difesa israeliane si è tradotta in un massiccio fuoco nemico sul fronte interno israeliano, cosa per la quale le forze armate non avevano una risposta. Non c’erano chiare informazioni sullo stato delle forze armate, nonostante la necessità di tale informazioni. Le Forze di Difesa non hanno fatto mostra di creatività nel mettere a disposizione opzioni diverse. Non richiesero per tempo il richiamo delle riserve onde poterle addestrare ed equipaggiare in vista della necessaria operazione di terra”.
A proposito del ministro della difesa Peretz, la Commissione ha rilevato la sua mancava di conoscenza e di esperienza in fatto di questioni militari, politiche o governative. “Nonostante queste gravi lacune – si legge nel rapporto – il ministro prese le sue decisioni durante questo periodo senza consultarsi sistematicamente con esperti politici e professionali”. Il rapporto dice anche che Peretz non aveva richiesto o esaminato i piani operativi delle forze armate. Pertanto il suo incarico come ministro della difesa durante la guerra ha indebolito la capacità di Israele di rispondere adeguatamente alle sfide.
Dal canto suo, il capo di stato maggiore Halutz non ha allertato i quadri politici sulla gravità dei difetti di preparazione e idoneità delle forze armate rispetto a una vasta operazione di terra. La Commissione chiama in causa Halutz anche per non aver risposto abbastanza prontamente al sequestro dei riservisti Ehud Goldwasser e Eldad Regev avvenuto il 12 luglio ad opera di un raid al di qua della frontiera dei terroristi libanesi Hezbollah. “Non era pronto a un sequestro ed ha agito impulsivamente. La sua responsabilità è resa più grave dal fatto che sapeva dell’inesperienza del primo ministro e del ministro della difesa, e dal fatto sostenne che l’esercito era pronto e aveva un piano”. Secondo la Commissione Winograd, Halutz non studiò piani d’intervento alternativi quando alcuni ufficiali sollevarono interrogativi circa i suoi piani, e avrebbe nascosto al governo il dibattito interno alla Forze di Difesa circa gli obiettivi e le modalità d’intervento.
Oltre a Olmert, Peretz e Halutz, il rapporto dice che il governo nel suo complesso fu responsabile per ciò che avvenne durante la guerra, e cita la mancanza di un “lavoro di squadra ad alto livello”, e l’incapacità di “assumersi la piena responsabilità per le proprie decisioni”. Inoltre il rapporto accusa i ministri del governo che hanno votato a favore della campagna senza avere una reale cognizione delle sue ripercussioni strategiche. I ministri, dice Wingorad, hanno fatto una scelta dalle cui conseguenze non avevano idea di come tirarsi fuori.
Infine la Commissione Winograd aggiunge che “molti altri” condividono la responsabilità dei gravi errori rilevati, chiamando esplicitamente in causa i precedenti governi israeliani che avevano permesso a Hezbollah di insediare le sue basi al confine con Israele. “La complessità della situazione libanese – dice il rapporto – non è sotto il controllo di Israele. La capacità di Hezbollah di insediarsi al confine e dettare il grado di escalation è stata resa possibile dal ritiro delle Forze di Difesa israeliane nel 2000 dal Libano meridionale”.
Nel raccomandare i cambiamenti da fare per evitare che abbiano a ripetersi gli errori della Seconda Guerra in Libano, la Commissione prende di mira i quadri politici. “La realtà attuale è pessima e intollerabile – afferma – Molti dirigenti di primo livello con posizioni di supervisione nel governo, come il primo ministro e il ministro della difesa, non hanno assolto il loro compito. Raccomandiamo che i ministri del governo si sottopongano a gruppi di studio, seminari e incontri approfonditi al fine di incrementare la loro conoscenza nelle questioni strategiche centrali concernenti lo stato”.
Inoltre, la Commissione raccomanda che il ministero degli affari esteri venga incluso in tutte le decisioni relative a questioni diplomatiche e di sicurezza. E che il primo ministro si “circondi di esperti nel campo della sicurezza e della diplomazia”. Il rapporto rileva che esiste già un organismo del genere, in Israele, che teoricamente risponde a questo compito: il Consiglio di Sicurezza Nazionale. Ma, “nonostante il Consiglio venga ampiamente riconosciuto come essenziale, sono falliti diversi tentativi di migliorare questa istituzione”.
Il rapporto suggerisce di imporre un giro di vite alle fughe di notizie sulla stampa, definendolo un problema di mancanza di professionalità e di responsabilità. “Abbiamo rilevato che la questione delle fughe di informazioni è cruciale – si legge – A nostro parere, il fatto che si abbiano consistenti fughe di notizie durante le riunioni di gabinetto su diplomazia e sicurezza e altri temi riservati che riguardano lo stato in generale, e specificamente le questioni militari, costituisce una componente importante di una cultura di potere non professionale e irresponsabile”. Per cui il rapporto raccomanda che “venga significativamente diminuito il numero di partecipanti agli incontri riservati su diplomazia e sicurezza che non siano membri della Knesset”.
La Commissione Winograd termina il rapporto dicendo che, dopo 25 anni senza aver combattuto una guerra aperta, Israele la scorsa estate ha sperimentato “una guerra di diverso tipo”, una guerra che ha “riportato al centro della scena alcune questioni cruciali che settori della società israeliana preferivano evitare”. LA Commissione dice che le Forze di Difesa israeliane non erano pronte per la guerra e che alcuni dei membri della elite politica e militare devono aver pensato che Israele avesse ormai “superato l’era della guerre”. Ci si è regolati in base al presupposto che non vi sarebbe stata un’altra guerra aperta, afferma Winograd, e che le forze di terra israeliane dovessero essere preparate più che altro a combattere nei conflitti di bassa intensità sempre in corso. E si è creduto che non vi fosse urgente bisogno di aggiornare la strategia complessiva israeliana sulla sicurezza, e di studiare come poter mobilitare e combinare fra loro tutte le risorse del paese in caso di guerra. “Riteniamo – conclude il rapporto – che, al di là dei fallimenti nel processo decisionale, si debba guardare a queste questioni che costituiscono i temi centrali sollevati dalla guerra in Libano: questioni che stanno al cuore della nostra esistenza come stato ebraico e democratico”.

(Da: Jerusalem Post, YnetNews, 30.04.07)